Il NO del Sud non è stato un voto di pancia: è fame. C’è una questione meridionale

Il 4 dicembre un boato dalle Regioni Meridionali ha travolto Renzi e il governo. Il No in Sicilia ha superato il 71%, la percentuale più alta del sud. La differenza di percentuali tra il Trentino Alto Adige, dove ha vinto il sì o la Toscana o l’Emilia con le Regioni meridionali è agghiacciante.

C’è chi ha definito il voto del Sud “di pancia”, contrapponendolo evidentemente a quello del Nord che secondo questa tesi dovrebbe essere “di testa”, ripetendo vecchi stereotipi.

E’ vero che il Sud ha votato di pancia. Quando la pancia è vuota fa rumore.

Quel boato che in tutte le zone del Sud ha toccato il 64, 68, 70% era fame.

A urlare è stata la pancia che ha fame non solo di cibo, ma di tutto.

Non a caso, anche i giovani hanno detto no, perché sono quelli che oggi, più di ogni altra fascia d’età, ha “fame” nel senso più ampio del termine. Il no è inversamente proporzionale alla fame ed alla perdita della speranza. I giovani e il sud hanno hanno più fame e meno speranza. Unisci le due cose, giovani e sud e viene fuori quel dato schiacciante.

Questo per noi siciliani è il periodo più bello e nel contempo straziante dell’anno. E’ il periodo in cui le generazioni di “emigranti natalizi” tornano a casa per le feste. Le famiglie, quelle che si spaccano la schiena per far studiare i figli altrove, tornano a vivere, come i fiori in primavera. E’ il periodo più bello, ma anche il più straziante, perché c’è la consapevolezza che il ritorno è breve. C’è anche quella voce nel cuore che dice che un giorno non ci sarà più neanche un breve ritorno perché quei giovani nel frattempo faranno il nido altrove. Arriverà il giorno in cui saranno i nonni, gli zii, a spostarsi perché “casa” non sarà più qui, le radici saranno altrove.

A naso, senza alcuna base o presunzione statistica sono pronta a scommettere che queste famiglie di “nuovi emigranti” hanno votato no. E non per antipatia a Renzi. Direi piuttosto per disperazione. La disuguaglianza è diventata un baratro e non ci sono ponti che uniscono i pochi ricchi ai troppi poveri e un nord sempre più sviluppato ad un sud sempre meno infrastrutturato.

La marea crescente di nuovi poveri si concentra nelle zone del sud e il ceto medio è stato letteralmente spazzato via dalla crisi.

E’ la nuova questione meridionale, o forse quella vecchia mai risolta.

Poveri di reddito, di lavoro, di diritti, di infrastrutture, di servizi, di giovani, di braccia, di cervelli, d’istruzione, di sicurezza, di ospedali, di assistenza.

Io ho votato no, ma non sono stata una “barricadera” e soprattutto non sono felice che abbia vinto il no, perché significa che siamo un Paese devastato.

Molti aspetti della Riforma mi piacevano Negli ultimi giorni sono stata anche indecisa per via di quella frase che era diventata un ritornello: “chi vota no è contro il cambiamento”. Mi sono chiesta, vuoi vedere che alla soglia dei 50 anni sono diventata “conservatrice” e contraria al cambiamento, alla modernità, alla velocità, al progresso?

Io lo voglio il cambiamento, da meridionale, da professionista, da donna, da mamma, da italiana. Però, mi son risposta: il cambiamento lo avrei voluto in questi 3 anni e mezzo di governo, in questi 2 anni e mezzo “dall’avvento di Renzi”.

Perché mi hanno chiesto di dire sì ad un “cambiamento postumo” quando per tutto questo tempo, quando c’è stata davvero l’occasione, non hanno fatto quello che avrebbero dovuto fare?

Perché dedicare tanto accorato impegno e tempo per cambiare a colpi di fiducia, zittendo l’opposizione interna e imbarcando mezzo centro-destra, la legge elettorale o la Riforma e non invece per fare misure concrete per abbattere la povertà e la crisi?

Prendiamo la battaglia per l’eliminazione dell’art.18. Perché legiferare per rendere più facile licenziare piuttosto che per rendere più facile assumere? Perché non è stata cancellata, questa sì a colpi di fiducia (e direi anche di ola da parte degli italiani) la legge Fornero che tante lacrime e sangue fa versare ancora oggi? Perché così tanta, troppa attenzione alle banche e poca ai cittadini? Perché è mancato il coraggio sul fronte delle tasse? Immagino sia lontano anni luce da questo ex governo l’idea di una patrimoniale, ma osare qualcosa di più nel Paese più tartassato d’Europa non si poteva? Perchè i nostri figli dovrebbero essere felici di essere diventati il popolo dei voucher? Per poi sentirsi chiamare dal ministro “bamboccioni”?

C’era tutto il tempo per cambiare per dare risposte concrete ai giovani, ai disoccupati, ai licenziati, alle imprese morte di tasse.

Non è antipatico Renzi, anzi, è giovane, simpatico, ambizioso. Non è il responsabile di questa Italia a pezzi ma ha perso un’occasione: non quella di Riformare la Costituzione, ma il sistema. Era quella la priorità.

C’è una questione meridionale che il Pd non ha voluto vedere.

La Sicilia ha “punito” il Pd e i suoi alleati, che governano l’isola dal 2012 e di tempo per cambiare l’isola ne hanno avuto. Non c’è stata alcuna rivoluzione nella terra della “manciugghia” per dirla alla Crocetta. L’unica “rivoluzione” che abbiamo visto è stato ascoltare il segretario regionale Pd Raciti e il sottosegretario renziano Faraone accogliere con entusiasmo il centro-destra dichiarando non le verità “ci servono i voti” ma l’ipocrisia “siamo un partito aperto”. Un Pd costretto a non poter fiatare quando big come Castiglione e Cascio finiscono coinvolti nelle inchieste o lo stesso Alfano finisce in tutti i giornali per l’assunzione per chiamata diretta alle Poste (con uno stipendio da 200 mila euro) del fratello. Ma del resto è lo stesso Pd che sulle polemiche sugli incarichi al fratello della Boschi o sulle vicende della Banca Etruria non ha fiatato. Lo stesso Pd che in Sicilia sceglie all’unanimità come capogruppo Alice Anselmo che dal 2012 ha cambiato 7 gruppi Ars e che oggi è renziana di ferro.

E’ la stessa maggioranza che in campagna elettorale annunciava la difesa dello Statuto siciliano (che la Riforma avrebbe abbattuto a colpi di clava), battaglia per le accise e per far pagare le tasse qui a chi investe sull’isola. E’ la stessa maggioranza che ha bocciato all’Ars la proposta del Referendum sulle trivelle e che quando ad aprile il quesito non ha raggiunto il quorum ha esultato, dimenticando che questa è la terra che ne pagherà le conseguenze e non certo il Piemonte o la Lombardia. Tra pochi giorni i “migranti di Natale” prenderanno treni che sono veloci fino a Villa, perché la deputazione calabrese ha ottenuto la vittoria del Freccia Argento, ma giunti al capolinea tutto il tempo risparmiato lo perderanno per attendere un aliscafo che non c’è o per raggiungere a piedi e con il trolley e il fardello di rabbia la Caronte. Raramente tornano in aereo i migranti di Natale, perché mentre in Sardegna ci sono voli a prezzi umani grazie alla battaglia per la continuità territoriale, noi paghiamo un Roma Catania o un Milano-Catania come un charter per Parigi.

Per questo in Sicilia ha votato la pancia e non la testa. Perché quando hai la pancia vuota la testa va per i fatti suoi. Non l’aveva capito Maria Antonietta quando disse: “il popolo non ha pane dategli le brioches”.

C’è una questione meridionale spaventosa, se il popolo ha fame non puoi dargli i voucher.

Rosaria Brancato