La Dia sequestra beni per 20 milioni ai barcellonesi Giovanni Rao e Giuseppe Isgrò

Per dirla con le parole del Procuratore capo Guido Lo Forte: “C’è un sottile filo rosso che lega la mafia barcellonese dai primi anni ‘90 ai giorni nostri”. Un filo che unisce lo storico boss Giuseppe Gullotti, gli eredi Filippo e Giuseppe Barresi per arrivare a Giovanni Rao. Vent’anni di un potere mafioso che non ammette discussione. E quindi le imprese legate a Cosa Nostra imperversavano e si arricchivano lavorando senza concorrenza, si aggiudicavano appalti pubblici e privati, intimidendo i pochi imprenditori che si azzardavano a partecipare alle gare. Un vero e proprio sistema mafioso grazie al quale Giovanni Rao ed il suo uomo di fiducia Giuseppe Isgrò hanno realizzato un impero nel settore dell’edilizia e delle forniture di calcestruzzo. A svelare tutti i retroscena sono stati negli ultimi mesi i collaboratori di giustizia Carmelo Bisognano e Santo Gullo. Hanno raccontato agli inquirenti come riuscivano ad aggiudicarsi gli appalti in modo sistematico, ricorrendo a minacce ed intimidazione. Ora la DIA, su disposizione della Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale, ha sequestrato a Rao ed Isgrò beni per circa 20 milioni di euro. Il provvedimento è stato richiesto dal procuratore capo Guido Lo Forte e dal sostituto della Dda Vito Di Giorgio. Rao e Isgrò, attualmente detenuti in regime di 41 bis, sono stati arrestati nel giugno dell’anno scorso nell’operazione antimafia “Gotha”. Rao è considerato uno degli attuali capi della famiglia mafiosa barcellonese. Isgrò, invece, si occupava dell’amministrazione delle società della cosca operanti nel settore dell’edilizia e della produzione di calcestruzzo ed è conosciuto come “il ragioniere”. Le indagini della DIA hanno portato al sequestro di quattro società: la CEP, la ICEM, la AGECOP e la CPP che si occupano di forniture di calcestruzzo. Sfruttando capitali illeciti provenienti dalle estorsioni e la forza intimidatrice del clan si accaparravano commesse di rilievo. In particolare, hanno raccontato i pentiti riempiendo pagine e pagine di verbali, la CEP era sorta nel 1991 aggiudicandosi appalti per la realizzazione del raddoppio ferroviario Messina-Palermo e dei lotti dell’A20. Addirittura alcune imprese facevano parte dell’albo delle ditte di fiducia del Comune di Barcellona. Fra i beni sequestrati, oltre alle quattro società, sei immobili ubicati a Barcellona e Castroreale, un appezzamento di terreno, due motociclette e due auto fra cui una BMW X5 di proprietà di Isgrò. La maggior parte dei beni era intestata a congiunti dei due boss.