Necessarie strutture di accoglienza pubbliche. Duro monito di Alecci: «Troppi soldi in mano a chi non li merita»

A riempiere la sala tanti semplici cittadini, volontari e non, desiderosi di condividere una serata importante non solo per la famiglia dei padri Rogazionisti ma anche per la società civile. Per un momento il pensiero non può che volare a Maria Das Gracas, la donna trovata morta a San Raineri per malattie, freddo e stenti e a quante, esattamente come lei, magari anche mamme, vivono una simile condizioni di disperazione. Un problema, quello della mancanza di strutture sufficienti per l’accoglienza dei senza fissa dimora, da non sottovalutare. Lo si capisce bene attraverso in numeri: in una città che conta poco meno di 250 mila abitanti, e che, anche per la posizione geografica, rappresenta un naturale crocevia, sono all’incirca 40 i posti letto per senza tetto o disagiati (13 della Casa maschile, sempre a Cristo Re, i 12 del Don Orione, i 15 di della Casa di accoglienza di Provinciale), a cui da oggi ai aggiungono i 12 della nuova casa femminile. Carenze che andrebbero colmate anche con il supporto di un’adeguata struttura pubblica di cui Messina è purtroppo sprovvista.

Ecco perché l’Istituto Cristo Re, riprendendo l’espressione utilizzata dal padre provinciale Angelo Sardone, rappresenta un vero e proprio polo di carità, per minori e adulti. Un aiuto fondamentale sia quello offerto alle Case di accoglienza, che alla mensa, fra i cui tavoli tante storie di vita sono state accolte e raccolte, ciascuna delle quali rappresenta un piccolo pezzo di quotidianità fatta di stenti. Sono stati anche questi i messaggi che i “padroni di casa” hanno voluto lanciare ai tanti ospiti eccellenti che hanno occupato le prime ma anche le seconde file: Mons. Calogero La Piana, il prefetto Alecci, il sindaco Buzzanca, gli assessori Miloro, Caroniti e Sparso, il presidente del consiglio comunale Previti, gli onorevoli Stagno D’Alcontres, Garofalo e Genovese, il deputato regionale Rinaldi.

Breve intervento per Mons. La Piana, che dando enfasi alle parole già pronunciate da padre Sardone, ha definito l’opera di padre Annibale e quella dei tanti volontari, la manifestazione concreta del segno di Dio nella città di Messina, sempre vicino alle esigenze dei poveri.
Intervento duro quello del prefetto Alecci. Quest’ultimo, nel riconoscere l’importanza sociale rappresentata dalla nuova struttura che colma le mancanze di un apparato statale incapce di offrire assistenza, ha recitato un “mea culpa” in nome dell’istituzione che rappresenta: «Mi domando: cosa hanno fatto fino ad oggi le tante donne che da qui a breve, in questa casa, potranno avere un punto di riferimento?». Con parole decise, Alecci ha poi condannato quell’ingiustizia sociale che contrappone, purtroppo, ai tanti poveri della nostra società, la sconsiderata ricchezza di troppi, e lo fa senza mezzi termini: «Ci sono tanti indigenti, ma ci sono anche tante persone che non meritano di avere tutti i soldi che hanno e che questa sera non meriterebbero neanche di stare seduti in questa sala. Purtroppo però, proprio in forza del loro patrimonio economico, non so guadagnato come, rappresentano un punto di riferimento per tanti». Parole inattese ma applaudite e condivise da tutti. Almeno formalmente.

Più soft, ma con “sorpresa” finale, l’intervento del primo cittadino: «Ricordo bene cosa mi disse padre Paolo quando inaugurammo la struttura maschile: non sapeva ancora come, ma era certo che quel sogno non sarebbe rimasto a metà e oggi siamo qui a festeggiare per un desiderio che si realizza. Faccio i miei complimenti per il lavoro svolto e per la tenacia con cui è stato portato avanti il progetto. Noi cerchiamo di fare la nostra parte e annuncio che a breve partiranno i lavori di restauro dell’edificio sacro di Sant’Antonio, grazie ad un finanziamento di 700 mila euro ottenuto dopo la visita di Matteoli in città, quando lo portai proprio a fare visita alla Chiesa. Anche questo è un segno importante». Una buona notizia a cui al più presto speriamo si accompagni quella del progetto per la realizzazione di una casa di accoglienza pubblica, accessibile a quanti, e sono tanti, non hanno come sfamarsi. (ELENA DE PASQUALE)

(FOTO STURIALE)