Accorinti senza cravatta, Ardizzone replica postando su Fb un articolo di Panorama

Mentre Accorinti, rimasto fuori dall’Ars perché senza cravatta, protestava contro quello che ha definito un “regolamento medievale”in un Palazzo “dove c’è gente in giacca e cravatta che ha stuprato la Sicilia”, lui, il presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana Giovanni Ardizzone, non ha replicato. Anche nelle ore successive mentre infuriava la polemica e fioccavano commenti pro e contro non è intervenuto, ma oggi, senza commentare oltre, ha postato sul suo profilo Facebook un articolo pubblicato su Panorama il 19 giugno 2013,del professor Stefano Zecchi di Milano, dal titolo “Una trasgressione stupida e narcisistica”. Il docente di estetica dell’Università di Milano commentava la scelta del vicepresidente della Camera Roberto Giacchetti che ha presieduto una seduta d’Aula in giacca ma senza cravatta.

Facendo un passo indietro, al 6 dicembre 2012, quando l’Ars si era insediata da pochi mesi e il primo governo Crocetta muoveva i primi passi, era stato proprio Ardizzone, neoeletto Presidente, a rimproverare bonariamente l’ex assessore regionale Franco Battiato che, unico tra i presenti, era arrivato in Aula con il suo consueto stile, cioè giacca e dolcevita. L’esponente dell’Udc gli aveva ricordato l’esistenza di un regolamento che prevede, per tutti, appunto la giacca e la cravatta (Battiato poi rispettò la norma). Regolamento peraltro uguale a quello del Parlamento, anche se con sfumature diverse tra le due Camere (la cravatta è obbligatoria al Senato, così come all’Ars dove i deputati sono equiparati ai senatori sotto una serie di aspetti). Battiato per la verità restò poco sulla poltrona e fece notizia non per i fatti quanto per altro, come la nota frase pronunciata a Bruxelles a proposito “delle troie che stanno in Parlamento”. Un anno dopo, il 4 dicembre 2013 fu la volta di Accorinti in jeans e t-shirt , approdato all’Ars per parlare di Città Metropolitana. In quell’occasione fu fatto entrare in deroga e gli furono illustrate le regole. “Non lo sapevo, io comunque non indosso mai la cravatta, in ogni caso,se dovessi farlo, la metterei sopra la maglietta”. Poche settimane dopo l’Ufficio questori dell’Ars, anche in seguito ad un caso analogo che si era verificato nei giorni successivi alla visita di Accorinti, varò un regolamento che ribadiva i termini del primo.

Tornando alla riunione sui trasporti, alla quale era indispensabile e auspicabile che Messina fosse rappresentata dal suo sindaco, con o senza cravatta,perché “l’unico stupro” da evitare, anche grazie al suo intervento, è quello delle Ferrovie nei confronti della città dello Stretto, è chiaro che Accorinti conosceva già il regolamento. Peraltro il sindaco, tra le dichiarazioni di fuoco rilasciate fuori dall’Ars, non ha detto una parola sull’argomento che doveva essere affrontato, giusto per conoscere la sua proposta, che invece è stata resa nota il giorno dopo, da un comunicato stampa con la lettera indirizzata al Ministro Lupi.

Ardizzone quindi non ha replicato a nessuna delle accuse, né sul momento, né il giorno dopo (sono invece intervenuti i deputati messinesi Beppe Picciolo e Nino Germanà). Oggi il post con l’articolo di Zecchi che affianca l’immagine di Giacchetti che presiede l’Aula senza cravatta a quella di Papa Bergoglio che ha rivoluzionato il guardaroba per sottolineare l’approccio pauperistico alla Chiesa e ne sottolinea le profonde differenze. “L’abito è un linguaggio, una forma di comunicazione talvolta più eloquente delle parole”, scrive Stefano Zecchi su Panorama citando i due diversi esempi “La trasgressione pontificia però non è lontanamente paragonabile a quella del vicepresidente della Camera che si è presentato a presiedere l’Aula senza cravatta. Il segnale non verbale che è arrivato risponde al tentativo di declassare un’istituzione verso la quale invece il rispetto dovrebbe essere ultrasoggettivo e quindi sancito anche da un rispetto collettivo del dress code. Una comunicazione estetica che d’altronde va di pari passo con l’imbarbarimento della comunicazione politica, ormai piena di ricorsi al turpiloquio. Il messaggio che si tenta di far passare rinunciando alla cravatta è: la Camera non è più un’istituzione cui si deve rispetto. C’è pure una non sottovalutabile componente narcisistica. Il messaggio è: prima ci siamo io e la mia libertà, poi viene l’istituzione”.

Il professore Zecchi spiega poi di essere, come ormai la stragrande maggioranza degli uomini, allergico alla cravatta e di non indossarla,da buon ex sessantottino, da decenni, se non nelle occasioni nelle quali è richiesto “così la metto sempre in Chiesa,l’ho messa alla comunione di mio figlio,non la indosso per le lezioni all’Università, ma la tiro fuori dall’armadio quando devo andare a parlare con il Rettore o con un rappresentante delle Istituzioni. Bisogna anche considerare che sfacciataggine attira sfacciataggine,se si pretende rispetto verso se stesi è doveroso presentarsi in modo sobrio e inattaccabile. Questo vale per tutti i giorni, figuriamoci per la Camera”.

Ardizzone replica quindi in modo indiretto ad Accorinti attraverso l’articolo del 2013 di Panorama. Fa riflettere il riferimento di Zecchi all’ingresso in chiesa con la cravatta,perché è indubbio che chiunque, atei compresi, quando entra in una chiesa per assistere ad una cerimonia, sta attento a quel che indossa, e alle turiste in short o scollate viene dato un foulard per coprirsi senza che per questo replichino stizzite: “Eh, ma in queste Chiese ci sono stati un mucchio di preti pedofili”.

L’unica amarezza che resta è che per 48 ore è passato in secondo piano il vero “nodo” che sta a cuore a tutti noi: le sorti dello Stretto.

Rosaria Brancato