Politica

Rete Civica: “No al Ponte, no all’aeroporto. A Messina si vive di rassegnazione…”

Anche Rete civica per le infrastrutture interviene sul dibattito legato all’aeroporto del Mela ed alla proposta presentata dalla parlamentare Matilde Siracusano, alla quale è seguita la replica del prof. Limosani che ha definito l’opera “inutile”. Di seguito la nota di Ferdinando Rizzo

Gentile direttore, dopo aver letto l’articolo dell’amico Michele Limosani, in risposta alla proposta di legge di Matilde Siracusano, sulla inopportunità della realizzazione di un aeroporto a Giammoro,  sorge spontanea una domanda: in un territorio povero sono inutili le infrastrutture o, piuttosto, un territorio è povero perché privo di infrastrutture?

Secondo le teorie economiche dei marginalisti sposate dal PD con il ministro Delrio e oggi seguite da Grillo e dal M5S, l’utilità di un bene ha senso solo lì dove sia elevata la domanda e vi sia un ritorno economico immediato. E’ infatti prevalente il criterio microeconomico cioè dell’utile prodotto dall’opera, rispetto a quello macreconomico di crescita sociale complessiva del territorio. I teorici dell’utilità marginale, che infatti inizialmente erano capitalisti e liberisti, non sono interessati ad una prospettiva di sviluppo a lungo termine ma solo al vantaggio immediato.

Il problema è che le infrastrutture servono li dove il sistema economico è più debole per garantire crescita del territorio, coesione sociale, occupazione.

Se si fossero applicate le tesi marginaliste negli Stati Uniti nel 1863 non avrebbero mai costruito il ponte di Brooklyn, dato che a New York allora abitavano solo 250.000 abitanti e Manhattan era un’isola verde popolata da pescatori e agricoltori. E non sarebbe mai sorta Dubai con il suo immenso porto hub da 60 km di banchine, o con il suo gigantesco aeroporto, con i suoi grattacieli dato che nel 1968 abitavano nel deserto solo un migliaio di pescatori di perline con le loro famiglie. E mai gli americani avrebbero investito nello stesso anno nell’aeroporto di Cancun che sino ad allora era solo un territorio roccioso a due passi dalle rovine Maya, con intorno il deserto.

A Messina impera la cultura della rassegnazione: qui nulla è utile e niente è possibile.

Eppure i numeri del nostro isolamento dicono altro. Ad esempio come a Fontanarossa su 10 milioni di transiti l’anno circa 1,5 milioni siano cittadini con residenza nella provincia di Messina, e dei 2 milioni di turisti veri, circa 1,2 milioni siano destinati a Taormina, Giardini Naxos, alle isole Eolie e in piccola parte alla fascia tirrenica. Dicono ancora che Tindari muova circa 500.000 turisti religiosi ma solo 30.000 siano i pernottamenti in un’area straordinaria come la città di Milazzo ed il suo Capo. Per non parlare di altre realtà attraenti come Capo Calavà, Capo d’Orlando o Montalbano Elicona con i Nebrodi del tutto irraggiungibili.

Il tutto mentre altri 100.000 messinesi (negli ultimi anni ridotti a 50.000) volano ogni anno da e per Reggio Calabria.

Un aeroporto sulla zona tirrenica avrebbe come vantaggio quello di servire ben oltre 1,2 milioni di persone e di creare finalmente un sistema turistico e commerciale nuovo capace di attrarre investimenti su tutta la fascia tirrenica. Grazie ai contributi europei per le isole ci sono ben 29 aeroporti nelle piccolissime isole greche che producono un numero di turisti 10 volte maggiore ai soli 4,5 milioni di non residenti prodotti dalla Sicilia o i 4 aeroporti delle Baleari, capaci di servire 20 milioni di turisti l’anno. O i 9 aeroporti delle piccolissime Azzorre.

C’è qualcosa di strano a Messina per cui nulla si può fare pur essendo il nostro porto il primo in Italia per passeggeri con 8,5 milioni di transiti nello Stretto ma si arriva a 10 milioni se si considerano anche le altre movimentazioni.

Noi crediamo che le infrastrutture servano non solo ai territori già ricchi ma soprattutto a quelli in via di sviluppo o emarginati per attrarre, risorse, ricchezza, occupazione. Immaginate, per un attimo, l’isolamento di Catania e Palermo senza aeroporti.

Vogliamo il ponte sullo Stretto, come l’aeroporto, come le ferrovie ad alta velocità, come i termovalorizzatori, tutto ciò che trasforma un territorio povero e degradato in un area ricca, felice e pulita.

Vorremmo essere normali ma c’è sempre chi ci ricorda che l’unica speranza resta emigrare.

Fernando Rizzo

Rete Civica per le Infrastrutture