2013-2016: la “mutazione genetica” dello scenario politico

Scenario politico 2013, scenario politico 2016: se non è una mutazione genetica, poco ci manca. In questi tre anni, tanta acqua è passata sotto i ponti delle alleanze nate in occasione delle lunga tornata elettorale iniziata con le regionali ad ottobre del 2012, proseguita con le politiche di febbraio 2013 e terminata a giugno dello stesso anno con le amministrative.

A guardare lo scacchiere politico nulla è più come nel 2013, tanto a livello nazionale quanto a livello regionale e locale.

GOVERNO NAZIONALE

Oggi il Governo Renzi, nato dopo la defenestrazione di Letta, trova linfa vitale nei voti del Pd (logorato da divisioni interne e scissioni consumate in questi mesi ); del Nuovo centro-destra di Alfano, che con Udc forna Area Popolare; e di Verdini, ex fedelissimo di Berlusconi, che garantisce all’esecutivo un appoggio “esterno” ma determinante. Nel 2013 , Berlusconi, Alfano e Verdini erano tutti insieme appassionatamente nel Pdl, contro cui il Partito democratico – allora guidato da Bersani, che era anche il candidato premier – condusse un campagna elettorale ferocissima. I dissidi tra Berlusconi e Alfano causarono poco dopo le elezioni lo scioglimento del Popolo delle Libertà, con conseguente ricostituzione di Forza Italia e nascita di Ncd.

Se il patto del Nazareno siglato tra Renzi e Berlusconi non fosse naufragato, in occasione della elezioni del presidente della Repubblica, il Governo nazionale avrebbe oggi una stampella anche nel partito guidato dall'ex presidente del Consiglio, che da principale avversario nella campagna elettorale del 2013 ha rischiato di essere un “para-alleato” del Partito Democratico.

L’attuale scenario politico, frutto anche di una legge elettorale incapace di garantire una solida maggioranza di Governo (oggi modificata con l’italicum) era difficilmente ipotizzabile.

GOVERNO REGIONALE

Se a Roma alleanze improbabili hanno determinato un intreccio tra centro-destra e centro-sinistra, anche a Palermo le anomalie non mancano. Il Governo Crocetta sostenuto dai suoi primi vagiti da Pd, Megafono e Udc ha dovuto quasi subito spalancare le porte ed accogliere a braccia aperte, per garantirsi la maggioranza in aula, Sicilia Futura (ex Democratici riformisti). Eppure, alle elezioni del 2012, il movimento di Picciolo aveva appoggiato la candidatura a governatore di Gianfranco Miccichè, il quale- all’epoca della consultazione regionale- aveva rotto con Berlusconi e fondato “Grande Sud”, giocando la partita elettorale contro il candidato del Pdl Nello Musumeci.

La compagine politica esiste ancora, ma nel frattempo Micciché è tornato tra le braccia di Berlusconi, che lo ha nominato coordinatore regionale di Forza Italia. A dicembre 2015, nel partito azzurro sono arrivati – dopo una lunga militanza nel partito democratico – anche il deputato nazionale Francantonio Genovese ed il deputato regionale Franco Rinaldi.

LO SCENARIO MESSINSESE

La piroetta di Genovese ha segnato l’inizio di una vera e propria rivoluzione in seno al Consiglio comunale di Messina, con una fuga di massa verso Forza Italia di ben 13 consiglieri comunali eletti nel partito democratico e nelle liste collegate. Oggi la geografia politica dell’Aula è completamente stravolta rispetto al 2013: se tre anni fa era il Pd ad avere il maggior peso numerico, oggi è Forza Italia. Le dinamiche d’aula sono quindi adesso determinate dal centro-destra e non più dal centro-sinistra.

Cambi di casacca a parte, dal 2013 ad oggi sono mutati anche i rapporti tra i partiti, tuttavia senza che ancora siano state siglate alleanze ufficiali in vista dei prossimi appuntamenti elettorali. L’unica novità ufficiale riguarda la nascita anche in riva allo Stretto di Area popolare: in Consiglio comunale Udc e Ncd restano al momento due gruppi separati ma unitarie sono le iniziative politiche portate avanti dai due partiti. Rispetto al 2013, a livello locale, l’Unione di centro appare invece sempre più distante tanto dai Dr quanto dal Pd, con cui governa alla Regione e a Roma. Le cronache politiche di questi giorni raccontano, infatti, di battibecchi a distanza tra il commissario del Pd Ernesto Carbone e il presidente nazionale dell’Udc Giampiero D’Alia. Non c’è particolare sintonia neanche tra Beppe Picciolo e Giovanni Ardizzone. Alle prossime elezioni amministrative, l’ alleanza di centro-sinistra – formata nel 2013 da Pd, Udc e Dr – potrebbe sciogliersi come neve al sole.

I MOVIMENTI

Sia a livello nazionale che a livello regionale è rimasto fuori dalla giostra delle alleanze il Movimento cinque stelle, che balla da solo e guarda con ambizione al futuro. Dopo il deludente risultato ottenuto nel 2013, i grillini sono pronti a scommettere anche su Messina, giocandosi ancora una volta le carte dell’onestà e della diversità rispetto ai partiti.

Con riferimento al contesto locale e al Consiglio comunale, non ha potuto invece fare a meno dell’aiuto dei partiti tradizionali la giunta Accorinti, che – con soli quattro consiglieri eletti nella lista di “Cambiamo Messina dal basso” – in questi tre anni ha trovato l’appoggio in Aula dell’Udc, dei Dr, di una parte del Pd prima e di Forza Italia oggi. Paradossalmente, l’opposizione più dura è arrivata dagli ormai ex consiglieri comunali Nina Lo Presti e Gino Sturniolo, eletti nella lista del sindaco ma diventati presto i principali detrattori di Accorinti, accusato di aver tradito quell’idea di rivoluzione che aveva infiammato la campagna elettorale e fatto credere in un cambiamento vero e profondo .

Dal 2013 ad oggi tanti sono stati i cambiamenti. Oggi lo scenario politico è in continuo divenire e solo nei prossimi mesi potrà essere più chiaro il quadro delle alleanze in vista dei prossimi appuntamenti elettorali.

Danila La Torre