Politica

Regione Calabria, lunedì il primo Consiglio. Ecco come s’eleggerà il Presidente

REGGIO CALABRIA – Come anticipato dallo stesso neoPresidente della Regione Roberto Occhiuto, lunedì prossimo 15 novembre si riunirà per la prima volta del nuovo Consiglio regionale della Calabria, rinnovato nella tornata elettorale del 3 e 4 ottobre scorsi. Una sorta di plebiscito per il centrodestra, riuscito così ad aggiudicarsi un’ampia soglia di governabilità.

Tre i punti all’ordine del giorno della seduta, che inaugura la dodicesima consiliatura: l’elezione del Presidente del Consiglio regionale, dei suoi due vice e dei due segretari-questori. Ossia, i cinque membri dell’Ufficio di Presidenza dell’Assemblea.

Laghi presidente ad interim

Ferdinando Laghi

Va detto che la presidenza dell’Assise, da nuovo Regolamento interno, spetterà nelle more al consigliere regionale più anziano d’età.
Nello specifico, si tratterà di un consigliere d’opposizione, Ferdinando Laghi (eletto con la lista de Magistris Presidente, a supporto dell’ex sindaco di Napoli Luigi de Magistris), di Castrovillari – cruciale centro della provincia di Cosenza -, 67 anni il 2 marzo scorso.

Gianni Arruzzolo

Quantomeno “visivamente” sarà dunque lunedì prossimo il momento del – molto temporaneo – passaggio delle consegne a Laghi.
E soprattutto dell’arrivederci alla massima carica d’Assemblea per il forzista rosarnese Gianni Arruzzolo, un passato da assessore provinciale, solidi trascorsi istituzionali in Consiglio regionale e politici in Forza Italia (nel 2014 entrò però a Palazzo Campanella con l’Ncd dell’ex Guardasigilli Angelino Alfano).

Redini al leghista Mancuso

Filippo Mancuso (Lega), nuovo presidente
in pectore del Consiglio regionale

Il nuovo presidente del Consiglio regionale, a quanto pare, sarà il leghista Filippo Mancuso, come già ipotizzato da Tempostretto in ragione dei quasi 7mila suffragi conseguiti nella circoscrizione elettorale Calabria Centro.
In ogni caso, toccherà a uno dei quattro eletti della Lega, secondo quanto fatto sapere dallo stesso neoGovernatore Roberto Occhiuto, in seguito a preciso accordo fra le forze della coalizione.
A questo punto, come avevamo evidenziato, al di là delle ottime doti professionali di Giuseppe Gelardi, due erano le probabilità più alte. Che si scegliesse finalmente una donna come presidente del Consiglio regionale, cosa mai accaduta in Calabria, e lì l’opzione unica sarebbe stata la neoconsigliera cosentina Simona Loizzo. Oppure, con maggiori chance, che si puntasse su uno dei due consiglieri riconfermati, e a quel punto presumibilmente su Mancuso, appunto, più votato (e nel medesimo collegio) di Pietro Raso.

Primo quorum: 2/3 dei 31 consiglieri

Indipendentemente dal nome…, il presidente d’Assemblea viene eletto con la maggioranza dei due terzi dei componenti dell’assise (quindi almeno 21 voti: l’Assemblea è composta infatti da 31 consiglieri, ossia i 29 eletti più due membri di diritto, lo stesso Governatore eletto e il miglior perdente tra gli altri candidati alla Presidenza).

Secondo quorum: almeno 16 voti

Nel caso in cui dopo due votazioni nessun candidato abbia ottenuto la maggioranza richiesta, è sufficiente che nel terzo scrutinio, da tenersi il giorno successivo, si ottenga la maggioranza degli aventi diritto (ossia almeno 16 suffragi su 31 consiglieri aventi diritto al voto, appunto).

Dilemma-maggioranza

Il prospetto di Palazzo Campanella
sede del Consiglio regionale calabrese

Politicamente, l‘elezione del Presidente in prima battuta sarebbe un trionfo, perché significherebbe che il candidato individuato avrebbe incassato non solo tutti i suffragi (19) nella disponibilità della maggioranza di centrodestra, ma anche almeno un paio della minoranza.
Un’ipotesi probabile? No. Tutt’altro.
Anche se, naturalmente, bisogna ricordare che le votazioni vengono svolte tutte a scrutinio segreto. Una circostanza che favorisce sorpresone come questa, obiettivamente, sarebbe.

Le “tracce” convergono dunque sull’elezione del candidato alla Presidenza del centrodestra in seconda battuta: cosa più che possibile, visto che per eleggere Filippo Mancuso basterebbero 16 voti, come s’è visto, e invece la maggioranza di centrodestra da sola ne ha 19 a disposizione.
Per questo stesso motivo, la mancata elezione del nuovo Presidente del Consiglio regionale entro la seconda votazione sarebbe però una gravissima battuta d’arresto per una maggioranza così ampia e appena scelta, “a furor di popolo”, dagli elettori calabresi.

Quarta votazione? Ballottaggio

Qualora nemmeno nella terza votazione si ottenga la maggioranza richiesta, si procede, nello stesso giorno, al ballottaggio fra i due candidati in precedenza più votati. Ad essere proclamato, in questa circostanza, sarà il consigliere che otterrà la maggioranza dei voti.

E in caso d’ex-aequo?

Possibile tuttavia che si registri un ex-aequo, insomma la perfetta parità di suffragi riportati: in quel caso, risulterà eletto Presidente dell’Assemblea il più anziano d’età fra i due contendenti.

L’Ufficio di Presidenza

Visto che le votazioni sono separate e che può ben accadere che il Presidente del Consiglio regionale non venga eletto in prima battuta, potranno “nel frattempo” essere eletti gli altri componenti dell’Ufficio di Presidenza (cioè i due vicepresidenti d’Assemblea, uno per la maggioranza e uno per l’opposizione, e i due segretari-questori, sempre col medesimo schema)?
No: l’articolo 6 del nuovo Regolamento prevede esplicitamente che l’Assemblea possa procedere all’elezione degli altri quattro componenti dell’Ufficio di Presidenza solamente dopo aver eletto il suo Presidente.

C’è un nodo-minoranze

Mai come in questo caso, si registra però un “nodo” che attiene ai componenti di minoranza dell’Ufficio di Presidenza.

Infatti le coalizioni presentatesi al cospetto degli elettori calabresi all’inizio d’ottobre erano addirittura 4, e solo una (quella che supportava l’ex Governatore piddino Mario Oliverio) non ha ottenuto seggi.

Questo implica che in Consiglio regionale siederà una maggioranza coesa e foltissima (20 unità, includendo il Presidente eletto, come dicevamo) ma, di converso, una minoranza non altrettanto compatta, suddivisa in due tronconi: i 9 consiglieri del centrosinistra e i 2 consiglieri di de Magistris Presidente.

Minoranze convergenti?

La prima cosa che andrà dunque verificata è se le forze d’opposizione di diversa estrazione vorranno andare “d’amore e d’accordo” in quest’inizio di consiliatura oppure no.
Se intenderanno farlo, potranno accordarsi in modo da designare un candidato unitario per la vicepresidenza d’Assemblea (che verosimilmente andrebbe al centrosinistra) e uno quale segretario-questore di minoranza.

Nicola Irto (Pd), “campione” di preferenze

In questo caso, specialmente nel centrosinistra andrebbe anche operata qualche riflessione.

Istituzionalmente, il più titolato a diventare vicepresidente del Consiglio regionale sarebbe indiscutibilmente Nicola Irto. Si tratta infatti dell’unico esponente dell’opposizione non solo istituzionalmente “anziano” (pur giovanissimo all’anagrafe) insieme al collega di partito Mimmo Bevacqua, ma soprattutto del solo ad avere già avuto i galloni da presidente del Consiglio regionale (quando Governatore era Mario Oliverio) e da vicepresidente (nella sfortunata consiliatura precedente in cui, per un anno circa, Presidente della Giunta fu la compianta Jole Santelli).    

E tuttavia, proprio questo frangente potrebbe alimentare le legittime aspirazioni di chi, nel Partito democratico, un “posto al sole” in Ufficio di Presidenza fin qui non l’ha mai avuto. Per non parlare del fatto che la minoranza più cospicua, appunto quella che attiene al centrosinistra, è composta anche dai consiglieri di Cinquestelle, movimento approdato per la prima volta a Palazzo Campanella. E chi dice che Francesco Afflitto e Davide Tavernise debbano “per forza” restare al palo?

Il precedente-Graziano

…In più, non è affatto detto che il centrodestra se ne resti a guardare.
Sì, perché il Regolamento parla di postazioni “riservate alla minoranza”: insomma, non ci sono dubbi che un vicepresidente e un segretario-questore debbano andare alle forze d’opposizione. Ma a eleggerli, in votazione segreta, è il plenum del Consiglio…

La prassi vuole che al momento di votare per i vicepresidenti e per i segretari-questori, la maggioranza s’esprima soltanto per il candidato di maggioranza e che la stessa cosa si verifichi per la minoranza. Ma la storia recente di Palazzo Campanella ci dice che non è andata sempre così.

Il consigliere dell’Udc Giuseppe Graziano

Basterà ricordare come fu eletto in Ufficio di Presidenza Pino Graziano (oggi udc, all’epoca cidiellino): il leader de Il coraggio di cambiare l’Italia diventò segretario-questore per la minoranza di centrodestra anche grazie a un travolgente numero di suffragi da parte dell’allora maggioranza di centrosinistra.

Peppe Neri, consigliere regionale di Fdi

Un ruolo da kingmaker davvero poco carino e non certo politically correct; ma che potrebbe ripetersi. Quando succedono queste cose, si verificano sempre strascichi pesanti, peraltro: basti pensare che il segretario-questore allora eletto (con meno voti di Graziano…) per la maggioranza di centrosinistra, Peppe Neri, da anni ormai è sempre consigliere regionale, sì, ma nelle fila di Fratelli d’Italia.

Pd, presente e futuro

Amalia Bruni, consigliera regionale del Gruppo misto

In più, è tutto da capire il ruolo che il centrosinistra intenderà riservare all’ex candidata alla Presidenza Amalia Bruni: un posto in Ufficio di Presidenza sarebbe francamente il minimo sindacale. Ma non si può scordare che la Bruni, sollevando un micidiale vespaio di polemiche, scelse di collocarsi nel Gruppo misto anziché nelle fila del Partito democratico.

Non è, questa, la sola considerazione da operare…
Informalmente, tutti sanno che il già citato Nicola Irto ha un’importante “opzione privilegiata” per raccogliere il testimone della guida del Partito democratico quando, a dicembre, si celebrerà il congresso regionale dèm. Ma naturalmente una scelta va fatta: difficile pensare, al di là delle immense preferenze raccolte, a un Irto “asso pigliatutto” che possa rivestire simultaneamente un ruolo magari da vicepresidente del Consiglio regionale e da segretario regionale del Pd.

Il ruolo di de Magistris & C.

Luigi de Magistris in conferenza stampa

Già. Ma i toni intransigenti adoperati in campagna elettorale da Luigi de Magistris e dai suoi, con una violenza verbale in molte occasioni decisamente affilata più contro il centrosinistra che contro lo stesso centrodestra, fa dubitare di una convergenza tra forze d’opposizione.

E allora, in tal caso, bisognerà contare.
Al di là del ruolo del centrodestra, bisognerà capire se gli unici a “remare contro” in tal caso sarebbero Laghi e Antonio Loschiavo; quale sarebbe l’orientamento della Bruni; come si posizionerebbero – qualora insoddisfatti delle trattative interne alla coalizione – i due consiglieri pentastellati.
Uniti, farebbero 5 voti, contro i 6 in capo al Pd. Meditare con largo anticipo sarà importante.