Basta con assenteismo, clientelismo, nepotismo. Iniziamo la stagione del “migliorismo”

I furbetti del cartellino sorpresi a timbrare in pigiama o in bermuda, il ministro Giannini entusiasta per i riconoscimenti internazionali a ricercatori italiani che però in Italia non hanno potuto lavorare, gli assenteisti all’ Iacp e al Papardo, il caso Tomasello. Assenteismo, nepotismo, clientelismo, sono gli “ismo” che fanno discutere e sono i componenti di un’unica grande famiglia che ha un solo figlio naturale, in barba al ddl Cirinnà, ovvero il danno erariale. Questa grande famiglia è un’unione di fatto ed ha un solo cognome: tentato omicidio del futuro. C’è un unico filo conduttore: in Italia il merito e le pari opportunità non hanno patria. Conosciamo meglio i componenti di questa famigliola che sta distruggendo l’Italia.

ASSENTEISMO– E’ questo un fenomeno sconosciuto alle aziende private. Non si è mai visto di un blitz tra le commesse dei supermercati o gli operai delle imprese edili. Il motivo è evidente. L’assenteismo è tipico dell’impiego pubblico, nasce dal disprezzo verso quello che invece nell’Italia di oggi è un dono di Dio, nasce dal fatto che quel posto non te lo sei sudato e non te lo meriti. Per restare a Messina nei giorni scorsi sono arrivate le condanne per i furbetti del cartellino all’Iacp, mentre la direzione del Papardo-Piemonte, si è “portata avanti con il lavoro” e la scorsa estate ha avviato un’indagine interna sull’assenteismo in corsia. Vedremo come l’assenteismo, sposato con il clientelismo, ha un figlio naturale: il danno erariale. Nel frattempo, mentre c’è chi dopo aver timbrato all’Iacp va a fare shopping nel viale San Martino, ci sono i figli degli altri costretti ad emigrare. Ma qualcuno in quel carrozzone li ha messi, in barba ai requisiti, al merito ed all’efficienza di un ente pubblico. E qui arriviamo agli altri componenti dell’allegra famigliola.

CLIENTELISMO- Tutto ciò che non passa da un concorso, o passa da un concorso “sartoriale”, che non riconosce il merito, il talento, che esula dalle pari opportunità si chiama clientelismo, che può declinarsi in nepotismo se resta in famiglia. Anche questo fenomeno riguarda solo il pubblico, e quando i soldi sono pubblici gli italiani pensano: “chissenefrega”. Anche il figliolo di questo fenomeno si chiama danno erariale. Il fenomeno si concretizza attraverso diverse forme di selezione ed interessa sia il posto pubblico diretto che i carrozzoni, cioè le partecipate e gli enti collegati. Attecchisce con più forza là dove la discrezionalità del politico di turno è elevata o là dove la selezione ha meno filtri, dove cioè la parola concorso non esiste o viene anestetizzato con meccanismi di vario genere. Il clientelismo può essere “prorogato”. Per intenderci si ha sia quando assumi senza concorso (o con selezioni su misura) affollando le partecipate, sia quando gli assunti come autisti, spazzini, giardinieri, vigili, finiscono subito dopo in ufficio, sia quando, trasferisci all’Amam o alla Multiservizi a tempo indeterminato chi è stato assunto senza concorso in una partecipata. Ogni qualvolta non si passa da un regolare concorso o la selezione passa in sartoria prima di essere pubblicata allora ecco lo zampino del clientelismo. Se dal sarto ci va un parente, un amico, un intimo o non c’è uno scambio di voti siamo di fronte al nepotismo. Anche in questi casi scatta il danno erariale, perché le assunzioni avvengono a prescindere dal merito e da qualsiasi criterio legato all’ efficienza e qualità del servizio finale, sia che si tratti di guidare un autobus che d’insegnare in un’Aula di Università,dirigere l’ufficio anagrafe, usare il bisturi. La stampa nazionale ha acceso i riflettori sul caso Tomasello ma negli anni scorsi quelle stesse luci erano finite sulla parentopoli che in riva allo Stretto ha visto intere generazioni negli stessi dipartimenti, il genio che si tramanda di padre in figlio e nipote ma anche in cognata, cognato, cugini di secondo grado, amici per la pelle. A proposito del caso Tomasello e del testo copiato la domanda che tutti si pongono è: ma se invece che chiamarsi Dario Tomasello ed essere il figlio dell’ex Rettore, si fosse chiamato Dario Brancato, avrebbe mai vinto quel concorso? E la commissione ministeriale dopo le denunce avrebbe ugualmente confermato l’assunzione, liquidando la vicenda con un: è tutto ok? Il problema non è soltanto l’aver copiato ma le pari opportunità. E non mi riferisco a quelle tra uomo e donna,ma tra cervelli.

E qui arriviamo alla ministra Stefania Giannini che dopo aver saputo dei 30 ricercatori italiani vincitori del bando europeo Erc Consolidator è andata in brodo di giuggiole elogiando i nostri talenti. Gli interessati le hanno risposto per le rime ricordandole che quasi tutti i vincitori lavorano in Università sparse per il mondo. Lo scorso anno su 46 ricercatori italiani che hanno vinto iben 26 vivevano in altri Paesi. Alla Giannini ha risposto Roberta D’Alessandro, 42 anni, professore ordinario in Olanda, vincitrice di 2 milioni di euro per la sua ricerca (somma che spenderà pagando 2 ricercatori per 5 anni, 3 dottorandi, 1 tecnico, 1 assistente). La professoressa D’Alessandro ha risposto con un post esemplare, ricordando anche quante volte ha partecipato a concorsi in Italia. I membri delle commissioni le facevano i complimenti le dicevano “brava, brava”, ma, visto che con i complimenti non si mangia, il posto andava regolarmente al raccomandato di turno. A lei restava l’amorevole pacca sulla spalla al raccomandato il posto e lo stipendio. Riporto la frase finale del post: “Cara Giannini, vada a chiedere alla vincitrice del concorso per linguistica informatica al Politecnico di Milano (con dottorato in estetica, mentre io lavoravo in Microsoft) quanti grant ha ottenuto. Vada a chiedere alle 2 vincitrici del concorso in linguistica inglese senza dottorato alla Statale di Milano, quanti fondi ha ottenuto, vada a chiedere alla vincitrice del concorso di linguistica inglese, specializzata in tedesco, che vinceva il concorso a L’Aquila, mentre io la settimana dopo o vincevo a Cambrigde, quanti fondi ha ottenuto. Sono i fondi di queste persone che le permetto di contare non i miei”.

Questo è quel che intendo per danno erariale. Milioni di euro per la ricerca portata avanti da talenti italiani che però produrranno ricchezza in altri luoghi e nel contempo la desertificazione in quelle terre che a quei talenti hanno chiuso la porta. I soldi vanno altrove, a noi restano i raccomandati. Se l’impiegato o l’autista non fa il suo lavoro è l’ufficio intero a non funzionare, si crea un disservizio. Se una macchina non funziona sei costretto a rivolgerti a strutture esterne sborsando altri soldi. Se assenteismo e nepotismo sbarcano in corsia chi si deve curare prende il treno della speranza. Magari andrà in una città del nord dove il chirurgo sarà quel figlio di operaio scartato a Messina. La Regione Sicilia sborserà all’ospedale del nord le cifre per averlo curato,e i soldi finiranno nel circuito esterno. Se accade all’Università, per quanto possiamo credere al genio che si tramanda con il dna, prima o poi la qualità dell’insegnamento peggiorerà rendendo sempre meno appetibile l’Ateneo. I giovani dapprima emigreranno dopo la laurea, poi, sempre più sfiduciati, inizieranno a partire già a 18 anni, preferendo altre università. E altrove spenderanno i soldi per l’affitto,i libri, per creare nuove famiglie. Così fuggono i talenti,le risorse,i soldi.

Il rettore Pietro Navarra ha avviato, insieme al nuovo gruppo dirigente un’energica e lodevole opera di cambiamento. Ieri in occasione della presentazione della Onlus Franza-Matacena a Santa Maria Alemanna il Rettore ha dichiarato: “ai giovani dico, osate, presentateci i vostri progetti, non abbiate timori, anche se costano tanto, fatelo, venite”. E’ da qui che si inizia. Certo, dovrà fare i conti con una normale diffidenza dettata da anni ed anni di porte chiuse, di cerchi magici e di troppi “ismi”, ma la vera vittoria è tenersi i migliori. Faccio un appello a tutta la nostra classe dirigente: smettetela di calpestare le pari opportunità. Iniziamo la stagione del migliorismo. Convinciamo i migliori a restare, impariamo ad annusarli sin da quando sono boccioli. Per scoprirli dovete spogliarli di tutto, fateli entrare nelle vostre stanze senza tessere elettorali, senza carte d’identità, orfani di parenti e amici, nudi e vestiti solo dei loro cervelli,delle loro passioni, dei loro sogni, delle loro passioni.

Creiamo insieme una nuova grande famiglia.

Rosaria Brancato