Le storie

Paola: “Raccontiamo un’altra Messina… Ci sono venuta per studiare e me ne sono innamorata”

“Messina è sporca, brutta, non dà opportunità, è solo un punto di passaggio, serve soltanto per prendere il traghetto, manca tutto”. Quante volte abbiamo sentito parole simili per descrivere la nostra città e quante di queste volte sono stati proprio i messinesi a parlare così della loro casa? Molte, probabilmente troppe. Ma per fortuna non tutti i cittadini vivono così male il rapporto con la propria città, nonostante ci siano problemi evidenti e oggettivi che non vanno certo sottovalutati (l’immondizia e l’inciviltà su tutto). E c’è anche chi non è messinese, ci ha vissuto solo tre anni prima di girare l’Italia e il mondo, ma qui ha lasciato il proprio cuore.

È la storia di Paola, social media manager di (quasi) 33 anni, una delle tante studentesse fuorisede che ogni giorno vivono qui per completare i propri studi universitari, e qui, a Messina, metterebbe radici, perché di Messina, e non esageriamo, si è innamorata. E il suo amore, a oltre dieci anni dalla laurea all’Unime e a distanza di tantissimi chilometri dallo Stretto, non sbiadisce.

Hai girato il mondo per lavoro e per studio, come nasce il tuo percorso nella comunicazione?

Il mio percorso nasce dalla consapevolezza maturata alle scuole medie e poi al liceo. Volevo scrivere, lavorare attraverso la scrittura, ma non diventando una scrittrice o una giornalista. Quindi ho pensato che studiare Giornalismo a Messina mi avrebbe dato una giusta preparazione ma anche una sorta di “contaminazione”, che potesse far nascere in me nuovi stimoli. I social non c’erano ancora, in Italia erano appena arrivati quando mi sono iscritta all’Università ma dentro di me era scattata questa intuizione: mi sono detta che se avessi trovato il modo di ampliare la mia formazione umanistica, ottenendo una preparazione che mi permettesse di esercitare la mia scrittura, con l’evoluzione del mondo dei social avrei potuto mettere insieme le due cose. Il giornalismo digitale nacque in quegli anni, nella forma moderna di ora. I social iniziarono a essere colonizzati dalle aziende, dai brand, e lì ho capito che poteva essere un’opportunità.

Qual è stato il momento più bello del tuo percorso di studi a Messina e quale di quello lavorativo?

A Messina, nei tre anni che ho trascorso studiando e vivendo lì, non ho mai scelto di fare l’Erasmus ma ho abbracciato un progetto universitario, l’NMUN, che mi ha portato a vivere un’esperienza a New York, all’Onu, come simulazione diplomatica. L’ateneo mi ha dato quest’opportunità ed è stata stupenda. Nel percorso di studi ho apprezzato moltissime materie, dopo la triennale ho vissuto all’estero e poi studiato un anno a Siena. Posso dire senza dubbi che il mio livello di preparazione era pari o talvolta superiore a tanti altri. Quando si parla male dell’Università di Messina o della qualità degli studi, al sud o in riva allo Stretto, non lo accetto. Ho ricevuto una preparazione che mi ha consentito di arrivare fino a dove sono oggi.

Dal punto di vista lavorativo l’esperienza che più mi ha segnato in positivo è stata il mio coinvolgimento nella stesura di un libro, diventato poi testo universitario, Influencer Marketing. Ogni tanto ci penso e mi sorridono gli occhi, è stato un grande lavoro, difficile, però molto soddisfacente. Inoltre con il mio lavoro di Social Media Manager riesco a girare l’Italia e il mondo, showroom e fiere di design. E poi sono docente di Influencer Marketing nello stesso Master che ho fatto a Siena, altra bella esperienza. Ma tutto è partito dallo Stretto.

Perché, nonostante tu abbia visto molte città, Messina conserva un posto speciale nel tuo cuore?

Tutto ciò ho imparato, e che mi ha permesso poi di mettere le basi per il mio lavoro, parte da Messina. Ho sempre bypassato Palermo e pensato di studiare lì. E da quei tre anni sento come di essere legata a lei da una corda elastica: io ho libera scelta di viaggiare, studiare, lavorare, e di farlo ovunque, ma quando mi stanco, quando mi fermo o ho bisogno di tornare a capire chi essere, questo elastico mi riporta a sé e mi riconduce a Messina. Per me è un punto di ricarica, come fosse un check point di un videogame. È un porto sicuro, una culla, una spa mentale. Guardo lo Stretto e tutta la negatività che affolla la mia mente sparisce in un attimo.

Ci torneresti per viverci? Se sì, cosa cambieresti?

Ci torno spesso, ci tornerei e nei miei progetti a lungo termine c’è proprio di comprare casa a Messina, magari a Pace o Paradiso, così da trasferirmi e svegliarmi con il sole dello Stretto. Della città non cambierei nulla, o comunque molto poco. Adatterei la città a quelle migliorie da adottare in tanti altri posti della Sicilia, dell’Italia o del mondo.

Non sopporto chi denigra Messina, chi la critica, chi ne parla per dire solo che è sporca. Sembra sempre che sia una città senza futuro, che non ci possano essere soluzioni, che i giovani non abbiano capacità o studi alle spalle per farla evolvere: non ci sto. Non dico che sia falso, dico solo che è una parte del racconto e non ci si deve fossilizzare su un solo argomento. Questi problemi affliggono tante città in Sicilia e nel sud, ma per me Messina è un’altra cosa. È arte, storia, cultura, tradizioni, panorama e territorio. Bisogna raccontare anche questi aspetti, non solo lamentarsi perché così non è un racconto che fa bene alla città. Ci sono dei problemi e bisogna affrontarli, ma non è etichettando la città come sporca o come un semplice punto di passaggio che si potranno risolvere questi problemi per darle un nuovo futuro.

Cosa ti senti di dire ai messinesi, che ogni giorno vivono in riva allo Stretto e forse sottovalutano la loro stessa città?

Vorrei tanto essere messinese. Negli anni in cui ho vissuto all’estero e anche mentre vivo qui a Siena non ho mai cambiato la residenza, io sono originaria di un comune in provincia di Trapani. Non lo faccio non soltanto per burocrazia, ma anche perché non voglio tagliare il cordone ombelicale con la mia terra. Per me è un legame che non va eliminato ed è questo che direi ai messinesi: non tagliatelo il cordone con Messina, perché di città con lo Stretto non ce ne sono. E aggiungo: cominciamo tutti anche a raccontare Messina in modo diverso. I problemi sono evidenti, li conosciamo, ma parliamo anche di un Museo straordinario, delle opere architettoniche, degli aspetti urbanistici, stravolta, devastata e ricostruita dopo un terremoto e un maremoto. Parliamo di quanto questa città abbia una storia che nessun’altra al mondo può vantare. Chi vive a Messina deve essere orgoglioso di esserlo. C’è il problema del lavoro, è vero, ma c’è anche altrove in Sicilia e in Italia. Vorrei che i messinesi avessero lo stesso orgoglio che io, da messinese di cuore anche se non burocraticamente, mi sento di avere. Messina è nel mio cuore.

C’è un architetto, Francesco Ferla, che è un grandissimo comunicatore ed è noto in tutto il mondo. Lui è impegnato da un anno più o meno nel promuovere la Sicilia e dai suoi testi e dalle sue fotografie dice: dobbiamo smetterla di concentrarci sugli aspetti negativi e continuare a dar vita a una narrazione legata a lamenti, frustrazioni, eventi negativi, malcostume, malgoverno, eccetera. Nelle sue narrazioni la Sicilia è presentata come qualcosa di straordinaria bellezza, in grado di sovrastare tutto il resto. Vorrei che al fianco di personalità così ci siano comuni cittadini in grado di avviare una consapevolezza di questo tipo. Messina è la città di Antonello da Messina, la città in cui ci sono palazzi di Gino Coppedè, e quanti cittadini lo sanno? Mi concentrerei sulla bellezza, su tutto ciò che Messina ha e tutte le altre no. Perché non si parla di Fiumara d’Arte, dei villaggi culturali che stanno nascendo, perché concentrarsi solo sugli aspetti negativi? Quando mi capita di rivivere o di ricordare la mia vita lì non posso far altro che pensare a tutte le cose belle che ho vissuto. Mi infastidisce chi non si sforza quanto meno di pensare anche a questi aspetti. A qualsiasi livello, che sia politico o societario, bisogna cambiare prospettiva. Vivendo fuori dalla Sicilia sento sempre dire che Messina sia quasi un passaggio obbligato, seccante, per arrivare al traghetto. Per me non lo è, o l’opposto, è la magia di vivere il passaggio sul mare, vedendo la Madonnina a sinistra quando si arriva, allungare l’occhio a destra e vedere il pilone. Mi rende felice, non è una seccatura, sono disposta a fare ore e ore di macchina pur di passare anche solo poche ore a Messina.