Addiopizzo: ecco la lista dei messinesi “antiracket”. Una firma per dire “pago chi non paga”

Fu il primo a dire no al “geometra Anzalone”, e non si limitò a dirglielo al telefono e poi a denunciare l’estorsione ai carabinieri in quel gennaio 1991, ma lo scrisse anche al Giornale di Sicilia, con l’ormai nota lettera indirizzata al caro ignoto estortore. Fu lasciato solo Libero Grassi nella Palermo del racket ed il 29 agosto 1991 fu ucciso per dare un segnale a tutti gli altri: guai a ribellarsi al pizzo.

Nel ventiduesimo anniversario della sua morte sono numerose le iniziative in Sicilia ed anche Addiopizzo Messina ha scelto questa giornata simbolicamente per rendere nota la lista dei messinesi che si sono impegnati a sostenere con i loro acquisti i commercianti e gli imprenditori che hanno denunciato il pizzo.

Leggere nell’isola gli elenchi di quanti hanno aderito all’idea, così come le liste dei commercianti antipizzo rende comunque concreta la differenza dalla solitudine di Libero Grassi alla quotidianità del 2013. Nessuno si illude che la strada da fare sia ancora tanta, ma 22 anni dopo le cose non sono più le stesse di quel gelido gennaio che portò l’imprenditore a raccontare ad un giornalista cosa lo aveva spinto a dire no, scrivendo contemporaneamente la propria condanna a morte:

“Caro estortore… volevo avvertire il nostro ignoto estortore di risparmiare le telefonate dal tono minaccioso e le spese per l'acquisto di micce, bombe e proiettili, in quanto non siamo disponibili a dare contributi e ci siamo messi sotto la protezione della polizia. Ho costruito questa fabbrica con le mie mani, lavoro da una vita e non intendo chiudere… Se paghiamo i 50 milioni, torneranno poi alla carica chiedendoci altri soldi, una retta mensile, saremo destinati a chiudere bottega in poco tempo”.

Il Comitato Addiopizzo Messina ha deciso quindi di ricordare Libero Grassi, padre del movimento antiracket siciliano, che ha pagato prima con l’isolamento e poi con la vita il suo coraggio e l’unico modo per farlo e non lasciare soli gli altri coraggiosi che via via continueranno nel percorso tracciato dall’imprenditore palermitano.

“Vogliamo farlo con un gesto che vuole essere in piena continuità con la lettera al “caro estortore”- si legge nel comunicato- rendendo pubblica la prima lista di cittadini/consumatori della Provincia di Messina che si impegnano a sostenere con i loro acquisti quei commercianti che hanno denunciato il pizzo. Mentre nel 1991 Libero Grassi si trovò solo contro la mafia, oggi il primo migliaio di cittadini a Messina ha sottoscritto un impegno etico ed economico allo stesso tempo: non lasciare più soli gli imprenditori che si ribellano alla prepotenza mafiosa”.

Sono 872 i messinesi (vedi l’elenco in allegato con i nomi) che hanno deciso di dire “pago chi non paga”, non lascio solo chi si ribella al racket. A Palermo, dove il consumo critico Addiopizzo è attivo dal 2004 sono già 830 le attività economiche aderenti e 10.435 i cittadini che sostengono il progetto, mentre a Catania, dove si opera dal 2006 sono 123 gli esercizi commerciali e 5.365 cittadini/consumatori. A Messina siamo ancora all’inizio ma le adesioni sono già quasi mille. Nei prossimi giorni il Comitato renderà noti i nomi dei componenti della Commissione di Garanzia, istituita per esaminare e vagliare le richieste di adesione dei commercianti alla lista “pizzo free”.

Ecco il testo della petizione firmata da 872 cittadini messinesi:

“Cosciente della gravità, della complessità e della capillare diffusione del fenomeno del racket delle estorsioni nella realtà economica e produttiva siciliana, ritengo che tutto il tessuto sociale, economico e culturale nel quale agiscono gli operatori economici può e deve esercitare un ruolo attivo nella lotta contro il pizzo;

pertanto, in quanto cittadino e consumatore consapevole del mio potere e della mia responsabilità, mi impegno a scegliere prodotti e servizi forniti da imprenditori, esercenti e professionisti che non paghino il pizzo o che, essendo stati vittime di richieste estorsive, ne abbiano fatto denuncia.

Chiedo altresì che le istituzioni e gli organi di polizia rinnovino l'azione a tutela della sicurezza e dell'attività economica di chi ha avuto il coraggio di denunciare.

Sollecito, infine, tutte le forze politiche ad un concreto impegno ed a una maggiore sensibilità verso le problematiche attinenti al racket delle estorsioni.”

A firmare sono stati tantissimi giovani, che hanno scelto pubblicamente di impegnarsi nella lotta alla mafia con gesti quotidiani, come quello di “scegliere” di sostenere quegli imprenditori o commercianti che nel dire no al pizzo rischiano la vita. Ci sono anche volti noti, come il Sindaco Renato Accorinti, il segretario della CISL Tonino Genovese, il presidente di Confindustria Ivo Blandina, operatori del sociale come Annamaria Garufi e Carmen Currò, il Dirigente scolastico dell’I.C. di Villa Lina Giovanna De Francesco, ma anche il Questore Carmelo Gugliotta, l’assessore Daniele Ialacqua e l’ex assessore Gianfranco Scoglio.

“Un nuovo modo di concepire l’antimafia- scrive Addiopizzo-, non autoreferenziale fatto da eroi professionisti in doppio petto, ma gente comune, cittadini consapevoli, che si impegnano ad essere protagonisti scegliendo prodotti e servizi forniti da imprenditori, esercenti e professionisti che non paghino il pizzo o che, essendo stati vittime di richieste estorsive, ne abbiano fatto denuncia. Non importa essere Sindaco o Questore, ogni cittadino ha il potere di scelte consapevoli, eticamente orientate, che non necessitano di condanne di Cassazione per diventare esecutive”.

Libero Grassi fu ucciso non solo perché la mafia aveva deciso di “colpirne uno per avvisarne mille” ma perché il silenzio intorno a lui lo aveva reso l’unico bersaglio possibile. La sua fu un’esecuzione esemplare. Ma il suo gesto è rimasto, ha lasciato quei semi che, sia pure col vento e con la neve, continuano a crescere.

Addiopizzo conclude la nota ricordando la relazione dell Procuratore della Repubblica Guido Lo Forte: “Per quanto riguarda le estorsioni, le indagini hanno rivelato che esse vengono richieste “a tappeto”. Tutte le attività economiche, anche quelle minori, vengono assoggettate a questo crimine(…) . Secondo un documentato studio della Fondazione Chinnici il racket costa alla Sicilia 1,3 punti percentuali del PIL, e le tangenti risultano addirittura più elevate nella provincia di Messina rispetto a quella di Palermo. Secondo questo studio, infatti, il commercio al dettaglio tra Catania, Siracusa e Palermo subisce una tangente media mensile che si aggira attorno ai 400 euro, mentre i commercianti al dettaglio della provincia di Messina sono quelli che subiscono richieste più elevate. Peraltro il problema del racket non si esaurisce nel costo aggiuntivo che impone agli imprenditori e ai commercianti e che quindi imprenditori e commercianti poi in qualche modo trasferiscono sui consumatori. Il racket ha anche un costo economico-sociale molto più grave. Il contesto di insicurezza che caratterizza il sistema economico disincentiva la creazione di nuove imprese e scoraggia quanti operano già nel settore dall’espandere la propria attività commercial. In questo senso il racket produce un effetto ancora più negativo, ancora più inquinante, in quanto costituisce un ostacolo allo sviluppo ed è un fattore di declino”.

Il pizzo non aiuta a crescere, spezza le gambe ad un’intera comunità che diventa schiava del silenzio e del parassitismo.

Rosaria Brancato