L’ambasciatore del perdono che “salva quellidiprima” e assume su di sè le responsabilità

E’ proprio vero che il sindaco Accorinti è “ambasciatore del perdono”. Ed è talmente buono che non solo “perdona” ma assume su di sé le colpe di quellicheceranoprima, come ad esempio Buzzanca e la sua giunta. La prova della sua inclinazione al “perdono” è il Piano di riequilibrio 2.0, predisposto da quella giunta che per due anni ha fatto del ritornello contro le nefandezze di quellicheceranoprima il liet motiv di ogni conferenza stampa. Ebbene sia con l’approvazione del Piano sia con l’allungamento dei tempi per il dissesto qualora la Corte dei Conti strada facendo “smonti l’impianto”, Accorinti di fatto ha già “salvato” da qualsiasi procedura di responsabilità amministrativa una parte della giunta Buzzanca. Ma c’è di più, perché in entrambi i casi, adesso, qualora la Corte dei Conti decida di procedere, l’intera amministrazione Accorinti (che oltre al Piano di riequilibrio ha varato 4 documenti contabili) finirà sotto la lente d’ingrandimento ed eventualmente ne dovrà anche rispondere. Insomma, fuori tutti, dentro la giunta della rivoluzione e la sua maggioranza bulgara. I riflettori della magistratura contabile infatti vanno “a ritroso” di 5 anni e pertanto, supponendo che si accendano a fine dicembre 2015, è chiaro che “illumineranno” il percorso fino al 2011, includendo quindi la squadra che ha vinto le amministrative nel 2013. Chi, tra quellicheceranoprima ha votato gli ultimi bilanci entro il 2011 di fatto è fuori, perché il previsionale del 2012 è stato votato in piena era Croce e il consuntivo 2012 in era Accorinti. Andiamo adesso a vedere entrambe le ipotesi.

Se il Piano di riequilibrio 2.0 ha il via libera del Ministero, nei fatti la giunta Accorinti ha totalmente salvato buona parte della giunta Buzzanca da qualsiasi intervento della Corte dei Conti (e se non dovessero esserci bocciature successive il Piano diventa un salvagente collettivo). Ma qualora nei prossimi anni i giudici contabili, che già hanno sott’occhio Messina decidano di andare avanti con i controlli, saranno soprattutto gli strumenti contabili di questa amministrazione ad essere attenzionati dai magistrati. In ogni caso il Piano di riequilibrio, dopo l’ok di Ministero e magistrati contabili, è sottoposto ai controlli semestrali della Corte dei Conti. Il “perdono” verso quanti,come Accorinti ha dichiarato nella conferenza stampa del 7 gennaio “hanno fatto sì che queste pareti grondassero sangue” è nella prima ipotesi pressocchè totale e si spinge fino all’assumere su di sé eventuali errori, sviste. Occorre aggiungere che questo coinvolgimento riguarda sia la giunta, che i revisori dei conti, che i consiglieri che hanno approvato sia il Piano di riequilibrio che i singoli documenti contabili.

Supponendo quindi che nei prossimi mesi il Ministero dell’Interno dia il via libera al Piano di riequilibrio votato dalla maggioranza bulgara di queipartiticheceranoprima, spetterà poi alla Corte dei Conti vigilare sulla corretta applicazione delle misure di risanamento adottate dal Comune. Nel caso in cui ciò non avvenga la magistratura contabile riaccenderà il procedimento verso il dissesto, con l’aggravante che valuterà anche la posizione di chi ha agito con l’obiettivo di allungare i tempi verso il default.

E qui andiamo alla seconda ipotesi di perdono tombale o collettivo. Un gesto che si spinge oltre, perché con questa seconda ipotesi finiscono con l’essere fuori proprio tutti gli ex assessori della giunta Buzzanca, quelli,per intenderci, che si dimisero nell’agosto 2012, a ridosso delle regionali ed entrano in scena invece, gli amministratori e i consiglieri della stagione accorintiana.

La seconda ipotesi prevede quindi che il Ministero dia il via libera nei prossimi mesi, sicuramente verso maggio-giugno. La Corte dei Conti ha il compito di vigilare sulla concreta applicazione delle misure previste. In teoria potrebbe già chiederne conto a giugno, primo semestre, ma supponiamo che lo faccia a dicembre, quindi fine 2015. I revisori dei conti quindi presenteranno la loro relazione nei mesi successivi, e siamo già nel 2016, e la Corte dei conti potrebbe, ad esempio, chiedere ulteriori integrazioni o chiarimenti ed in ogni caso passerebbero altri mesi. In sintesi,si arriva ad aprile-maggio 2016 se non già nella seconda metà del2016. Se il Piano va bene il test verrà fatto nuovamente,qualora dovesse invece avere qualche falla, la Corte dei conti avvierà la procedura di dissesto invitando dapprima il Consiglio comunale ad approvare la delibera di default predisposta dalla giunta e, in caso di rifiuto, investendo direttamente il Prefetto.

Frattanto però, proprio perché si è trovata di fronte un Piano di riequilibrio “light”, chiederà conto a chi lo ha predisposto, sostenuto ed approvato, come avvenuto a Reggio Calabria. E sempre frattanto, visto che si è già nel 2016, le procedure di accertamento delle responsabilità, andando a ritroso di 5 anni, inizialmente si fermeranno al 2011. Vediamo chi, con questo scenario è fuori: l’ex vicesindaco Giovanni Ardizzone si dimise nell’aprile 2010, pertanto è già fuori sin da adesso, così come Fortunato Romano che lasciò Palazzo Zanca nello stesso anno, a seguire fu la volta di Pinella Aliberti, gennaio 2011,Pippo Rao, maggio 2011,Carmelo Santalco, dicembre 2011 (che risulterebbero fuori in caso di stop della Corte dei conti a metà 2016). Se i tempi dovessero diluirsi di altri pochi mesi,ad esempio, resterebbero esclusi dagli accertamenti di responsabilità gli ex assessori della giunta Buzzanca (nonché lo stesso ex sindaco), Franco Mondello ed Elvira Amata, attualmente consiglieri comunali rispettivamente dell’Udc e dei Democratici riformisti. In ogni caso occorre ricordare che il bilancio previsionale 2012 è stato votato durante il commissariamento Croce quindi “pesa” su quell’Aula consiliare che lo approvò e non sulla giunta Buzzanca. Più quindi si sposta in avanti l’ombra del default più ex amministratori restano fuori dalla procedura stessa e nel contempo vi entrano a far parte gli attuali inquilini di Palazzo Zanca (giunta,revisori e consiglieri), che hanno votato sia il Piano di riequilibrio nelle due versioni,che, nell’ordine, consuntivo 2012, previsionale 2013, consuntivo 2013, previsionale 2014 e si appresta a votare (non sappiamo quando) consuntivo 2014 e previsionale 2015.

Infine un dato,e cioè l’orientamento giurisdizionale che sta emergendo a proposito dei Piani di riequilibrio “light”, fatti su misura per scongiurare o allungare l’arrivo del default. In tal senso può servire quanto accaduto a Reggio Calabria, che attualmente è “sei mesi avanti” rispetto a Messina, nel senso che la Corte dei conti sta per valutare i primi sei mesi del Piano di riequilibrio. In realtà quel Piano, varato dai tre commissari straordinari nominati dopo lo scioglimento per mafia del Comune, era stato in un primo momento bocciato dalla Corte dei conti a gennaio 2014, e poi invece dichiarato “congruo” dalla Corte dei conti in sezioni riunite nel maggio 2014. Adesso quindi Reggio è in attesa “dell’esame semestrale”. Sin dal 2013 però, quando i tre commissari stavano lavorando al Piano, i magistrati avvisarono: state attenti, non utilizzate il Piano come una scialuppa “ E' anche da considerare che le rigorose condizioni poste dalla legge per l'effettivo risanamento- si legge nella nota del gennaio 2013 della Corte dei conti della Calabria- non sembrano offrire spazio ad iniziative temerarie o, comunque, solamente strumentali, finalizzate ad evitare gli effetti che conseguono alla deliberazione del dissesto. Poiché sul merito del piano di riequilibrio si pronuncia la stessa Sezione regionale di controllo titolare del procedimento di "dissesto guidato", la presunta strumentalità verrebbe in luce in quella sede dove prevarrebbero le ragioni di tutela del corretto uso degli strumenti di risanamento finanziario come disciplinati dalla legge, con l'esito della non approvazione del piano stesso”.

Nella sentenza del 14 gennaio 2014 (la n° 11/2014), la Corte ribadisce il concetto e rispedisce al mittente il Piano per tentativo temerario: “La stessa Sezione delle Autonomie (delibera n. 16/2012), nel ribadire la funzione dell’istituto del piano di riequilibrio come volto a “scongiurare la più grave situazione” (e non certo dichiarazione, n.d.r.) “di dissesto”, ha ammonito in ordine ai rischi di un utilizzo strumentale dell’istituto (“potrebbe rivelarsi un dannoso escamotage per evitare il trascinamento verso una situazione di dissesto da dichiarare”), potenzialmente dannoso per l’erario nonché elusivo delle regole di responsabilità, legislativamente legate alla dichiarazione di dissesto, poste a presidio dell’efficienza degli enti locali. Difatti, alla dichiarazione di dissesto segue un articolato e più incisivo sistema remediale a tutela dell’ente locale e della par condicio creditorum affidato in larga misura alla competenza di una struttura commissariale; la norma associa una incisiva fattispecie di responsabilità a carico degli amministratori (e dei revisori) responsabili della decozione dell’ente, nell’evidente intento di innescare, virtuosi circuiti responsabilizzanti sul personale politico-amministrativo (chiunque abbia l’onere di gestire un ente locale deve sapere che, se mal gestisce la cosa pubblica, ne risponderà personalmente sul terreno giuridico). Dal sommario esame degli elementi discretivi tra i due istituti emerge dunque, ictu oculi, come la delibera di adozione del piano di riequilibrio pluriennale non possa assolutamente esser qualificata in termini di rimedio sostitutivo o alternativo della (invece obbligatoria) delibera di dichiarazione di dissesto finanziario”.

I magistrati bocciano quindi il Piano di riequilibrio (ed è interessante anche vedere quanti punti in comune ci sono con quello di Messina) ma pochi mesi dopo la Corte dei Conti in sezioni riunite lo “rimette in pista”, salvo chiarire che dopo il via libera spetta sempre ai magistrati verificare che quanto indicato in quel Piano di risanamento sia fattibile e “fatto” semestre per semestre.

Nei prossimi articoli ci soffermeremo su alcune leggende metropolitane,come quelle legate alla tesi secondo la quale il procedimento di responsabilità amministrativa comporti “automaticamente ed immediatamente” l’incandidabilità degli amministratori coinvolti. Senza l’accertamento della colpa grave e del dolo non scatta alcun provvedimento. Chiaramente a meno che non vi siano altre cause ostative alla candidatura legate alla legge Severino o ad inchieste di altro genere.

Rosaria Brancato