Pd siciliano tra i fuochi degli anti-Renzi e della sconfitta alle Regionali

L’asse Pd tra Roma e Palermo si fa sempre più traballante mentre anche le “sirene” dei fuoriusciti, dopo l’assemblea di ieri e l’incoronazione del presidente del Senato Pietro Grasso ad “anti-Renzi”, si fanno più pressanti nell’isola.

Il Pd siciliano prova a fronteggiare l’onda d’urto delle Regionali e le rese dei conti in attesa che nei prossimi giorni Renzi arrivi nell’isola per placare gli animi.

L’area renziana siciliana vuole la testa del segretario regionale del partito Fausto Raciti, ritenuto l’unico colpevole della sconfitta, responsabile d’aver consegnato a Leoluca Orlando le sorti di una campagna elettorale già difficile.

Per la verità le colpe della disfatta sono molteplici e non è Raciti il solo capro espiatorio, né si può pensare che l’esito delle urne sia dipeso da due mesi di campagna elettorale. Le origini del guaio hanno radici più profonde ed affondano nella pervicacia con la quale gli ex assessori del Pd nel governo Crocetta sono voluti restare nelle poltrone fino all’ultimo minuto, pensando che la farsa del litigare di giorno e far pace la notte col governatore passasse inosservato.

Le colpe della sconfitta sono equamente distribuite, perché se Micari è stato scelto da Orlando è pur vero che tutti hanno acconsentito ai diktat del sindaco di Palermo sin dalla primavera. Se Crocetta ha lasciato macerie è altrettanto vero che non era solo alla guida della ruspa ma erano in tanti.

Vi è anche da dire che l’area renziana dalle urne è uscita rafforzata, così come gli uomini di Cardinale. E questo è un dato di fatto che anima la richiesta di resa dei conti.

Faraone e i suoi hanno chiesto di commissariare Raciti, il quale, sin dagli esordi aveva chiaramente dimostrato di non essere in guerriero e di non aver battuto ciglio quando ex lombardiani, ex cuffariani, ex di destra, negli anni delle fuga verso il Pd, non solo entrassero nel partito ma ne prendessero le redini. Anzi è stato proprio il suo non essere guerriero a piacere a tutti gli altri nel Pd.

Sentendo venti di guerra e quindi aria di nuove divisioni Renzi ha stoppato la direzione Pd prevista per oggi ed ha annunciato la sua visita in Sicilia tra domani e giovedì.

Frattanto proprio ieri a Roma i dalemiani, bersaniani, speranziani e la sinistra hanno dato lo start alla campagna per le Politiche del fronte anti-Pd ed anti-Renzi.

Sebbene Grasso abbia dichiarato di non voler tecnicamente guidare il nuovo partito, sarà lui il candidato premier (al partito ci penserà con ogni probabilità D’Alema, con un balzo nel passato uguale a quello che a destra sta facendo Berlusconi).

Dicembre volerà in un baleno e il Pd deve sbrigarsi se non vuole replicare a marzo quanto accaduto a novembre in Sicilia.

Rosaria Brancato