Limosani: “Quello scambio sociale al confine del lecito che crea humus fertile per la corruzione”

Le recenti inchieste, in ogni ambito, locale, regionale, nazionale, hanno evidenziato un sistema di corruzione, di malagestione , di pessima selezione della classe dirigente, che merita una riflessione alla luce dell’estensione, della sistematicità e capillarità dei fenomeni. Con il professore Michele Limosani iniziamo oggi un viaggio in 3 puntate per analizzareil contesto di Messina. L’assuefazione ad una certa tipologia di scambi sociali ha fatto sì che con il trascorrere dei decenni i messinesi abbiano percepito come “norma” e quindi “regola” quel che legittimo non è, fino a non comprendere più i confini tra il lecito e l’illecito. Nella prima puntata Limosani analizza le diverse tipologie dello “scambio sociale”.Nella seconda puntata l’analisi si soffermerà sulla rete degli scambi sociali. Nella terza riflettori si accenderanno sull’esercizio del potere e quindi il controllo sociale (attraverso diversi Palazzi del potere) e quindi sulla selezione della classe dirigente. Non si tratta di analisi astratte ma di contesti reali che possono cambiare la città o viceversa creare sistemi in grado di ostacolare qualsiasi forma di cambiamento.

Prima puntata- Lo scambio sociale

Secondo Adam Smith, il padre dell’economia, “l’inclinazione a trafficare, barattare e a scambiare una cosa con l’altra, è una particolare inclinazione della natura umana”. Molto presto, tuttavia, facciamo esperienza dell’esistenza di diverse modalità attraverso le quali può avvenire lo scambio. La prima è quella che potremmo definire “di mercato”; Caio e Sempronio scambiano beni e servizi utilizzando il denaro come mezzo di pagamento. L’acquisto della spesa al supermercato, la riparazione dell’impianto da parte dell’idraulico, la fotocopia del libro. Sulle transazioni effettuate e i redditi percepiti, poi, lo Stato si materializza attraverso l’esazione delle imposte.

La seconda tipologia di scambio può essere considerata una variante di quella di mercato; simile nella struttura, essa, tuttavia, avviene “fuori” dalle regole del diritto. Consumare un caffè e non ricevere lo scontrino; fare una visita medica e non richiedere e/o ottenere la fattura. Si scambiano quindi beni e servizi utilizzando moneta come mezzo di pagamento ma “nascondendo” la transazione allo Stato. Gli economisti definiscono questa economia illegale o mercato nero. Anche qui lo Stato si materializza ma quasi sempre solo dopo aver scoperto i furbetti. Non esistono nel nostro paese incentivi così forti da scoraggiare anticipatamente questa antica pratica.

Convive con le due precedenti forme di scambio una terza tipologia, la più interessante per comprendere il funzionamento del nostro sistema; lo “scambio sociale”. Si tratta di transazioni in cui si scambiano a volte implicitamente, a volte in modo esplicito, impegni reciproci, una sorta di obbligo morale senza che tutto questo presupponga alcun utilizzo di denaro. A causa del servizio o della prestazione ricevuta, il soggetto beneficiario si sentirà obbligato a ricambiare la cortesia. Come è ovvio, questa possibilità di scambio apre complesse questioni: cosa è lecito scambiare? cosa considerare opportuno, appropriato o eccessivo? O ancora, perché alcune regole sono accettate da un contesto sociale e culturale piuttosto che da un altro? Qual è la natura di questa obbligazione? Di tali questioni si sono occupati a fondo i sociologi e i filosofi; certo è che nel caso in cui lo scambio non abbia la caratteristica della proporzionalità, o avvenga fuori da un rapporto di disinteressata amicizia, i soggetti sono consapevoli di dar vita ad una sorta di contratto implicito: una prestazione oggi genera l’aspettativa di un’eventuale contropartita da incassare in futuro.

Gli scambi, poi, oltre che tra soggetti privati possono avvenire tra i soggetti e le istituzioni, pubbliche in particolare. Data la complessità organizzativa delle strutture pubbliche e la peculiare natura dei servizi erogati (beni pubblici), non ci può limitare a considerare nello scambio solo gli aspetti quantitativi ma dobbiamo anche includere considerazioni relative alla qualità. In una situazione ideale, in cui a) esistono procedure trasparenti e tempi certi per ricevere la prestazione, b) è garantita la qualità del servizio indipendentemente da chi in quel momento eroga la prestazione (standard qualitativi), c) l’amministrazione è chiamata a rendere conto “accountable” delle disfunzioni dei servizi, lo scambio tra il soggetto privato e la struttura pubblica farebbe parte di quelle esperienze che il cittadino difficilmente dimentica. Ma non è purtroppo sempre così; anzi difficile che ciò avvenga alle nostre latitudini.

Per svariate ragioni, come è facile intuire, anche nel rapporto tra il cittadino e le pubbliche istituzioni c’è spazio per lo “scambio sociale”. Non è inusuale, infatti, assistere a dei casi in cui si ricevono facilitazioni nell’erogazione dei servizi pubblici (sui tempi, sulla qualità della prestazione, sul risparmio sul tickets, etc..) in cambio di più o meno impliciti impegni a ricambiare in futuro la cortesia. Questa tipologia di scambio, tuttavia, introduce alcune complicazioni. La situazione, infatti, si fa più critica se il soggetto che dovrà ricambiare un servizio ricevuto, si avvarrà di risorse pubbliche sulle quali esercita un certo controllo in forza della posizione ricoperta. Alla non ortodossia dello scambio rischia di aggiungersi pure l’uso improprio delle risorse pubbliche.

E’ vero, per concludere, che le diverse tipologie di scambio appena esaminate sono presenti un po’ dovunque nel nostro paese. L’osservazione e lo studio dei fenomeni sociali locali, tuttavia, suggerisce che la pratica degli “scambi illegali” ed in particolare degli “scambi sociali” sia molto diffusa nella nostra città e presenti caratteristiche ormai di “sistema”. Nonostante, poi, il cittadino abbia la percezione che molti scambi siano illegittimi e inappropriati, continua comunque a far uso di tale sistema. Tutto ciò costituisce terreno fertile e l’humus ideale nel quale può attecchire il morbo della corruzione.

(continua)

Michele Limosani