Un tocco d’arte a Torre Faro: il consiglio comunale approva il piano del colore

C’è il sole ma anche il mare. La feluca e la lampara. La stella marina e la conchiglia. E c’è, ovviamente, lo Stretto. E’ affascinante l’idea di base del Piano del colore di Torre Faro, che stamani ha superato le “colonne d’Ercole” di un ancora intorpidito consiglio comunale. L’aula ha approvato la delibera che aveva un po’ spaccato la giunta Buzzanca, tra chi l’ha proposta, l’assessore ai Lavori pubblici Gianfranco Scoglio, e chi, invece, non la considerava una priorità del momento, come l’assessore all’Urbanistica Pippo Corvaja, che aveva espressamente manifestato le proprie perplessità pochi mesi fa: «Doveva essere propedeutico al nuovo Piano regolatore – la sua dichiarazione – così non ha significato poiché si limita ad una sola zona escludendo tutte le altre. Il piano del colore deve essere coevo al piano regolatore». Con buona pace di Corvaja, il Piano è passato, anche se lungo la sua strada troverà ancora altri passaggi burocratici: il Cru (Consiglio regionale urbanistica), che dovrà dare il via libera definitivo, e la Soprintendenza, che ha già espresso un parere di massima favorevole riservandosi eventuali pronunciamenti successivi dopo il responso del Cru stesso.

Il Piano, in realtà, è qualcosa di più di un semplice regolamento sui colori da utilizzare nel bro marinaro di Torre Faro. L’obiettivo è un restyling dell’intera area «mediante la pianificazione del colore dei manufatti e dell’arredo degli spazi urbani». Non si può nemmeno limitare alla giunta Buzzanca la paternità dell’atto. Tutto nacque quando sindaco era Francantonio Genovese, con l’incarico affidato all’architetto Annalisa Carrozza. Il Piano del colore rientra nell’intervento di “Riqualificazione urbana e funzionale del villaggio pescatori di Torre Faro”, a sua volta incluso all’interno del Pit 12 denominato “Eolo, Scilla e Cariddi”. Al centro del Piano l’area costiera e della via principale di Torre Faro, suddivisa in sei comparti: il primo tra via Primo Palazzo e via Nuova, il secondo tra via Nuova e largo Cavallaro, il terzo si snoda lungo via Lanterna; il quarto si concentra attorno a via Pozzo Giudeo; il quinto comprende la fascia tra le vie Fortino e Biasini ed il sesto l’area tra via Biasini e Torre Bianca.

Al di là dei colori, l’idea di fondo è quella di realizzare grandi “icone” nei cosiddetti fronti ciechi di alcuni edifici del borgo, con il tema dominante che è ovviamente il mare e l’ispirazione unica che è l’arte di Gaudì. Proprio qui entra in gioco la suddivisione in compart: nel primo le “icone” dello Stretto, del sole, della feluca, del mare, dell’ancora e della stella marina; nel secondo il pescespada; nel terzo il granchio, il cavalluccio marino, la ceramica di mare, l’alga e la barca dei pescatori; nel quarto la conchiglia, il timone, la bitta e i gabbiani; nel quinto comparto, lo scoglio, la medusa e il polipo; nel sesto, infine, lampara, l’oleandro e l’onda. (Nell’immagine una bozza dell’icona dello Stretto).