L’avvocato Catalioto: “Aver tolto i Coreco ha causato disastri. La Regione li reintroduca”

LA CORTE COSTITUZIONALE BOCCIA IL CONTROLLO ESTERNO DELLA CORTE DEI CONTI.

Se uno strumento indispensabile per garantire la legittimità e la trasparenza, oltre che l’efficacia dell’azione amministrativa, come erano i controlli, non funzionava bene, forse sarebbe stato il caso di potenziarlo, non di eliminarlo, come si è scelto nel 2001 abrogando l’art. 130 della Costituzione. In modo scellerato si è ritenuto che il miglior “controllo” sarebbe stato quello degli elettori, da esprimere col voto sull’operato degli organi politici. Idea catastrofica. Infatti l’indebitamento delle regioni e dei comuni è aumentato a dismisura, ed il dissesto è ormai l’incubo principe di ogni amministratore. Il Governo Monti con il D.L. 174/12 tentò di correre ai ripari potenziando un sistema di controlli “interni” e provando a dare un ruolo di “controllo esterno” alla Corte dei Conti. Tanti sostennero che non era sufficiente. Oggi, purtroppo, anche quel minimo di controllo esterno rimesso alla Corte dei Conti è stato spazzato via dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 39 depositata lo scorso 6 marzo. La Consulta ha infatti dichiarato incostituzionale l’art. 148, commi 2 e 3 del D.Lgs. 267/00 che consentiva al Ministero dell’economia e delle finanze nonché alla Corte dei Conti di attivare verifiche sulla regolarità della gestione amministrativo-contabile degli enti locali. La situazione è, quindi, allarmante. Infatti i semplici controlli interni sono palesemente inadeguati, lontani da quella terzietà che dovrebbe essere il tratto essenziale di un organo di controllo vero. Il controllo interno, peraltro, non porta ad alcuna conseguenza diretta. Non esiste alcuna possibilità di riforma o annullamento dell’atto, a meno che l’organo che l’ha approvato, sulla base dei rilievi, ritenga di agire in autotutela. Addirittura l’art. 147 bis del D Lgs. 267/00 prevede l’assurdo auto-controllo preventivo che il responsabile di servizio fa su se stesso. Un mero esercizio burocratico che crea solo adempimenti e non cambia la sostanza. Non v’è un filtro tra la produzione dell’atto ed i suoi effetti, proprio, invece, di un serio e vero controllo preventivo, esercitato in tempi certi. Inutile negare, infatti, che nonostante l’autonomia operativa riconosciuta a dirigenti e responsabili di servizio, gli incarichi dirigenziali conferiti dagli organi politici ne condizionano pesantemente detta autonomia. Per quanta riguarda poi il controllo sulle società partecipate manca una norma semplice e chiara: la previsione che al primo bilancio in perdita, gli amministratori della società decadono automaticamente, non possano più svolgere incarichi pubblici per un certo numero di anni, il Presidente del Tribunale nomini un commissario per risanare la società e scattino le azioni di responsabilità nei confronti delle strutture amministrative del comune e gli amministratori comunali. In assenza di chiare previsioni sulle conseguenze della finanza allegra, i controlli possono poco, specie se interni. A questo punto, vista la tanto declamata “specialità” della nostra Regione, ci si augura che il Governo Crocetta s’impegni su riforme serie (quella sulle province non sembra esserlo, il Commissario dello Stato o la Corte Costituzionale lo diranno) come la reintroduzione dei controlli. Basterebbe una semplice legge ordinaria giacchè l’art. 15 dello Statuto riconosce la competenza esclusiva della Regione sull’ordinamento e controllo degli enti locali.

Antonio Catalioto