Porto di Tremestieri, rischio paralisi. La Regione vuole riesaminare il progetto

Il rischio è più concreto che mai. Dopo il rinvio dello scorso mese, la Commissione regionale lavori pubblici ha dato il proprio responso e non è quello atteso. Il progetto definitivo del porto di Tremestieri dovrà andare prima a Roma, al Consiglio superiore dei lavori pubblici, e poi a Palermo, in Commissione regionale. Tradotto: si perderanno altri mesi prima dell’approvazione. Se i lavori non inizieranno quest’anno una parte dei finanziamenti andrebbe persa e potrebbe persino saltare l’offerta di gara. A un certo punto ci si potrebbe trovare col progetto finalmente approvato, ma senza abbastanza soldi né un’impresa per realizzarlo. Un cane che si morde la coda.

Per non perdere 7 dei 28 milioni arrivati dal Ministero, infatti, serve che i lavori del porto siano ad uno stato di avanzamento di circa il 10 % entro il prossimo 31 dicembre ma, stando così le cose, sarebbe già un miracolo se in quella data i lavori fossero appena iniziati. Per raggiungere quella percentuale, l’obiettivo è, o forse era, quello di cominciare al massimo a novembre, subito dopo la firma del contratto d’appalto, addirittura in contemporanea alla redazione del progetto esecutivo, anticipando la parte dei dragaggi.

Ed invece bisognerà attendere un doppio esame, con tutte le prescrizioni che potrebbero arrivare. Alla Regione non sono così pessimisti: l’idea è che il parere nazionale sia formale e che quello tecnico regionale possa arrivare nell’arco di un mese e mezzo, anche perché quasi tutte le autorizzazioni sono già state acquisite. Difficile, però, che tutto possa completarsi in così poco tempo.

E dire che nell’ultima riunione romana del 29 aprile, l’assessorato regionale alle infrastrutture, rappresentato dall’arch. Giovanni Rotondo, aveva espresso l’orientamento di riconoscere la legittimità in capo alla stazione appaltante, l’unica procedura che consentirebbe di non impiegare tempi lunghissimi per l’approvazione. Sempre in quell’occasione l’arch. Rotondo aveva preannunciato il responso definitivo e ufficiale entro una settimana. Il responso è arrivato dopo un mese e mezzo ed è opposto rispetto a quanto preannunciato. Un altro esempio che induce a pensare che gli eventuali tempi di approvazione del progetto definitivo potrebbero prolungarsi a dismisura.

Le motivazioni della decisione della Commissione regionale sono legate ad un parere dell’Ufficio legislativo e legale della Regione, che ritiene necessari i due passaggi in quanto il finanziamento è statale per più del 50 % rispetto all’importo dell’appalto, che ammonta a 72 milioni. Infatti 41 di questi dovranno arrivare proprio dello Stato: i 28 già incassati più 6 e mezzo dal Provveditorato Opere Pubbliche e altri 6 e mezzo dal Pon Reti e Mobilità; questi ultimi 13, tra l’altro, sono stati promessi e individuati ma non ancora ufficializzati.

Il Dipartimento Regionale alle Infrastrutture ha chiesto al Comune questo piano finanziario, proprio per valutare il superamento della soglia del 50 %, ed anche di indicare chi sarà la stazione appaltante. In questo momento è Palazzo Zanca, nelle intenzioni sarà l’Autorità Portuale, che però non vuole accollarsi quest’onere prima di aver chiarito la fattibilità dell’opera.

“Il responso è peggiore di quello che ci aspettavamo – dice il segretario generale dell’Autorità Portuale e responsabile unico del procedimento, Francesco Di Sarcina -. Non solo la Regione ritiene di dover esprimere il proprio parere ma vuole anche quello del Consiglio superiore, che senso ha una doppia approvazione? Il parere dell’Ufficio legale regionale a prima vista non sembra sufficientemente motivato perché non ha riferimenti normativi, non si può pensare che ogni fonte di finanziamento pretenda una propria approvazione. Se avessero accordato i poteri speciali come richiesto non saremmo in queste condizioni. Andrò subito a parlarne al Ministero, serve una soluzione chiara e precisa. Siamo preoccupati perché il tempo corre e una decisione del genere, a questo punto, rischia di far saltare tutto”.

(Marco Ipsale)