Doppio incarico: cinque sentenze confermano l’incompatibilità. Servirà la sesta?

Il doppio incarico è incostituzionale. Questo è ormai acclarato. Le cariche di sindaco e di deputato regionale (ma anche nazionale) non sono cumulabili. E anche questo è acclarato. Chi amministra, nelle vesti di primo cittadino o di assessore, una città con più di 20 mila abitanti, non è nelle condizioni, secondo la Costituzione, di assolvere al ruolo di parlamentare all’Ars o, nel caso dei sindaci, di deputato o senatore a Roma. Un concetto che, loro malgrado, hanno fatto proprio i vari Ardizzone, Romano, Scoma, Caronia, Caputo, Stancanelli, Nicotra, Dina, Federico. Tutti “affetti” da doppio incarico dopo le ultime elezioni del 2008, tutti dimessi da una delle due cariche per via delle varie pronunce della Corte. Resiste Giuseppe Buzzanca, sindaco di Messina, parlamentare regionale del Pdl. Resiste perché, ripete spesso, da deputato riesce a tutelare meglio gli interessi di Messina. Resiste perché quando è stato eletto sindaco da deputato già in carica la legge glielo consentiva. Resiste perché i suoi legali gli hanno suggerito di resistere. Eppure sono state ben cinque le sentenze che dall’aprile 2010 a pochi giorni fa hanno definito illegittima la posizione di Buzzanca.

La prima sentenza è la n. 143 dell’aprile 2010 della Corte Costituzionale: dichiara l’illegittimtià costituzionale della modifica apportata nel dicembre 2007 (guarda caso a pochi mesi dalle elezioni) alla legge regionale n. 29 del 20 marzo 1951, nella parte in cui non prevede l’incompatibilità tra l’ufficio di deputato regionale e la sopravvenuta carica di sindaco e assessore di un Comune con popolazione superiore a ventimila abitanti. Il 17 novembre 2010 è la Sezione Civile del Tribunale di Messina a dichiarare «la sussistenza di una causa di incompatibilità tra la carica di deputato della Regione Sicilia e di sindaco del Comune di Messina, rivestite da Buzzanca Giuseppe», ma al tempo stesso viene rigettata la richiesta di decadenza dalla carica di sindaco. Questo perché, secondo il Tribunale, l’eventuale decadenza sopravvenuta dovrebbe riguardare la carica di deputato e non quella di sindaco. I legali di Buzzanca presentano appello perché il Tribunale di Messina, a loro avviso, sarebbe andato oltre quanto chiesto nel dichiarare la sussistenza dell’incompatibilità. Ma il 16 maggio 2011 la Corte d’Appello rigetta il ricorso e conferma, di fatto, l’incompatibilità.

Arriviamo alle ultime settimane. Particolarmente importante è la sentenza n. 277 del 22 ottobre 2011 della Corte Costituzionale: è il caso che ha portato alle dimissioni da deputato del sindaco di Catania Stancanelli. La sentenza assume una certa rilevanza perché chiarisce che la decadenza sopravvenuta per incompatibilità può riguardare entrambe le cariche per effetto del «naturale carattere bilaterale dell’ineleggibilità il quale finisce per tutelare non solo la carica per la quale l’elezione è disposta, ma anche la carica il cui esercizio è ritenuto incompatibile con la candidatura in questione». Se questo ragionamento fosse stato sviluppato dal Tribunale di Messina, con ogni probabilità il 17 novembre 2010 Buzzanca sarebbe stato decaduto. Anzi no, perché allora era in vigore la leggina che rinviava al terzo grado di giudizio l’obbligo di optare. Leggina dichiarata incostituzionale con la sentenza n. 294 del 7 novembre 2011 della Corte Costituzionale: sentenza con la quale viene confermatal’incompatibilità tra le cariche di sindaco e di deputato e viene, appunto, “stracciata” la leggina nella parte incui prevede che «ove l’incompatibilità sia accertata in sede giudiziale, il termine di dieci giorni per esercitare il diritto di opzione decorre dal passaggio in giudicato della sentenza».

Queste le cinque sentenze già pronunciate. Buzzanca, di fronte a queste, ha deciso di resistere. Ma ne potrebbe arrivare una sesta, abbastanza presto. E di fronte a quella sentenza il sindaco potrebbe anche non avere più la facoltà di scegliere. Per il 6 dicembre, infatti, la Cassazione ha fissato l’udienza per la discussione del ricorso fatto da Giuseppe Rodi (vecchia conoscenza “giudiziaria” di Buzzanca) inerente la richiesta di decadenza dalla carica di sindaco. La sentenza della Corte Costituzionale che ha affermato, di fatto, la “bilateralità” della incompatibilità e quindi della eventuale decadenza, potrebbe rappresentare la chiave di volta anche per la pronuncia della Cassazione. Staremo a vedere. I comuni denominatori in tutta questa vicenda sono essenzialmente tre: il protagonista principale, Buzzanca; l’antagonista, l’avvocato Antonio Catalioto, estensore di tutti i ricorsi andati a sentenza; l’incompatibilità tra le due cariche e dunque l’illegittimità del doppio incarico. Che c’è, si vede, ma qualcuno fa finta di non vedere.