Certo che m'arrabbio

Quel che resta delle ex Province: Cenerentole senza la fata madrina

In linea di principio Messina è Città Metropolitana, grazie ad un’illuminata intuizione dell’ex presidente dell’Ars Giovanni Ardizzone, che presentò un emendamento alla bizzarra riforma Crocetta. In quanto Città Metropolitana è quindi in linea di principio destinata ad essere la principessa Cenerentola. Nei fatti è un Ente in dissesto, in macerie sotto i colpi della riforma e del prelievo forzoso.

E’ come Cenerentola senza la fata madrina che trasforma zucche in carrozze e topi in scudieri. E nel ruolo delle sorellastre e della matrigna ci sono due riforme, quella di Crocetta e quella Delrio e quello “scippo” istituzionalizzato che è il prelievo forzoso voluto dal governo Renzi.

E’ come se sulle ex province si fossero accaniti una tempesta ed un terremoto, giusto per essere sicuri che di erba non ne potesse crescere più.

In realtà non si tratta di “sciagure naturali” ma di “sciagure tutte umane”, perché la riforma Crocetta l’ha votata la precedente Ars, la riforma nazionale delle ex Province targata ex ministro Delrio l’ha votata il precedente governo, così come il prelievo forzoso e il governo attuale non sta muovendo un dito mentre le 9 province siciliane versano la bellezza di 220 milioni di euro l’anno.

Per varare la riforma Crocetta-Giletti, che di fatto abolisce le ex Province e la democrazia diretta, l’Ars e la Regione hanno impiegato dal 2013 al 2017 e si sono infilati in un labirinto di ricorsi con il governo nazionale. D’altra parte però anche la riforma Delrio non scherza perché ha tra le altre cose tolto il diritto ai cittadini di eleggere chi li rappresenta. Entrambe le riforme infatti introducono il principio delle elezioni di secondo livello, cioè lasciano che siano i partiti a scegliere con accordi chi guiderà gli Enti intermedi.

In Sicilia dopo 4 anni si è partorito un ibrido, un bruco terrificante che ancora non è uscito dal bozzolo.

E dopo aver tolto poteri e funzioni alle ex Province è arrivato il colpo finale, nel 2015: il prelievo forzoso, che è po’ quello che accadeva nella Foresta di Sherwood quando passava lo sceriffo di Nottingham.

Adesso in Sicilia tutti gridano all’abolizione della Delrio e del prelievo, ed a Roma fanno finta di non sentire.

La situazione di Messina è quindi paradossale, perché in quanto Città Metropolitana dovrebbe avere davanti un futuro regale, in quanto ex Provincia della Sicilia ha un presente da mendicante. L’ex commissario Filippo Romano, conoscitore dei conti e rigoroso nell’amministrare, aveva avvisato tutti: “L’Ente è al dissesto”. Ed aveva elencato le cause. Ma nessuno ha voluto ascoltarlo.

Il sindaco De Luca ha ragione nel merito ma sbaglia completamente nel metodo.

Non è mandando in ferie i dipendenti o chiudendo l’ingresso di Palazzo dei Leoni che risolverà la questione. Così facendo colpisce chi è già vittima.

Così facendo non avrà nessuna risposta dal governo gialloverde che in verità non aspettano altro che si affoghi con le sue stesse mani, perché non è amministrazione allineata con nessuno dei due partiti.

Sia la Lega che il M5S non hanno finora fatto assolutamente nulla per il Comune, anzi, si apprestano a mettere nell’angolo l’amministrazione.

La questione dello sbaraccamento, con la mancata autorizzazione della dichiarazione dello stato d’emergenza, ne è la prova. Né la Lega, nonostante le dichiarazioni roboanti del ministro Salvini (prima e dopo l’elezione), né il M5S, nonostante i comunicati stampa di rito, hanno mosso un dito per concedere quei poteri speciali necessari a superare le lungaggini della normale procedura. Il no alla dichiarazione dello stato d’emergenza è un no essenzialmente politico.

Sul Piano di riequilibrio potrebbe accadere la stessa cosa.

Non avrà nessuna collaborazione dal governo nazionale, che anzi aspetta alla finestra.

Per salvare le ex Province serve una mobilitazione complessiva, servono manifestazioni eclatanti che vedano insieme TUTTI.

Il prelievo forzoso è la cosa più scandalosa degli ultimi anni. Mantenerlo equivale a continuare a mettere in ginocchio la Sicilia e gli elettori se lo ricorderanno.

I Comuni sono al collasso, se si uccidono anche le ex Province si torna indietro ai tempi del feudalesimo.

La politica ha puntato il fucile contro le ex Province, solo la Politica può salvarle da baratro.

Se il sindaco metropolitano vuole contribuire a questa battaglia lo faccia INSIEME ai dipendenti (o quel che ne resta), non contro.

I partiti, o quel che ne resta, devono portare avanti questa battaglia trasversalmente perché non è una questione di bandiera, ma di sopravvivenza delle voci del territorio.

Messina deve diventare Città Metropolitana perché è l’ultimo treno per lo sviluppo.

Se riduciamo il nostro futuro a beghe tra capetti di periferia per una guerra all’ultimo voto, allora vuol dire che ci meritiamo di restare senza la scarpetta di cristallo, relegati in cucina a far da sguattere alle sorellastre.

Rosaria Brancato