Insegnanti, famiglie divise e lo stipendio che non copre le spese

Una realtà lavorativa difficile, in ogni ambito e settore, che viviamo quotidianamente sulla nostra pelle e quella di chi ci circonda. Oggi, poniamo l’attenzione sulla condizione degli insegnanti, i professionisti deputati alla costruzione del futuro sociale e culturale. Un ruolo fondamentale che spesso viene sottovalutato o ridotto a mera attività impiegatizia.

La condizione degli insegnanti non è mai stata rosea, nel corso degli anni ne abbiamo sentite davvero di tutti i colori. Pendolari, precari a vita, supplenti per un giorno, graduatorie interminabili, assegnazioni provvisorie negate, immissioni in ruolo a 69 anni, tagli, riforme che cambiano le regole continuamente, e male. I docenti italiani guadagnano meno dei colleghi europei e lavorano di più.

Recentemente, è stato presentato dall’Istituto di Studi sulle Società del Mediterraneo, il rapporto 2017 sulle migrazioni interne degli insegnanti in Italia: “ In cattedra con la valigia”, edito dalla Donzelli, affronta per la prima volta con metodo scientifico la questione e rilancia il dibattito su scuola, migrazioni e ripercussioni sulla struttura sociale.

La migrazione ed il pendolarismo degli insegnanti sono fenomeni radicati nel tempo, tanto da essere considerati caratteristiche implicite e naturali della professione. Soprattutto al sud, la mobilità riguarda in modo consistente sia i docenti con contratto a termine che quelli immessi in ruolo.

Un esercito di professori, un elenco infinito di nomi e cognomi, di persone a cui va il nostro sostegno. E non importa se la realtà è questa, se ognuno deve lottare ogni giorno nel proprio ambito, se va bene qualunque lavoro dignitoso lontano dalle proprie aspirazioni, se migrano all’estero i padri di famiglia, i giovani, i pensionati. Non è una competizione, anche se le difficoltà sono diffuse, abbiamo il dovere di indignarci. E ci saranno sempre situazioni migliori o peggiori, c’è chi un lavoro non ce l’ha, ma la rassegnazione, o peggio l’accettazione, sono il primo passo verso l’indifferenza.

Monica ha sempre sognato di fare l’insegnante di storia e filosofia, ha ottenuto una supplenza in provincia di Firenze, ha un bambino piccolo ed il suo compagno non può seguirla. Francesco, architetto, è titolare di cattedra a Milano, non ha fratelli e non può partire perché deve prendersi cura dei genitori non più giovanissimi. Cristina si è spostata a Roma per insegnare lettere, il marito non ha avuto il trasferimento e cenano “insieme” tutte le sere grazie alla telecamera di un pc. Sono storie vere di alcuni messinesi, insegnanti con la valigia.

Nessuno ha la pretesa di trovare il posto “sotto casa”, ma quando il lavoro ti costringe a rinunciare a tutto, che senso ha? Tantissime le donne che partono con madri e figli al seguito, mariti, padri e nonni che rimangono da soli. Lo stipendio non è sufficiente a pagare affitto, bollette, spesa, viaggi (queste famiglie dovranno stringersi forte ogni tanto?) e tutto il resto.

È vero, per fare l’insegnante ci vuole coraggio. La situazione è questa e non ci sono facili rimedi da adottare, al nord ci sono più studenti e meno docenti, al sud, il contrario. Tutte le volte che saliranno su un pullman o prenderanno un aereo per svolgere il loro mestiere, sottovalutato e sottopagato, vivranno ogni anno in un luogo diverso, accetteranno a denti stretti il supporto economico di genitori o compagni, dovrebbero poter contare sul sostegno di tutti, istituzioni comprese, perché con l’indifferenza non si crea un futuro migliore.