Una vita da precari sognando la stabilizzazione. Una piaga sociale che solo i governi possono risolvere

Un esercito di precari. In tutta la Sicilia sono più di ventimila, sono gli ex articolisti, ex Lsu, ex Asu, ex Pip, una lunga serie di ex sigle che oggi si traducono in una sola etichetta: precari. Oggi come da oltre vent’anni a questa parte. Erano giovani quando hanno iniziato a lavorare presso uffici ed enti pubblici, sono invecchiati aspettando una stabilizzazione che la politica che negli anni si è susseguita ha sempre promesso, ma mai concretizzato. Alimentando speranze e bisogni, tenendo sempre sotto scacco un potenziale bacino elettorale vastissimo. E se è vero che all’epoca nessuno di loro è entrato nelle pubbliche amministrazioni attraverso un regolare concorso, come invece prevede la legge, è anche vero che in tanti anni di lavoro hanno contribuito a far funzionare le macchine amministrative di centinaia di Comuni, hanno reso servizi, hanno svolto lo stesso lavoro dei colleghi con i contratti a tempo indeterminato, ma con stipendi inferiori e il costante alone di incertezza su cosa sarebbe accaduto da un anno all’altro. Così per oltre vent’anni. Sono i precari storici della pubblica amministrazione, una categoria spesso bistrattata ed etichettata come nullafacente. Eppure, quando ieri hanno scioperato per reclamare quella stabilizzazione che non arriva mai, i loro uffici hanno sofferto per l’assenza di lavoratori sulle cui spalle ormai si basa buona parte del funzionamento delle pubbliche amministrazioni. E’ accaduto per esempio al Comune di Furci dove i precari sono 46 su 90 dipendenti in totale e dove si è praticamente fermato tutto (vedi articolo correlato). E’ accaduto in tantissimi altri Comuni che non saprebbero come andare avanti senza i precari. Una situazione che è identica in tutta la Sicilia e che diventa ancora più difficile quando i Comuni iniziano a pagare in ritardo gli stipendi, come ha spiegato il segretario della Cisl Fp di Catania Armando Coco, che anche nel capoluogo etneo e nella provincia fa i conti con percorsi di stabilizzazione che non riescono a decollare, nonostante la necessità di questi dipendenti. Non a caso, alla manifestazione che ieri ha portato a Messina tutta la Sicilia orientale, ieri erano presenti anche numerosi Sindaci e amministratori pubblici che, con fascia tricolore in bella vista, hanno sfilato accanto ai loro contrattisti perché la battaglia per la stabilizzazione non può essere solo dei lavoratori. Anche il Sindaco Renato Accorinti ha raggiunto il corteo in Prefettura per far sentire la sua vicinanza, nonostante in questo momento anche a Palazzo Zanca ci sono tanti malumori per un iter di stabilizzazione che sembrava pronto a partire e che invece è in stallo totale e rischia di produrre un “contentino” da 10 ore settimanali che, per un lavoratore, si traducono in uno stipendio da fame.

Lo sciopero generale e la protesta messinese indetta dalle Funzioni Pubbliche di Cgil, Cisl e Uil hanno portato in strada circa un migliaio di persone giunte dalla provincia di Messina e da Catania, Enna, Ragusa, Siracusa. Ed è servita per unire la voce delle vertenze dei singoli Comuni e tenere altissima l’attenzione su quello che è un grave problema occupazionale che ha travolto un’intera generazione di lavoratori.

“Lottiamo per i precari degli enti locali, ma anche tutti quei lavoratori invisibili che operano ad esempio nelle parrocchie o nella sanità” ha dichiarato la segretaria della Fp Cgil di Messina Clara Crocè. “Una volta erano i giovani precari, nel frattempo hanno festeggiato le nozze d’argento e speriamo di non dover arrivare a quelle d’oro senza la stabilizzazione. Si tratta di lavoratori che svolgono identiche mansioni dei dipendenti di ruolo ma a 18 o 21 ore, con stipendi da fame con cui oggi è diventato difficile anche sopravvivere”.

La segretaria della Fp Cgil ha ricordato poi che la stabilizzazione si può basare solo sulla capacità assunzionale degli enti ed è questo il vero nodo da sciogliere, considerata la condizione in cui versano quasi tutti i Comuni. Inevitabile il riferimento alla situazione di Palazzo Zanca e dei suoi 300 contrattisti: “Il Comune di Messina non ha quella capacità necessaria per contenere tutti i precari. Abbiamo detto no ad una stabilizzazione a 10 ore perché non vogliamo passare dalla precarietà alla povertà. Il Sindaco lasci la maglietta Free Tibet e indossi quella Free precari. La vera rivoluzione sarebbe la stabilizzazione di tutti a 36 ore” ha ammonito la Crocè.

La Fp Cgil chiede ai governi nazionale regionale misure straordinarie per restituire dignità e lavoro a questo esercito di sfiduciati. Una richiesta che è partita anche dalla Cisl. “Messina ha dato prova di quanto è sentito il bisogno della stabilizzazione definitiva –ha commentato il segretario della Cisl Fp di Messina Calogero Emanuele. E’ necessaria una legge che metta in sinergia governo regionale e nazionale. Siamo di fronte ad una piaga sociale non si possono lasciare 20 mila persone in balìa delle onde. Non possiamo più accettare proroghe per ritrovarci a dicembre 2016 nella stessa situazione, dobbiamo iniziare ora. Il sindacato è disponibile a sedersi ai tavoli per trovare tutte le soluzioni possibili, ma non ci accontenteremo più dei pannicelli caldi”.

Esaurita la protesta adesso bisognerà vedere se la Regione innanzitutto sarà in grado di dare qualche risposta, alla luce del fatto che molti contratti sono in scadenza già dal prossimo mese di giugno.

Francesca Stornante