Nella guerra tra Comune e Atm sui bilanci i veri sconfitti sono gli utenti del trasporto pubblico

Seicentoventi dipendenti sul registro contabile; circa 30 autobus in circolazione – ed altrettanti chiusi in deposito in attesa, da anni, di essere riparati – per una città di 250 mila abitanti; una crisi di liquidità che si aggrava di anno in anno e fa lievitare i debiti, che oggi ammontano a più di 50 milioni di euro; un rapporto “perverso” con l’ente proprietario, il Comune che, invece di tendere la mano, rifiuta ogni sostegno alla sua società speciale che garantisce il trasporto pubblico in città attraverso i bus e dal 2003 anche il tram. La fotografia che viene fuori dell’azienda trasporti municipalizzata, per tutti Atm, un tempo “solo” sbiadita oggi è addirittura inguardabile. Lo sanno bene i politici locali , i vertici aziendali, i dipendenti , i sindacati, ma lo sanno soprattutto gli utenti, cioè i cittadini, costretti ad usufruire di un servizio scadente ed insufficiente, pagando sulla loro pelle il peso di scelte sbagliate o ancora peggio le conseguenze di decisioni mai prese.

L’attuale amministrazione comunale, guidata dal sindaco Giuseppe Buzzanca, ha proposto – con tanto di delibera di giunta – la sua soluzione per uscire dalla crisi più che decennale dell’Atm: la messa in liquidazione dell’azienda, considerata unica strada possibile per accertare la reale entità dei debiti e dei crediti dell’azienda speciale. Perché è proprio sul buco finanziario dell’ Atm che si gioca la guerra “familiare” tra l’azienda di via la Farina ed il Comune, che ormai da 13 anni non riconosce le somme iscritte nei documenti economico- finanziari dell’Atm, decidendo di non mettere a posto i conti in rosso dell’azienda e lasciandola, di fatto, affondare in un mare di debiti e guai finanziari, che rendono impossibile qualsiasi tipo di programmazione ma ardua persino la gestione quotidiana del trasporto pubblico locale, mai così insopportabilmente inefficiente.

Dal 1998 gli Uffici comunali esprimono costantemente parere negativo sui consuntivi presentati dall’Atm, con la motivazione che debiti e crediti iscritti negli atti finanziari aziendali non sono documentati e documentabili. Un’accusa ben precisa respinta, però, con forza dal direttore generale dell’azienda Claudio Conte. «Si dicono amenità sulla vicenda dei bilanci – spiega Conte – fino ad affermare che i nostri Revisori dei Conti, nella loro relazione di accompagnamento al nostro Consuntivo 2009, hanno asserito che i Bilanci ATM non sono veritieri. Viene, infatti, omesso che questi stessi professionisti nominati dal Comune elencano nel documento le innumerevoli inadempienze, omissioni ed indefinizioni nei rapporti economico-finanziari fra i due Enti, originate dall’ente proprietario. L’Azienda – continua il manager – si ritrova impossibilitata a redigere oggi un bilancio completo, nonostante il costante e qualificato apporto di esperti contabili esterni, anch’essi indirettamente fiduciari del Comune ,in quanto nominati dai C.d.A/Commissari ATM nominati dal Comune stesso». Secondo il direttore generale dell’Atm Conte, il graduale declino dell’Atm ha cause ben precise, che hanno di fatto consentito al Comune di Messina «di fruire del servizio pubblico erogato dall’azienda speciale senza pagarne il costo, lasciando che l’Azienda si indebitasse progressivamente: l’assenza del Contratto di servizio prescritto dalla legge, unico strumento che avrebbe potuto garantire la necessaria trasparenza e legalità nei rapporti fra le parti; il blocco dei trasferimenti economici dal Comune all’ATM dal 1999 al 2011 (sempre fermi a 13 milioni di Euro/anno); la tariffa del biglietto ferma a 0,50 € fino al marzo 2010, contro 1,20 Euro imposti dalla normativa regionale; e l’aver omesso di riportare la situazione della ATM nei Bilanci del Comune dal 1998 ad oggi.

Conte, inoltre, nega categoricamente che non esista prova documentale sulle somme riportate nei vari bilanci aziendali – tesi invece confermata telefonicamente dal Ragioniere generale di Palazzo Zanca Ferdinando Coglitore – e, anzi, punta l’indice contro il Comune , a cui «l’Atm ha provveduto ad inviare, ogniqualvolta ne abbiano fatto richiesta, corpose note esplicative – con tanto di fatture allegate comprovanti spese e costi sostenuti – alle quali – aggiunge Conte non sono mai seguite controdeduzioni o contestazioni. E allora – si chiede il direttore generale – perché la bocciatura dei bilanci da parte degli uffici comunali e dal 2004 al 2006 anche da parte del Consiglio comunale, che all’ordine del giorno ha ancora i bilanci consuntivi 2007- 2008 e 2009? Un vero e proprio giallo» , afferma Conte, che puntualizza: «anche qualora il Consiglio comunale bocciasse i bilanci ATM – come qualcuno suggerisce in quanto continuano a riportare crediti verso il Comune che quest’ultimo non riconosce – tali somme, ove non riconosciute quali crediti, transiterebbero nelle perdite di esercizio, che comunque la legge pone sempre a carico dell’Ente Comune». Polemiche sterili quindi quelle che arrivano da palazzo Zanca , che equivalgono a «parlare del nulla» secondo Conte, al quale abbiamo anche chiesto cosa pensa del percorso tracciato dall’amministrazione comunale in merito alla messa in liquidazione dell’azienda trasporti. «Innanzitutto – afferma – devo dare atto a Buzzanca di essere stato i pochi soggetti istituzionali che hanno battuto i pugni nei palazzi della regione Siciliana per vedersi riconosciuti i contributi chilometrici della tranvia a partire dal 2003. Sulla liquidazione posso solo dire che è una scelta di natura politica, io sono un organo tecnico e non posso entrare in merito». Non lo dice chiaramente, ma forse il direttore generale avrebbe preferito un’altra soluzione per l’Atm.
Buzzanca e Conte su una cosa però sono in perfetta sintonia: per dirimere la questione e fare luce sulla reale situazione finanziaria dell’Atm, quantificando i debiti ed accertando i crediti, serve un soggetto terzo, obiettivo ed imparziale, che per il primo cittadino può essere solo un commissario liquidatore , mentre per il direttore generale dell’azienda trasporti potrebbe essere il prefetto Francesco Alecci, già intermediario nella vicenda Asm di Taormina.

Parole, ipotesi, soluzioni possibili, ma l’azienda è in agonia: adesso servono fatti, non più chiacchiere. Anche il Consiglio comunale ha il dovere di decidere cosa intende fare dei bilanci consuntivi incardinati nei lavori d’aula e soprattutto della delibera relativa alla trasformazione della mobilità urbana (già bocciata in Commissione partecipate), che prevede appunto la messa in liquidazione dell’Atm. Si tratta una proposta che, se non condivisa, può sempre essere emendata o respinta e “rimpiazzata”con altre proposte, di cui al momento, però, non c’è traccia. I giorni passano, i debiti aumentano, Comune e Atm continuano a non dialogare. Il tutto con un’unica, gravissima, conseguenza: il trasporto pubblico – quello che un tempo andava incontro alle esigenze di mobilità di anziani, studenti e fasce deboli – muore ogni giorno un po’ di più. (Danila La Torre)