Palazzo Zanca, i consiglieri (in giacca e non) dicono sì al Pum

Dopo la seduta di ieri, dalla quale è venuto fuori l’ulteriore slittamento dell’elezione del difensore civico, il Consiglio Comunale stamani è tornato a riunirsi. Come anticipato, nemmeno oggi si è discusso di difensore civico, per il quale ogni discorso è rimandato a settembre inoltrato, in attesa di un accordo tra le parti. L’ordine dei lavori, dunque, è stato invertito, ed è stato trattato il Pum, Piano Urbano della Mobilità, presentato diversi mesi fa dall’assessore competente Arturo Alonci. Il Piano, pensato in un arco di tempo decennale, è finalizzato al disegno di un assetto equilibrato del sistema dei trasporti della città. Lo stesso Alonci sottolinea come il piano avrà «numerose implicazioni, dirette e indirette, sull’economia dell’area metropolitana. Basti pensare agli investimenti programmati ed ai riflessi nel sistema commerciale, produttivo, terziario». Dopo il dibattito, il Consiglio ha approvato il Pum, chiudendo la seduta giornaliera, che si era aperta con le solite polemiche (di cui, francamente, non si sente proprio il bisogno). Dopo il mancato raggiungimento del quorum strutturale per procedere alla votazione del difensore civico (alla quale nessuno credeva più, ovviamente), è ricominciata la solita querelle sulla giacca obbligatoria per tutti i consiglieri. Sembrerà una stupidaggine (ed effettivamente, di fronte all’infinita lista di problemi seri che ha la città, lo è), ma ancora si discute su una questione del genere. Come avevamo riferito ieri, il presidente del Consiglio Fabio D’Amore aveva ricordato che, una volta riparato il condizionatore d’aria, da oggi i consiglieri erano tenuti, come da Statuto, ad indossare la giacca d’ordinanza. Ma per la verità, oggi in aula non tutti si sono presentati con l’abbigliamento richiesto, obbligando D’Amore a far notare la cosa. Qualcuno, non munito di giacca, ha persino lasciato l’aula, rincorso dal proprio capogruppo, qualcun altro ha fatto spallucce e ha continuato a star seduto. Verrebbe da ridere di fronte a queste sceneggiate, ma forse ci sarebbe da piangere, e da chiedersi: in che mani siamo?