Quando chi abbiamo eletto ci considera un popolo di “diversamente intelligenti”

Ci sono alcune notizie che ti fanno sentire come un marziano arrivato sulla Terra, ti fanno sentire fuori posto anche come giornalista, perché mentre le leggi pensi “ma davvero pensano che siamo tutti cretini?”. E’ vero, siamo distratti da problemi di sopravvivenza, dall’arrivare alla settimana successiva, dal chiederci cosa sarà di noi domani, e ci accorgiamo dei nostri grossolani errori quando è troppo tardi. Però è poco carino sapere che chi ci rappresenta è convinto che siamo un popolo di cretini. La vicenda del voto sulla decadenza di Berlusconi, ad esempio, è la prova matematica che per i nostri rappresentanti siamo totalmente incapaci di intendere e di volere. Un Parlamento di persone coerenti, oneste intellettualmente, moralmente integre, neanche si porrebbe il tema del voto palese o segreto, voterebbe così come prevede la norma, quindi con voto segreto, sapendo che, quel che dice pubblicamente equivale a quel che farà. Si chiama coerenza e correttezza politica. Invece, siccome siamo un Paese dove la compravendita dei voti è un fenomeno reale e quotidiano, dove gli ideali non contano niente, si costringono i parlamentari al voto palese per evitare che “cadano in tentazione”. Ma che razza di Paese è un luogo dove siamo costretti a togliere il barattolo della marmellata a chi abbiamo eletto per non rivedere le scene del lancio di monetine ad un Bettino Craxi salvato dall’autorizzazione a procedere grazie al voto dei suoi colleghi? Ma che razza di Pd è quello che si appella a tutti i codicilli per non far vedere che gente abbiamo eletto? Un Pd che si vergogna della debolezza umana dei suoi stessi parlamentari? E’ un voto palese loro malgrado. Ma come facciamo a fidarci di questa gente se non si fidano di loro stessi? Io li obbligherei al voto segreto, ad essere onesti almeno per una volta con chi li ha eletti e dire: “ebbene sì, me ne sto sbattendo dei vostri problemi, preferisco passare per voltagabbana piuttosto che votare la decadenza di Berlusconi e rischiare di tornarmene a casa insieme al Parlamento, con il rischio di non essere rieletto, a meno che non mi mettono nell’ennesima lista di nominati”.

Apprezzo i deputati del Pdl che sono coerenti nella loro fedeltà cieca e assoluta al capo, al punto che, superando il ridicolo e la logica hanno dichiarato con voto solenne di fronte al mondo che Ruby era la nipote di Mubarak. Ci vuole coraggio e faccia tosta. Invece in questo Parlamento c’è chi lo stesso coraggio non ce l’ha e deve essere costretto con la forza a votare “secondo coscienza” e lo può fare solo se lo guardano tutti, perché quella coscienza in realtà, se il voto fosse segreto, sarebbe pronto a barattarla con tutto. Il governo delle larghe intese si fonda sulle debolezze dell’animo umano, anzi, su quella particolare categoria dell’animo umano che è il politico italiano. Che partecipa al Family day e poi va con le escort e con i trans, che va in chiesa la domenica e poi prende le tangenti e lucra sul terremoto dell’Aquila, che dice che vota Prodi e poi lo impallina, che si batte il petto per i migranti e poi con i fondi destinati ai gruppi e ai partiti si paga le ville, le massaggiatrici, i cioccolatini, le auto, i gratta e vinci, le vacanze. Se Il Pd costringe i suoi al voto palese salva se stesso, ma mette a repentaglio il governo, se sceglie il voto segreto salva Berlusconi e il governo, ma segna la sua fine davanti agli elettori. In realtà il voto segreto paleserebbe l’ipocrisia di un’ opposizione durata 20 anni.

Passiamo adesso al caso Cancellieri-Ligresti. E’ notizia di questi giorni, la ministra della Giustizia è stata intercettata mentre, al telefono con la compagna di Ligresti, subito dopo gli arresti di padre e due figlie (il terzo è latitante) per falso in bilancio e manipolazione del mercato, ha dichiarato “Contate su di me”. L’inchiesta su Fonsai ha fatto luce su un buco di 600 milioni di euro che ha causato danni a 12 mila risparmiatori, ed alla Fondiaria Sai per 300 milioni di euro.

Annamaria Cancellieri al telefono si diceva pronta ad intervenire per Giulia Ligresti, le cui condizioni di salute in carcere (soffre di anoressia) erano diventate critiche. In effetti dopo 40 giorni di carcere (e su perizia medica) è stata trasferita ai domiciliari, considerata la gravità delle sue condizioni, dal momento che rifiutava il cibo. Tornando alla telefonata, immediate sono arrivate le richieste di dimissioni e il ministro ha replicato spiegando di essere amica di famiglia (il figlio, Piergiorgio Peluso è stato direttore generale per un anno della Fonsai, incassando a fine incarico 3 milioni e mezzo di euro di liquidazione) e di non volere dimettersi. Ha poi aggiunto d’avere aiutato in questi mesi anche altre cento persone. Nessuno dubita sullo stato di salute di Giulia Ligresti, arrestata nell’ambito di un’inchiesta che lascia sgomenti su come la nostra classe dirigente si è spolpata l’Italia. In gioco c’è la credibilità di una classe al potere che utilizza il principio della Costituzione “la giustizia è uguale per tutti”, come nella Fattoria degli animali, dove c’è qualcuno che è più uguale degli altri, e di solito è l’animale che ha un cognome meno uguale degli altri. Non si chiama Rossi. Il governo che ha fatto dimettere la ministra Josefa Idem per molto meno, dovrebbe riflettere come anche le cause di dimissioni non siano tutte uguali. Ci sono ministri e ministri, evidentemente. Se la Idem paga l’Ici in ritardo viene invitata alle dimissioni seduta stante, se la Annamaria Cancellieri interviene concretamente per fare uscire dal carcere una rampolla dei Ligresti arrestata per aggiotaggio, si alzano le barricate. Avrei gradito scoprire che la ministra avesse fatto liberare cento figli di signor Rossi e neanche una figlia eccellente. Ma visto che siamo un popolo di cretini ci si può dire di tutto. E’ vero, come lei ha detto “un ministro ha il diritto all’umanità”, ma questo diritto vale per tutto, per ogni decisione presa ricoprendo quella carica. Non ci può essere un’umanità a singhiozzo, che vale solo per gli amici di famiglia. A meno che, non si voglia dire, che un ministro della Giustizia non abbia fiducia nella giustizia italiana…. E allora deve avere il coraggio di dirlo. Ma questa è un’altra storia, sempre la stessa, quella di quanti continuano a ritenere di avere a che fare con un popolo di diversamente intelligenti.

Rosaria Brancato