Se non hai il “quid” la rivoluzione si trasforma in ordinaria amministrazione

“Alfano? ha un buon seguito ma gli manca il quid”, così diceva Berlusconi nel 2012 a proposito della riuscita da “leader” del suo (all’epoca) delfino. Se hai tutto, se hai il fisico, la testa e il resto, ma ti manca il “quid”, quel certo non so che, non arriverai mai là dove osano le aquile. Forse alla rivoluzione accorintiana è mancato proprio quel quid, quella cosa che o ce l’hai o non ce l’hai. Volevano Cambiare Messina dal basso, ma senza il quid la rivoluzione è rimasta ordinaria amministrazione, né più né meno, senza infamia e senza lode. Gli squilli di tromba della rivoluzione si sono persi negli echi della normalità, come una pistola che spara a salve. Dalla questione Pace a quella delle cooperative per finire alla flotta comunale, non c’è traccia di cambio di passo e quel “certo non so che”, quello scatto del giaguaro, che ci si aspettava e che era nel programma, si è trasformato in una routine che rende la giunta Accorinti, sul piano dei fatti, uguale alle altre amministrazioni. A distanza di 18 mesi possiamo dirlo: la giunta Accorinti non ha il quid. Non è reato non averlo, può al massimo dispiacere per le premesse.

Esemplare la frase che l’assessore ai servizi sociali Nino Mantineo ha pronunciato a Malalingua a proposito della gestione del settore affidata alle cooperative piuttosto che a soluzione alternative: “I voucher nel programma? Un refuso colpa del copia e incolla e comunque io non sono mai stato d’accordo con quel punto del programma”. Non è il caso di soffermarsi sulla bizzarra risposta che attribuisce a un refuso una proposta annunciata in campagna elettorale, quel che colpisce è che venga affidata la delega ai servizi sociali ad un assessore che non condivide quanto il programma prevede in quel settore. A cambiare, più che Messina è stata la visione di Mantineo che il 4 giugno 2013 dichiarava: “Nei servizi sociali siamo all’anno sotto zero. Serve discontinuità con il passato, trasparenza nel rapporto con le cooperative. Non si può demonizzare il mondo della cooperazione ma diremo basta alle incursioni della politica nelle cooperative, basta alla scorrettezza e all’immoralità”. Un anno e mezzo dopo corregge il tiro: “Non mi metto sulla falsa riga di quanti ritengono che le coop sono da abolire ma in una realtà come la nostra in cui certe cooperative sono annegate sotto il peso di difficoltà, non sono state in grado di valorizzare i lavoratori alle loro dipendenze”. Nel frattempo, oltre a concedere 20 proroghe in 24 mesi a Casa Serena ed una serie di proroghe per le altre, ha stilato bandi che non cambiano di una virgola il sistema. Anzi, se dobbiamo dirla tutta, sono bandi che stanno facendo fuggire a gambe levate proprio quelle coop da non demonizzare cui faceva riferimento, come nel caso della Garderie che a quelle cifre sanno che sarà impossibile garantire servizio e stipendi. Se non cambi il concime difficilmente al posto delle ortiche nasceranno le rose. Se dopo gli squilli di tromba te ne esci con una cover di vecchie canzoni le cose sono due: o condividi il percorso scelto da quelli di prima o hai cambiato idea sulla rivoluzione.

Prendiamo poi l’assessore all’ambiente Ialacqua, che il 28 novembre, dopo mesi e mesi a cercare di gettare acqua sul fuoco dichiara: “Non ho mai detto che quella di Pace non è una discarica, ma ho provato a spiegare che il progetto è molto più ampio e non si tratta di una discarica vecchio modello. Abbiamo tracciato una strada per renderci autonomi sul fronte dello smaltimento dei rifiuti e non farci trovare impreparati quando il sistema delle discariche siciliane arriverà al collasso”.

Non importa se è un modello vintage o nuovo di zecca, il fatto è che hai annunciato la rivoluzione ma poi ti sei limitato al male minore e, spiace ricordarlo, quello di Pace tutto è tranne che un progetto innovativo nato ieri, ma affonda le radici nell’era di quellicheceranoprima. Vedere Ialacqua che si scontra con Anna Giordano è la fotografia di una rivoluzione mancata. Ci si aspettava di più e di meglio.

Prendiamo la vicenda stalli per i disabili. Da ottobre 2013, quindi non da ieri, si cerca di regolamentare il settore. A febbraio l’ingegnere Pizzino vara il regolamento tra le proteste di associazioni e disabili. La consigliera Lucy Fenech presenta un regolamento in primavera, poi a luglio il consigliere Daniele Zuccarello ne presenta un altro, entrambi restano nei cassetti senza il parere del dirigente per 5 mesi, intanto da giugno scattano le revoche degli stalli. Quando a novembre scoppia la rivolta dei disabili l’assessore Cacciola sembra il famoso pastorello che resta attonito davanti al miracolo nella grotta e scopriamo che tutto è accaduto “ad insaputa” della giunta (che ha pure dimenticato quando in estate i disabili hanno protestato a Palazzo Zanca restando fuori dalla porta). Quel che colpisce è che l’amministrazione non ha il quid proprio sui terreni a lei più congeniali.

Pensiamo il caso dei minori migranti. Mentre l’esperta Clelia Marano, che di castagne dal fuoco ne ha tolte talmente tante che poteva farci un bosco, si dimette, i minori per una serie di intoppi finiscono in tendopoli insieme agli adulti. Il sindaco si difende facendo riferimento ad una circolare ministeriale e sarà solo il prefetto a spostarli dopo alcuni giorni di rimpalli.

Paradossalmente l’unica idea originale e rivoluzionaria, col quid, quella della flotta comunale, non è stata neanche lontanamente realizzata e naviga, questa sì, in alto mare. Tralasciamo il primo punto del programma, quello sulla riduzione delle indennità di carica mai avvenuta, tralasciamo il fatto che gli assessori hanno mantenuto la professione che facevano incassando quindi doppio stipendio (con la detrazione prevista in questi casi). Tralasciamo la nomina di una marea di esperti con lo stesso sistema delle vecchie giunta. Tralasciamo il concorso per il piano giovani al quale hanno partecipato (e vinto) due figlie di assessori (entrambe hanno poi rinunciato). Tralasciamo i documenti contabili presentati all’ultimo minuto utile. Tralasciamo gli accordi, sia sui documenti contabili che in altre operazioni, con i partiti che a seconda delle stagioni sono “brutti, sporchi e cattivi” ma quando ti tirano fuori dai guai diventano alti belli e biondi. Tralasciamo le filippiche di Signorino ai consiglieri quando non si rassegnano a fare da maggioranza bulgara e da stampella degli strafalcioni della giunta. La cosa più insopportabile è che nessuno si assume le sue responsabilità. Nell’ordine le colpe sono 1)di quellicheceranoprima 2)del consiglio comunale 3) dei dirigenti 4) certa stampa che travisa le cose ed è di parte. Quindi se non si può dare la responsabilità a quellicheceranoprima si passa alla casella successiva, occupata dal consiglio comunale, infine se tecnicamente i consiglieri non c’entrano neanche per sbaglio la colpa è dei dirigenti, ignorando il fatto che hai messo Balotelli Le Donne per coordinare i dirigenti e che è compito di un’amministrazione sia avviare una rotazione che saper gestire gli uffici. Balotelli dovrebbe accorgersi se nessuno dei suoi compagni gli passa la palla e anzi scappa dal campo. In 18 mesi non ho sentito neanche una volta dire: “forse, ma dico forse, abbiamo fatto un piccolo errore, ma in buona fede”. La vicenda isola pedonale che ha monopolizzato il dibattito e la vita stessa della città per mesi e mesi viene risolta con un: se non si fa a Natale è colpa dei consiglieri comunali brutti e cattivi. Diciamo che i 40 dell’Aula non sono magari Brad Pitt ma insomma, se il Tar ha accolto i ricorsi forse le delibere di giunta tanto perfette non erano… Se tutti, lamentano la totale assenza di partecipazione magari un esame di coscienza, proprio adesso che è Natale si potrebbe fare. Non è rivoluzione decidere da soli e poi chiedere la condivisione ex post. (copyright Nina Lo Presti). Non è rivoluzionario presentare all’ultimo secondo tutti i provvedimenti contabili e poi additare l’Aula se non obbedisce all’istante. Per non dire poi che il guizzo in questi bilanci proprio non lo si vede. Metromare è a rischio e la giunta che fa? Presenta un progetto “rivoluzionario” che taglia la tratta Messina-Reggio Calabria (affidata ad una società privata la Ustica Lines) e mantiene quella gestita dal vettore pubblico Bluferries con Villa San Giovanni, peraltro già servita dalla Caronte-Tourist. Per la chiusura del Piemonte si sono persi tre mesi in chiacchiere e solo il ministro Lorenzin, quando una pattuglia di deputati regionali e nazionali si sono recati in trasferta a Roma ha risolto il caso più confusionario del mondo.

Abbiamo capito già con Crocetta che non è più tempo di rivoluzioni ma fa riflettere quando si sceglie la strada del “replay”. Anche Alfano senza il quid ha raggiunto ottimi traguardi lo stesso. Qui in riva allo Stretto è andata così, volevano Cambiare Messina invece hanno cambiato la rivoluzione trasformandola in ordinaria amministrazione.

Rosaria Brancato