Dal Chiapas di Ciacci al tanfo di mafia che Eller sente al Comune:le lezioni di legalità dei toscani

In principio fu Ciacci. L’ex commissario che avrebbe dovuto far volare alto Messinambiente, verso picchi di felicità e stabilità economica, sul finire dell’aprile 2015 scrisse nel Caro Diario d’aver trovato in città, un clima di violenza persino peggiore del Chiapas e del Guatemala, dove pure il toscano aveva vissuto momenti di forte impegno civico e lotta senza paura.

Adesso, un anno dopo, un altro toscano chiamato in città dalla giunta per Cambiare Messina dall’alto delle altre Regioni, l’assessore Luca Eller Vainecher bissa le dichiarazioni di Ciacci, descrivendo su Facebook Palazzo Zanca come la prima linea della lotta alla mafia, che non si sa perché lui affianca a questioni legate a peli nell’uovo e bilanci.

Ecco il testo del post di Eller: “Quanto pudore….Non molti mi hanno ben spiegato come funziona veramente in #Sicilia e specie a #Messina la #mafiamaledetta …. ma il tanfo lo sento comunque…. I profumi francesi e le varie ciprie non riescono a coprire il lezzo che ammorba l’aria…. È l’odore del marciume e della morte fatta di disoccupazione, saracinesche che chiudono, salari che non si pagano, disperazione sociale, disastro economico…. Eppure la #SiciliaViva riuscirà a prevalere”.

A seguire c’è una frase di Paolo Borsellino “la lotta alla mafia deve essere un movimento culturale che abitui tutti a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità”.

Già il neo assessore, sbarcato in riva allo Stretto come badante dei dirigenti e diventato in pochi mesi maestro di lezioni di economia e di legalità, aveva lanciato il suo grido di battaglia domenica, in conferenza stampa: “Non ho paura che mi sparino. Non temo la mafia né i colletti bianchi”. Adesso, dopo il 25 aprile trascorso in patria, ha raddoppiato il carico, evidentemente convinto che il Comune sia l’avamposto della mafia contro la quale il renziano è chiamato a combattere una durissima missione che Signorino ed altri prima di lui non sono riusciti a vincere.

Sia chiaro, a Messina ed in Sicilia la mafia esiste e si annida ovunque ed è dovere di ogni cittadino combatterla e denunciarla, ma il compito dell’assessore al bilancio attualmente è un altro: far arrivare al traguardo il previsionale 2015, armato di norme, regolamenti, rispetto della legge e non di un elmetto anti lupara.

Non lo vuole uccidere nessuno, perché a Messina i lavoratori esasperati per il mancato pagamento dello stipendio non sono mafiosi e non sparano. Il tanfo che l’assessore sente al Comune e che neanche i profumi francesi e le ciprie (ma dove ha sentito questi profumi Eller? E’ un Comune o il camerino di un teatro?) probabilmente, è semplicemente la puzza della mancata raccolta dei rifiuti. Ci si abitui, purtroppo, come ormai ci siamo abituati noi messinesi, a causa della pessima gestione del settore e nonostante paghiamo una Tari come se vivessimo nel Giardino dell’Eden.

Come messinesi chiediamo rispetto da un amministratore piombato dal Nord a vigilare sulle lentezze e sui ritardi dei nostri dirigenti, a partorire quei conti che l’attuale giunta non è riuscita a fare nei tempi previsti. Sappiamo bene che operare in terre di frontiera come la nostra e fare dichiarazioni antimafia fa curriculum, ma non ci piace che il Comune venga utilizzato in questo modo o che l’immagine del Palazzo, attualmente governato da persone oneste e perbene e popolato da lavoratori onesti e perbene, venga dipinta come la frontiera del tanfo.

A morire in questo momento, sotto i colpi di un amministrare incerto e privo di efficacia e competenza è Messina. La città sta agonizzando ed è evidente. A chi amministra più che post che fanno tanto moda chiediamo provvedimenti risolutivi e fatti.

Ecco cosa ha scritto nell’aprile 2015 Ciacci: “Nella mia vita ho avuto tante esperienze, anche dure a volte e in contesti di violenza dove, come in Guatemala o Chiapas, ho lavorato con l'ONU per recuperare resti delle fossi comuni. Ma mai nella mia vita mi era capitato di essere io il destinatario ultimo della violenza e come questa mattina negli uffici di Messinambiente. Per un ritardo di 14 giorni negli stipendi dovuto ad un ritardo di pagamenti dal comune, la sede dell'azienda è stata invasa da un gruppo di lavoratori che a suon di spintoni e minacce si è fatta strada fino a occuparmi l'ufficio urlando e minacciandomi. Devo ringraziare la presenza di Raphael che mi ha aiutato e l'intervento tempestivo della Digos che ha evitato la violenza fisica e ripristinato un clima di confronto”.

Dal Chiapas e dal Guatemala siamo passati adesso al tanfo della mafia senza che l’assessore sia stato neanche preso d’assalto dai lavoratori, ma semplicemente nei suoi primi giorni alle prese con falle che dipendono esclusivamente dalla giunta e dai dirigenti del Comune.

Le parole sono pietre, e questo, i toscani venuti a civilizzarci lo dovrebbero ricordare.

Rosaria Brancato