Elezioni 2013, la rivolta del Pd contro la quota di “nominati”

E’ stata la rivolta del Pd siciliano contro una logica nazionale che rischiava di far entrare dalla finestra quel che era uscito dalla porta, ovvero “il parlamento dei nominati”. All’ordine del giorno nella direzione regionale del Pd oggi pomeriggio a Palermo i criteri per la formazione delle liste per Camera e Senato dopo le primarie del 30 dicembre. Già ieri per la verità il segretario regionale Giuseppe Lupo aveva protestato in sede di direzione nazionale contro quegli 11 candidati blindati che secondo il regolamento Bersani potrà calare “dall’alto” nelle liste siciliane nei posti migliori, in barba a quanti si sono confrontati con le urne delle primarie.

La posizione l’ha ribadita anche ad apertura lavori ed in modo netto, alla presenza, tra l’altro, di Davide Zoggia, responsabile nazionale degli enti locali del Pd, dato proprio tra i blindati come capolista nella Sicilia Occidentale. La tesi di Lupo, sostenuta da gran parte dei componenti della direzione regionale, alcuni dei quali tra l’altro bocciati alle urne e quindi con la speranza di poter conquistare un posto in lista “più comodo” è semplice: la quota nazionale del 10% che tocca a Bersani da regolamento, deve essere considerata sugli eleggibili (cioè su quanti hanno partecipato alle primarie) e non sugli esterni, rimasti a guardare con la serenità di essere comunque al sicuro.

“Non possiamo indebolire le nostre liste – ha dichiarato il segretario regionale nel suo intervento – consentendo candidature nazionali avulse dal territorio, calate dall’alto con persone che non hanno alcun riferimento organizzato nell’isola. Questo rischierebbe di compromettere il risultato del Pd in Sicilia con conseguenze anche sull’esito nazionale del voto”.

Del resto basta ricordare quanto accaduto nel 2008 con addirittura 6 eletti esterni in Sicilia (che tra l’altro nessuno di noi ha mai più rivisto o sentito intervenire su tematiche siciliane) perché erano stati “posizionati” ai primi posti in lista a scapito dei rappresentanti del territorio.

“Quanto accaduto nel 2008- ha spiegato Lupo- rappresenta quanto il nostro elettorato non ha digerito. Sarebbe impensabile ripetere la stessa esperienza che ci è costata anche in termini di consenso elettorale. Con gli 11 nomi esterni nelle liste rischiamo di avere più eletti che provengono fuori dalla Sicilia che siciliani”.

E’ vero che Lupo con queste posizioni lancia una scialuppa a Sergio D’Antoni, bocciato alle primarie, ma è pur vero che sono in tanti nelle stesse posizioni e che se davvero si deve “ripescare” qualcuno in posizione favorevole è meglio scegliere chi conosce e vive nel territorio piuttosto che un “nominato”.

Una frecciata Lupo l’ha mandata anche a Crocetta, ormai intenzionato a presentare una lista del Movimento Il Megafono al Senato (pare anche alla Camera) nella quale il capolista sarebbe Beppe Lumia. Il segretario regionale del Pd ha dichiarato che sarebbe preferibile “portare voti freschi” piuttosto che toglierli al Pd. La relazione si è quindi conclusa con la proposta di continuare a ribadire a Roma il no agli 11 nominati dall’alto per sostituirli con Bersani capolista in entrambe le liste della Camera (collegio 1 e collegio 2) e i 9 rimanenti in quota “Bersaniana” sceglierli tra chi non ce l’ha fatta alle primarie del 30 dicembre ma ha ottenuto comunque una quota di consensi e risulta “eleggibile”.

In sintesi se la Sicilia deve portare in Parlamento una quota di deputati e senatori Pd è preferibile che siano siciliani che l’isola l’abbiano vista molto più che in cartolina o in televisione. La direzione regionale ha quindi approvato la proposta di Lupo, che la sosterrà a Roma e ha aggiornato i lavori a domenica mattina.

Nel primo pomeriggio la Commissione verifiche del partito ha respinto il ricorso presentato da Lillo Speziale risultato secondo a Caltanissetta dopo la figlia di Salvatore Cardinale, Daniela. Speziale, che aveva rinunciato a ricandidarsi per l’ennesima volta alle regionali puntando ad un posto in Parlamento, aveva presentato ricorso sostenendo che a Caltanissetta “ha votato anche un morto”. Il deputato ha anche presentato il certificato di morte dell’”elettore” e le dichiarazioni di alcuni cittadini risultati “votanti” pur senza averne mai avuto l’intenzione né essersi mai iscritti al registro delle primarie del centro-sinistra.

Rosaria Brancato