Recuperiamo la memoria della nostra identità: Tempostretto inizia il viaggio

Passando per Largo Minutoli dalla cortina del porto, con una certa visionarietà, si può sentire la statua della Dea Messina enunciare un enigma: “Se io vivessi senza memoria, avrei gravi difficoltà a rapportarmi con ciò che mi circonda; se non ricordassi cos’ho fatto ieri, cosa potrei fare oggi se non agire in maniera casuale, come una bambina che nulla abbia ancora imparato? Una bambina con migliaia d’anni…”. Così la voce tace, struggente.

Non è difficile intendere. La città oggi è davvero come una bambina: pensa e vive con immaturità senza mai rifarsi a esperienze passate, oppure è come una persona che abbia fatto grandi cose ma non le rammenti più e perciò agisce in modo disdicevole e il suo prossimo la circuisce.

I cataclismi da soli non bastano a cancellare la memoria. Quando Messina è risorta dopo l’ultimo terremoto, vari antichi monumenti per i quali la si decantava non sono stati ricostruiti, mentre in altri casi parti di edifici sono state conservate senza essere più riposizionate o nel peggiore dei casi perdute. La situazione delle antichità classiche è anche peggiore: le alluvioni hanno sepolto molte cose nei secoli e la costante asportazione di materiali per nuove edificazioni ha fatto il resto; ma perché non predisporre oggi aree archeologiche degne quando scavando si trovano tombe, mura o ville? Quod non fecit deuastatio fecit renouatio.

Ma in fondo non importa a nessuno; eppure persino le città con poche centinaia d’anni hanno più orgoglio di noi. Sembra non interessarci altro che “mangiare e dormire”. E tutto questo perché non riusciamo a capire quant’è magnifico lo spazio che occupiamo e quanto grandi noi stessi siamo! Il morbo diagnosticabile ai Messinesi è lo stesso che affligge il popolo siciliano tutto: l’inconsapevolezza della propria storia.

Di contro, di cosa andare fieri, senza resti tangibili? È il paradosso dell’uovo e della gallina, ma si può risolverlo solo rompendo la continuità con quanto fatto finora: studiando davvero la storia e facendone un’ispirazione per il futuro.

Perché ricominciare dall’inizio se possiamo continuare da dov’eravamo rimasti? Il passato è un tesoro e attraverso il suo metro di giudizio possiamo fare Messina nuovamente e maggiormente grande nel futuro; fiorirà allora nuova cultura ma soprattutto una nuova coscienza messinese. Sembra una fantasia, ma il segreto e sprone della rinascita è lì: nel recupero della nostra autentica e millenaria Messinesità. Dobbiamo viaggiare con la mente indietro nei secoli e scoprire ciò che siamo stati; tutti. Non solo la Messina settecentesca del Grand Tour, ma anche la Messina nobilissima che fu punto di partenza per molte imprese guerresche, la Messina regale che contendeva a Palermo il ruolo di capitale, e ancora uno dei porti più importanti del mondo antico, la Messina dei Tiranni in cui più volte fu rifiutata la rassegnazione e si forgiò l’avvenire di tutta la Sicilia.

E così, risalendo alla sorgente delle ere, cerchiamo nel piano spirituale dell’esistenza la falce titanica di Crono, che la leggenda vuole sia nascosta nella penisola falcata; tocchiamo l’arma del dio del tempo, impugniamola, e usiamola per spezzare le catene gettate sulla città dalla tirannia del tempo e dell’incuria, annullando secondo le nostre possibilità umane gli effetti della rovina e restituendo a Messina ciò che l’è stato tolto.

Che il Leone ruggisca ancora sullo Stretto.

Insieme al supporto prezioso e determinante dello storico ed esperto Franz Riccobono, Tempostretto nelle prossime settimane pubblicherà una serie di articoli che hanno proprio questo obiettivo: recuperare la memoria, l’identità, la messinesità, attraverso piccole e grandi storie, attingendo a quel che miti e cronache di un tempo hanno lasciato. Sarà un viaggio a puntate per “riscoprire” la nostra terra.

Daniele Ferrara