L’ex Direttore Conte si difende: “E’ in atto un omicidio mediatico nei miei confronti”

“C’è qualcuno che ha deciso che devo essere io il capro espiatorio di tutti i mali dell’Atm, ma non aveva fatto i conti con il fatto che io non ci sto”. L’ex Direttore generale dell’azienda trasporti Claudio Conte non si è trincerato dietro il silenzio e anzi ha voglia di parlare e spiegare la sua versione dei fatti dopo l’esposto presentato in Procura dal Commissario dell’Atm Domenico Manna e dal Direttore generale facente funzioni Ferdinando Garufi. “Siamo veramente alla fantasia” commenta Conte dopo aver appreso dai giornali il contenuto della denuncia depositata ieri in Procura. Sei pagine in cui Manna, Garufi e alcuni testimoni raccontano dettagliatamente quanto accaduto domenica scorsa in via La Farina. (vedi articolo correlato).

Per Conte tutti i fatti raccontati non sono riconducibile ad altro se non che allo sgombero dei locali che ha occupato per anni. Perché però avrebbe atteso di farlo il giorno dopo la scadenza del contratto, quando dunque non era più autorizzato? La domanda, naturalmente, potrebbe sorgere spontanea e l’ex direttore risponde immediatamente.

“Pur avendo ricevuto la notifica del ‘non rinnovo’ del mio contratto lo scorso 4 luglio, in realtà ho atteso l’approssimarsi della scadenza del 5 ottobre per attivarmi nello sgombero dei locali – sempre mantenuti nella mia disponibilità – da effetti e documentazione personale degli ultimi quindici anni, in quanto confidavo nell’esito favorevole del mio ricorso gerarchico al Commissario Manna ed al Sindaco. Ragion per cui nei quindici/venti giorni antecedenti i fatti denunciati mi sono costantemente recato nel mio ufficio per procedere nello sgombero e nel riordino di tutto l’indicato materiale, sotto gli occhi di tutti”.

Conte spiega anche che la possibilità di accedere agli uffici era stata è riconosciuta addirittura dagli stessi denuncianti che lo scorso giovedì 10 ottobre, quindi dopo l’episodio, gli avrebbero consegnato un provvedimento del 7 ottobre nel quale, dopo aver ribadito di aver autorizzato l'accesso agli uffici dal 4 luglio 2013 fino al 5 ottobre 2013 per asportare beni personali, avrebbero, su richiesta, consentito l'accesso, con modalità indicate dal direttore facente funzioni.

Conte ripercorre gli stessi episodi raccontati nell’esposto e fornisce la sua lettura dei fatti. “Come ho avuto già modo di riferire, detenevo unicamente le chiavi che consentivano l’accesso alla stanza da sgomberare, ma non anche quelle della stanza oggetto della asserita forzatura, che nei giorni antecedenti risultava chiusa a chiave in entrambi gli accessi, nonostante anch’essa contenesse miei effetti e documenti personali. E’ certamente singolare che fino alle ore 19.25 di domenica scorsa, orario in cui ho ricevuto la telefonata del Commissario Manna con la quale egli mi invitava a lasciare il locale, tutto era perfettamente in ordine, e che soltanto dopo si siano verificati i fatti denunciati. E’ inoltre evidente che non ha alcun senso immaginare che io sottragga documenti da locali ai quali avevo avuto libero e legittimo accesso negli ultimi quindici anni e comunque fino a quel momento nella mia qualità di D.G. mantenuta fino al 5 ottobre”.

Conte ritiene infondato anche qualsiasi collegamento con gli altri fatti accaduti nelle ultime settimane in casa Atm. “Non ha senso mettere in relazione i fatti con la nota attività dell’Ispettore del Ministero delle Finanze insediatosi qualche giorno fa, a quanto sembrerebbe, proprio nella stanza oggetto di forzatura, dal momento che proprio il giorno dopo, martedì 8 ottobre, sono stato da quest’ultimo serenamente ascoltato – su mia istanza – per circa tre ore, consegnandogli proprio parte di quei documenti personali custoditi ancora adesso nella mia stanza, e per i quali, a voler tener conto di quanto riferito essere accaduto nell'esposto riassunto dalla stampa, nutro qualche preoccupazione”.

Nel tentativo di comprendere cosa stia accadendo, Conte ipotizza e subito allontana anche l’ipotesi che tutto sia stato “architettato” per dare fondamento alla scelta del Commissario Manna di licenziare l’ex direttore in previsione di un ipotetico ricorso al Giudice del Lavoro. “Non voglio neanche pensare che le diverse azioni nei miei confronti iniziate lo scorso 4 luglio con il mio “non rinnovo” siano riconducibili all’ansia del Commissario di ricercare motivi che confermino a posteriori la cessazione del rapporto fiduciario in previsione di mie possibili (ed ora certe!) azioni legali a tutela o, peggio, riconducibili a recenti notizie di stampa che hanno riguardato direttamente l’operato del Commissario Manna”.

Il motivo che sta alla base di quanto accaduto per l’ex direttore è solo il frutto di come il Comune ha gestito l’Atm negli anni. “Penso, in termini di certezza, che il tutto, compreso il tentativo di “omicidio mediatico” in corso, sia riferibile allo scontro decennale di cui notoriamente ho patito in prima persona le conseguenze, fra la dirigenza Atm e parte della burocrazia comunale, di cui il Commissario Manna è un ottimo esponente, incentrato sulla gravissima questione del disallineamento fra i bilanci dei due Enti, che ha portato al default dell’Atm”.

Dunque nessun mistero da svelare, né complotto da smascherare, secondo Conte. La sua verità è questa ed è pronto a ribadirla in qualunque sede, anche in quella legale. Di certo ci sono quelle sei pagine di esposto che adesso la Magistratura dovrà esaminare, c’è la replica di Claudio Conte e c’è un’azienda che negli anni è stata ridotta allo sfascio. Le responsabilità sono sicuramente molteplici. Sbrogliare la matassa non sarà certo facile.

Francesca Stornante