2 giugno 1946, una data da non dimenticare: l’Italia festeggia la Repubblica

Oggi è il 2 giugno, festa della Repubblica. Non più tardi di 6 anni addietro, un grande giornale italiano condusse un’ inchiesta sul significato della festa. I risultati furono allarmanti.

Quasi il 30% degli intervistati dichiarava di non sapere cosa fosse accaduto il 2 giugno.

Eppure la domanda non era ambigua. Se ne deduceva, non solo una profonda ignoranza, ma, cosa più importante, una mancanza di senso d’appartenenza. Allora, solo il 45% degli intervistati considerava rilevante l’identità italiana, rispetto, per esempio, a quella europea. Oggi, 2 giugno 2014, dopo una tornata elettorale europea, che ha visto l’avanzata dei movimenti euroscettici in tutta l’Europa, tranne che in Italia, si celebra come ogni anno la festa della Repubblica. Un sondaggio come quello effettuato 6 anni fa, produrrebbe lo stesso risultato? Vero è che la gente si è disaffezionata all’idea di Europa unita, forse perché si crede che le politiche dell’Unione abbiano svantaggiato l’economia italiana ma lo stesso sentimento di sfiducia interessa il sistema Italia.

Una festa come quella della Repubblica, per molti, si riduce a una sterile commemorazione ormai vuota di significato dato che gli officianti a questo rito sono lontani dai bisogni della gente, così come lontana è quella data: 2 giugno 1946.

Il 2 giugno era un giorno di festa. Una festa laica, segnata in rosso sul calendario, come il 25 aprile, come il primo maggio. Era festa, tutti i negozi chiusi. Chi non andava alle manifestazioni cittadine, attendeva in televisione, il collegamento che la rai faceva da Roma, dalla capitale, dai Fori Imperiali, dove si svolgeva la parata militare, alla presenza del capo dello stato, e davanti al presidente sfilava la fanfara dei bersaglieri, che a suon di carica spronava la folla ad applaudire e per finire, le scie colorate nel cielo delle frecce tricolori che chiudevano la parata, infiocchettando la festa con le loro acrobazie. Ma oltre alle manifestazioni di facciata, c’era un profondo sentimento popolare che univa tutti ad una repubblica. Gli italiani la sentivano vicina, una conquista a prezzo di enormi sacrifici.

Probabilmente, focalizzare l’attenzione su un avvenimento lontano nel tempo per noi è difficile, soprattutto adesso che i testimoni diretti di quei fatti sono sempre meno e che la globalizzazione ci proietta in una dimensione mondiale, ma il 2 giugno del 1946 è una data da non dimenticare. Un giorno a cui si arrivò passando da tante altre date che segnarono la storia d’Italia, un giorno a cui si arrivò attraverso i bombardamenti che distrussero le città italiane. Messina, città decorata con medaglia al valore militare, ne sa qualcosa.

Quel giorno si decise cosa fare dell’Italia. Si andò a votare dopo anni di dittatura: uomini e donne, non comparse di un programma di varietà, ma artefici di un programma di rinnovamento per un’Italia che usciva disastrata dal secondo conflitto mondiale.

Eppure, basta fare una chiacchierata con i ragazzi che attendono il tram alla fermata, magari quella di Piazza della Repubblica, dopo l’uscita da scuola e per alcuni di loro, la festa della Repubblica è solo un giorno di vacanza prima dell’ultima interrogazione mentre la ragione per cui il 2 giugno sia festa nazionale resta un mistero. Forse, l’ultima interrogazione, dovrebbe vertere proprio sul perché l’Italia è una repubblica. Chissà se col programma di storia si arriva a studiare questo capitolo?

Gabriele Quattrocchi