A proposito di “quote Avatar” e delle gentili concessioni della cicogna

Non comprendo lo stupore, in una Camera di nominati, espresso da parte delle nominate, perché i colleghi nominati hanno bocciato gli emendamenti su quote rosa e affini. Se affidi la tua carriera al capo non puoi pensare che alzare la testa all’improvviso ti sia consentito solo perché ti vesti di bianco. Ho trovato interessanti alcuni emendamenti, ma neanche per un nanosecondo ho pensato che sarebbero stati approvati da questo Parlamento nato dal Porcellum e da decenni di mancata selezione di una classe dirigente decente. Il problema non è di quote ma di criteri selettivi. Più che il colore delle quote mi interessa la PERSONA, il singolo. Quindi la preferenza. L’accoppiata liste bloccate-quote rosa mi fa paura. Fin quando ci saranno le liste bloccate non avremo alcuna garanzia che gli eletti, sia pure in quota verde, blu, rosa, giallo paglierino, siano i migliori. Con i listini gli eletti sono scelti dal capo, con logiche che sfuggono alla meritocrazia, alla competenza, alla passione e trasformano l’eletto in un sempre-grato indipendentemente dal sesso, dall’età, dal colore della pelle e dal segno zodiacale. Quello che, anche con l’Italicum ci stanno togliendo ( e lo stanno facendo in ugual misura deputati e deputate), è il diritto di voto, nonostante la Corte Costituzionale con la sentenza che ha spazzato via il Porcellum abbia invitato il Parlamento a non fare altre “porcate”. La Corte ha dichiarato incostituzionali i listini bloccati, non è aumentando la percentuale delle donne che sani il problema. Io adoro noi donne, spero di rinascere donna anche nelle altre vite, ma tra un Parlamento (o qualsiasi altro organo elettivo) composto da 100 Nicole Minetti ed uno con 3 Nilde Iotti preferisco il secondo. La quota rosa non garantisce che le migliori siano elette. Non c’è nessun nesso tra l’aumento del numero e l’aumento della qualità. A me invece interessa che arrivino le migliori. Dalle altre non mi sento rappresentata così come non mi sento rappresentata dagli uomini peggiori. Obbligare i partiti a mettere, ad esempio, il 50% dei capilista donne nei listini bloccati avrebbe conseguenze perverse. Con la lista bloccata se il capolista deve essere donna, il capo ci piazzerà chi vuole lui, in barba al merito e a qualsiasi altra considerazione. In Sicilia l’Ars si è colorata di rosa non grazie all’applicazione delle quote, quanto per scelte deliberate come quelle del M5S che le ha candidate e sono state elette con le preferenze. E le grilline sono tra le più combattive e preparate all’Ars. Per la prima volta nella storia dell’Ars ci sono 15 donne, 4 provenienti dal listino bloccato che prevedeva l’alternanza e 11 con le preferenze. Sei su quindici sono del M5S,le altre Pd e listino, mentre il centro-destra non ne ha eletta neanche una, tranne la messinese Bernardette Grasso eletta nonostante la guerra che il Grande Sud le ha fatto. Su 90 deputate 15 sono donne, ma non “per virtù” graziosamente concessa, quanto perché sono sopravvissute nella giungla e questo sì, fa la differenza. Mentre il Parlamento boccia le quote rosa il Pd, che ha contribuito ad impallinarle con il voto segreto, si vanta d’aver utilizzato l’alternanza di genere nelle liste bloccate dello scorso anno (i cui primi posti, val la pena ricordare, sono stati comunque bloccati con uomini scelti da Bersani). Vorrei sapere dai siciliani se sono contenti dell’operato di queste donne elette nei listini bloccati e con questi criteri. Di molte non se ne ricorda neanche più il nome. Poi ci sono Daniela Cardinale, figlia di Salvatore, ex ministro, big del Pd e ora presidente dei Drs, e Azzurra Cancelleri, sorella di Giancarlo, capogruppo M5S all’Ars e candidato alla presidenza della Regione. Poi ci sono le “impalpabili” e quelle elette grazie alle primarie con il giochino del “paghi uno prendi due”: con lo stesso bacino di voti ne porti a casa due. A Messina Maria Tindara Gullo ne è un esempio. La legge regionale sulle doppie preferenze di genere nei Consigli comunali, prima firmataria Alice Anselmo, eletta nel listino bloccato di Crocetta e passata in meno di due anni da tre gruppi Ars, è figlia della logica del “paghi uno prendi due” già vista nelle primarie parlamentari del Pd. Il problema è la selezione delle classi dirigenti, uomini e donne. Se è sempre l’uomo a scegliere chi va in lista siamo al punto di partenza, saremo piene di parenti, consenzienti, conoscenti e varie. Il capo, pur desiderandolo intensamente, non può essere “uno e trino”, così, grazie alle quote e affini, ci mette l’avatar, e si becca due poltrone al costo (anche elettorale) di una.

La classe politica figlia del porcellum è pessima. Il senatore Razzi ha rilasciato questa dichiarazione: “Il Senato non può essere abolito, esiste sin dall’Antica Roma”. Questi sono i nostri senatori, che secondo lo spirito della Costituzione (che non è stata scritta da Giulio Cesare come vorrebbe Razzi), dovrebbero rappresentare la “migliore Italia”. Se abbiamo avuto l’indecenza di votarlo per ben due volte si comprende come non sia un problema di quote ma di persone. In una lista bloccata finisce di tutto, come quando non fai la raccolta differenziata, ci va dal servo sciocco all’ancella compiacente passando per la nipote, il proprio fisioterapista o l’ex allenatore della tua squadra. Non è che se abbiamo le quote azzurre inguardabili dobbiamo lottare per avere quelle rosa altrettanto inguardabili. Non mi sento meglio se so che Berlusconi, piuttosto che Renzi o Casini possono scegliere, oltre al 50% degli uomini anche il restante 50% di donne. L’altra mattina una grande donna come Maria Andaloro (a lei dobbiamo “Posto occupato” che sta girando il mondo e spero abbia sempre più spazio) mi raccontava di un paesino, Pedesina, (provincia di Sondrio), che ha 34 abitanti ed una giunta (ebbene sì, noi tagliamo le province ed esistono ancora comuni con meno abitanti del mio condominio), di soli uomini ed un consiglio comunale di 12 eletti e solo 4 donne. Su 34 persone non c’è una donna che faccia l’assessore e solo un terzo sono consigliere. “Su 8.057% Comuni solo 924 sono guidati da donne- scrive Maria Andaloro su Fb- eppure siamo il 51,6% della popolazione. Ecco, pensavo che forse noi 51,6% dovremmo stare attente fin dalla politica a km0, per poi arrivare dove ci tocca naturalmente e non per concessione e peggio a dover soccombere al gioco al massacro come alla Camera”.

Il problema è questo: non si possono chiedere le quote rosa come una concessione. Se sbagliamo la casella di partenza abbiamo sbagliato l’intera partita. Noi siamo la metà della popolazione per un fatto “naturale” non per concessione della cicogna. Meritiamo una classe politica migliore, una selezione della classe dirigente che porti le quote migliori in Parlamento. Solo in quel caso, con le quote migliori neanche si porrà il problema delle percentuali, perché un politico “migliore” non si circonda di yes man e yes woman e il 50% diventerebbe un fatto naturale. Un migliore non è il Gianni Boncompagni della politica, una migliore non chiede le “quote come gentile elargizione”, le vive.

Le uniche quote che voterei sono le quote migliori che non hanno sesso. Sarei finalmente orgogliosa di essere rappresentata da una persona che mette al primo posto il Paese,a costo di rinunciare al proprio potere personale, al costo di non far fare carriera al figlio, all’amante e al servo sciocco. Se c’è una persona che fa un passo indietro rispetto all’imperante mediocrità sessualmente trasversale io la voto. Me ne frego del sesso che ha, non lo devo sposare, gli devo affidare la mia vita, quella di mio figlio e del mio Paese.

Rosaria Brancato