“Noi, corsisti Aram, siamo le vittime. Quando ci daranno ciò che ci spetta punendo i colpevoli?”

Guardi, se mi avessero detto che questi soldi che ci spettano per diritto andavano in beneficenza non avrei detto nulla. Ma così no. Ci sentiamo derubati di tutto, dopo i sacrifici e i sogni che abbiamo fatto”.

La rabbia, l’amarezza e l’incertezza per il futuro sono evidenti negli occhi profondi di Annalisa Totò, 25 anni, un granello in quell’esercito infinito di studenti stritolati nell’ingranaggio di una Formazione che in Sicilia è diventata scandalo e vergogna.

Come migliaia di giovani messinesi che hanno deciso di restare qui e non emigrare Annalisa si è iscritta ad un corso di formazione, uno di quelli finiti nell’inchiesta e due anni dopo vi raccontiamo la sua storia. Vi raccontiamo quel che resta di un sogno uguale a quello di centinaia di altri nostri figli e per fortuna vi raccontiamo anche di una ragazza che non si è arresa e non si vuole arrendere, perché oltre a non aver visto un centesimo ha rischiato, insieme alla sua classe di non avere neanche quell’attestato che per un corsista è la chiave d’accesso al futuro ed il solo motivo che lo ha spinto ad iscriversi: un lavoro.

Il Pianeta Formazione in Sicilia, sul finire degli anni ’70 è stato creato per loro, per i giovani siciliani come Annalisa, Francesco, Marco, ai quali da oggi Tempostretto offre la possibilità di raccontare le loro storie.

Ecco cosa ha scritto Annalisa Totò il 5 novembre sulla pagina Facebook di Tempostretto: “Buonasera vi seguo da circa 2 anni e vorrei permettermi di fare una domanda a voi o chiunque sappia darmi una risposta. Abbiamo seguito tutta la vicenda dei "corsi d oro " del Sign Sauta con la quale per mia sfortuna ho avuto a che fare . Due anni fa ho iniziato il corso OSA nell'ente Aram ora sotto accusa. Malgrado ciò che dicono molti personalmente ho fatto sacrifici per adempire a ciò che richiedeva il corso in se su tutto ! Presenze , orari e tirocinio . Tutta la mia classe come me possiamo gridare ad alta voce la serietà e i sacrifici con i quali abbiamo fatto il corso facendoci in 4! Abbiamo persino fatto gli esami questo luglio per avere l’ attestato che abbiamo avuto dopo un anno , ora tutti parlano dei soldi che si sono mangiati … Ma a noi chi ci pensa? Noi non abbiamo ricevuto un centesimo di rimborso come scritto da regolamento chi in benzina , chi in abbonamento e biglietti e sappiamo tutti com'è difficile andare avanti ai giorni d'oggi figuriamoci togliendo anche queste spese quotidiane che un corso regionale dovrebbe rimborsare a priori ! Adesso la mia domanda, il mio grido della quale nessuno si fa carico di risposta è " quando daranno a noi corsisti ONESTI ciò che ci spetta punendo i veri colpevoli ?”.

Nel giugno del 2012 Annalisa Totò, Rosaria Musciumarra insieme ad un’altra ventina di persone decidono di iscriversi al corso OSA,operatore socio-assistenziale, gestito dall’Aram. Annalisa sostiene anche un test di selezione e a settembre 2012 iniziano i corsi per l’Osa C/3 presso la sede di Cristo Re: 900 ore tra lezioni e tirocini, con l’obbligo di sostenere un esame finale per il rilascio dell’attestato. La legge prevede un rimborso di 4 euro giornaliero per i corsisti, (in genere si andava dai 2 euro e 50 ai 10 al giorno), cifre irrisorie e ridicole rispetto a quelle che ruotano intorno alla Formazione, ma dopo oltre un anno dalla fine del corso, maggio 2013, nessuno di loro ha visto un solo centesimo.

“Noi le lezioni le abbiamo seguite tutte,ogni giorno, dalle 8 alle 13 e a volte dalle 8 alle 14. Abbiamo seguito con coscienza tutte le materie- raccontano Annalisa Totò e Rosaria Musciumarra a nome di tutti i corsiti dell’Osa C/3- I docenti erano preparati e noi ci siamo impegnati per un anno intero. Firmavamo sia all’ingresso che all’uscita. All’Aram in questo erano abbastanza rigorosi e non possiamo affatto dire che i corsi erano fatti male, tutt’altro. Su 900 ore ne abbiamo fatte 600 di tirocinio. Dopo due settimane abbiamo iniziato il tirocinio presso le Piccole suore. Andavamo lì ogni giorno, ci occupavamo delle pulizie, dell’assistenza. Insomma un lavoro vero e proprio. Non si trattava più di ascoltare soltanto, noi lavoravamo tutta la mattina dalle Piccole suore.”

La sorpresa è arrivata a fine maggio 2013, quando in piena campagna elettorale per le amministrative tutti sapevano che il pianeta formazione era un pentolone in ebollizione e anche all’Aram il clima era tesissimo. “Non riuscivamo a capire cosa stava succedendo ma sentivamo discussioni sul fatto che si rischiava di non arrivare alla fine dei corsi, erano tutti nervosi. Poi all’improvviso sono scomparsi tutti, finiti i corsi non abbiamo saputo più nulla in merito agli esami da sostenere. Nessuno ci diceva nulla, nessuno rispondeva più alle telefonate. Nessuno era più in sede per fornire chiarimenti”.

A luglio è esplosa l’inchiesta Corsi d’oro, con l’arresto di Elio Sauta e della moglie, Grazia Feliciotto,di Chiara Schirò e di quanti a vario titolo erano coinvolti nella vicenda. Ma già da due mesi chi per un anno aveva seguito il corso Osa non sapeva come fare per sostenere gli esami. “Se non fai l’esame non hai l’attestato ed è come avere buttato al vento un anno di studio. Inoltre non puoi neanche cercarti il lavoro perché non hai il titolo. Che colpa avevamo noi di quanto era accaduto? Passavamo i giorni a chiederci cosa fare,a riunirci insieme ai colleghi per trovare una soluzione. Abbiamo bussato a tante porte ma nessuno ci dava risposte”.

Alla fine, a settembre una porta si è aperta, quella dell’Ecap, che si è messo a disposizione per consentire ai corsisti dell’Aram la possibilità di sostenere l’esame. “Purtroppo non avevano carte e neanche noi. C’era solo la nostra parola. Abbiamo sottoscritto tutti una lettera nella quale specificavamo il corso al quale abbiamo partecipato, però non esistevano prove di nulla, né registri né altro. Quindi correttamente loro hanno voluto verificare la nostra preparazione, vedere le nostre dispense. Solo alcuni di noi avevano un attestato di frequenza”.

Anche questo non è stato facile,perché alla fine l’esame l’hanno sostenuto nel luglio 2014, un anno dopo la fine del corso. “Ci hanno detto che siamo stati bravi. Abbiamo ripassato per mesi e ci rinviavano ogni volta. E’ stata una tensione continua, noi avevamo studiato. Non è giusto che a pagare siamo stati noi”.

Hanno rischiato di buttare via un anno e più di studi e se per Annalisa Totò si è trattato del primo passo nel mondo del lavoro, per Rosaria Musciumarra che da 20 anni opera nel settore dell’assistenza, perdere quei mesi di impegno equivaleva a gettare via punteggi e specializzazione. Dietro ogni corsista c’è una storia, c’è un passato ed un futuro.

“Mi fa rabbia non sapere che fine hanno fatto quei soldi. Io ci contavo-spiega Annalisa- Perché li avrei messi da parte per pagarmi l’abbonamento all’autobus per seguire un corso Os (operatore sanitario) a Catania. Mi fa rabbia perché loro non avevano bisogno di soldi, mentre per noi ragazzi sono importanti. Abbiamo scritto alla Regione ma nessuno ci risponde. Da studenti proviamo rabbia perché questi soldi sono spariti e per noi rappresentavano un rimborso. Io in estate faccio la baby sitter, mi arrangio per guadagnare un po’, ho fatto la domanda per i cantieri lavoro. Poi leggo come finivano quei soldi,i nostri soldi, nelle auto,negli immobili. Ti viene voglia di scappare”.

Per Rosaria Musciumarra c’è un’altra beffa, perché lei, un corso Os, a pagamento, lo ha seguito a Messina: “Ho speso 2 mila euro per un corso Operatore sanitario a pagamento a Messina. E dopo aver ottenuto l’attestato ho scoperto che era una truffa, che quel foglio non valeva nulla. Un mio collega l‘ha presentato per un lavoro e ha scoperto che non era un corso autorizzato. E’ intervenuta la Procura, siamo finiti a Striscia la notizia. Io ho perso i soldi, tempo, sacrifici,non mi vale neanche il punteggio. Dopo 20 anni di lavoro mi ritrovo così a dover leggere queste cose a dovere combattere per i miei diritti. Ma io penso a loro, a questi ragazzi che non hanno futuro e che non sanno più di chi fidarsi”.

Tempostretto vuol dare voce alle vostre storie, alle vostre testimonianze. Chiediamo a chi può dare informazioni o risposte agli interrogativi di questi ragazzi di farlo. Gireremo le loro domande alla Regione,all’assessore regionale alla Formazione, alla deputazione che ci auguriamo si faccia portavoce di queste istanze. Lo scandalo della Formazione siciliana lascia solo macerie: migliaia di dipendenti che protestano perché sono senza stipendio, docenti che non hanno percepito somme. E poi il capitolo corsisti. L’inchiesta ha accertato come anche su quelle cifre così piccole c’è stato chi ha lucrato e come sulle speranze dei nostri giovani si è trovato il modo di pensare ad altro. L’inchiesta ha svelato retroscena di “scambi di corsisti” per avere più contributi, come se fossero figurine , oppure, peggio, casi in cui quel che arrivava (quando arrivava) in tasca ai ragazzi era sempre meno di quanto erogato dalla Regione all’Ente.

La storia di Annalisa e dei suoi colleghi è il simbolo di una Formazione fatta per tutt’altro. Loro, i tirocinanti, erano solo quei ragazzi mandati a lavorare dalle Piccole suore, che alla fine non hanno avuto il diritto alla dignità di quei 120 euro al mese per mettere la benzina nei motorini o comprare i biglietti del bus. Alla fine persino il diritto all’esame ed all’attestato se lo sono presi da soli, bussando a tutte le porte fin quando qualcuno non ha risposto. E, questo, più di ogni altra cosa è vergognoso. Perché è questo il messaggio che passa alle nuove generazioni. A noi del vostro presente e del vostro futuro non interessa niente.

Così concludeva il post di Annalisa: “Adesso la mia domanda, il mio grido della quale nessuno si fa carico di risposta è " quando daranno a noi corsisti ONESTI ciò che ci spetta punendo i veri colpevoli ? “

A noi interessa il grido di Annalisa, ma possiamo solo raccontare le loro storie. Chi può aiutarli a dare loro un messaggio diverso lo faccia. E aiuti noi ad aiutare i nostri figli.

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Il nostro indirizzo mail è per dare voce e chi non ce l’ha e per dare risposte a chi non le ha avute.

Rosaria Brancato