Gettonopoli, quei 3 minuti che distinguono i consiglieri “buoni” da quelli “cattivi” . E salvano mezza Aula

In questi giorni a Palazzo Zanca si respira un clima surreale. L’atmosfera è mesta, gli sguardi dei consiglieri comunali sconsolati, la voglia di parlare e commentare poca. L’inchiesta della Procura su gettonopoli è una vera mazzata per il Consiglio comunale, la cui credibilità è adesso ridotta al lumicino.

Dalle pagine di tempostretto.it abbiano raccontato per settimane comportamenti e vizietti dei rappresentanti del Civico Consesso, svelando con numerosi articoli come a Palazzo Zanca, a partire da dicembre 2013, in coincidenza del dimezzamento del gettone di presenza da 100 a 56 euro, si sia registrata da una vera e propria corsa alla 39esima presenza, con la solo finalità di accaparrarsi l’indennità massima prevista dalla legge, pari a 2.184 euro lordi.

Carte alla mano, con la nostra inchiesta giornalistica, che mirava a rendere noti i costi della politica, abbiamo dimostrato che la stragrande maggioranza dei consiglieri comunali riesce, con vari stratagemmi, a toccare mensilmente quota 39 sedute. La Procura oggi sostiene che alla base di quegli stratagemmi vi siano, in alcuni casi, «condotte truffaldine» e per questo penalmente perseguibili.

E a proposito dell’inchiesta giudiziaria su gettonopoli c’è un elemento in particolare che merita di essere rimarcato, in quanto apre uno scenario ancora più grave e se vogliamo inquietante rispetto a quello emerso in questi giorni.

Nella conferenza stampa di giovedì scorso sia il procuratore aggiunto Vincenzo Barbaro che il questore Giuseppe Cucchiara hanno rivelato come, partendo dal criterio base indicato dal regolamento comunale dell’«effettiva partecipazione» ai lavori d’aula , per distinguere le condotte illecite da quelle lecite sia stata utilizzata una «soglia di sbarramento di tre minuti». In pratica, secondo quanto ha testualmente spiegato Barbaro «non sono stati ritenuti di rilevo penale tutti gli episodi in cui il consigliere si è trattenuto nella sala in un tempo superiore ai tre minuti».

Chi, ad esempio, è rimasto in commissione 3 minuti e mezzo , anche in una seduta di commissione durata due ore, è fuori dall’inchiesta. Lo stesso ovviamente vale per chi è trattenuto, quattro, cinque, dieci minuti. Il perché di questa scelta l’ha candidamente ammesso il questore Cucchiara: «se si fosse approfondito senza la soglia di sbarramento , gli indagati non sarebbero 23 ( di cui 12 con obbligo di firma ndr) ma 40». In altre parole, sarebbe stato indagato l’intero Consiglio comunale.

L’organo rappresentativo esce con le ossa rotte da questa inchiesta, che colpisce penalmente solo alcuni consiglieri comunali, ma getta discredito su tutti e 40 esponenti, senza distinzione di partito o casacca politica. Il questore Cucchiara non ha avuto esitazione nell’affermare che in questi anni, non solo in questa consiliatura ma anche in passato, il Comune è stato usato come un bancomat. Anche alla luce di questa considerazione, non si capisce perché gli inquirenti, per valutare i singoli comportamenti, abbiano creato una soglia di sbarramento molto bassa, considerando soli 3 minuti di permananenza all’interno dell’Aula come effettiva partecipazione.

Come si evince dalle carte dell'inchiesta e come è stato spiegato in conferenza stampa, la Procura ha considerato penalmente rilevanti i casi in cui: il consigliere comunale che ha apposto la firma nella prima convocazione andata deserta non ha poi partecipato alla seconda convocazione della medesima commissione; si è trattenuto in sala durante i lavori meno di tre 3 minuti ; è uscito da Palazzo Zanca prima che la seduta fosse dichiarata deserta.

In ogni caso, con la riforma regionale, entrata in vigore a settembre scorso , la musica è finalmente cambiata, i controlli sono più ferrei e chi partecipa alle commissioni deve firmare all’inzio, alla fine dei lavori ed anche quando esce dall’aula per poi rientrare. Secondo le recenti disposizioni, chi sta fuori dall’aula per oltre 20 minuti , e non necessariamente consecutivi, viene considerato assente, e dunque non ha diritto al gettone di presenza.

Dopo tante polemiche e i casi simbolo di Agrigento e Siracusa- dove sono scoppiati alivello mediatico i primi casi di gettonopoli – la Regione si è decisa a cambiare la legge 30 del 2000, per molto tempo considerata causa sprechi ed ingiustizie. Proprio quando i comuni di tutta al Sicilia hanno cominciato ad abituarsi alle nuove norme, quello di Messina viene coinvolto da un’inchiesta giudiziaria che distrugge l’immagine dell’intero Consiglio Comunale.

Danila La Torre