D’Arrigo: “Le condizioni per l’area integrata dello Stretto: isolani ma non isolati”

Le citta e le aree metropolitane in particolare, sono il livello su cui Governo nazionale ed Europa hanno deciso di investire nei prossimi anni. Non solo in termini economici, ma mettendo al centro delle strategie i territori e la loro responsabilità di programmazione e gestione. A quattro condizioni però: che sappiano “fare squadra”; che abbiano una strategia condivisa; che rendano concreto ciò che propongono; che siano certe le responsabilità e il “chi fa cosa”. Se non abbiamo chiaro da subito queste questioni, saremo solo una delle 14 città metropolitane d’Italia ed una delle tante altre aree vaste d’Europa, andando avanti per inerzia su indicazioni di Roma o Bruxelles.

Al netto del limite siciliano – se da Palazzo Chigi dovessero convocare i sindaci metropolitani, oggi per Messina, Catania e Palermo non si sa chi dovrebbe/potrebbe partecipare causa i ritardi dalla Regione sul tema – nella nostra realtà siamo pronti? Cosa mettiamo in campo? In che direzione andiamo? A mio personalissimo modo di vedere, Messina dovrebbe dotarsi di una strategia con due punti fermi: la centralità di un’unica area metropolitana dello Stretto; una integrazione funzionale con quella di Catania. Il combinato disposto di questi due punti, (ri)consegnerebbe a questa parte di Isola una centralità che negli ultimi anni ha totalmente (totalmente e con responsabilità politiche imbarazzanti) perso: l’alternativa sarebbe l’irrilevanza dell’Area dello Stretto e la dipendenza “per attrazione” da Catania.

Rispetto al primo punto: Reggio Calabria e Messina sono le uniche due città metropolitane – in Italia ed in Europa – confinanti ed appartenenti a territori e Regioni diverse. Un unicum di integrazione territoriale, culturale e lavorativa, di scambi quotidiani e riconoscibilità su cui puntare, chiedendo al Governo di valorizzare e promuovere su scala continentale una realtà che vede l’integrazione in un’unica area dei centri urbani di due città metropolitane con forza di impatto ed elemento di attrazione di investimenti (: tre esempi concreti di questa “forza”, la possibilità di gestire in modo congiunto ben due diversi Pon Metro; l’agglomerato di quasi 1 milione di abitanti che ci mette al di sopra della media Italiana; lo spazio di mare con una media di transiti e frequentazioni tra le più alte del Mediterraneo e d’Europa) in una dimensione geografica riconosciuta e riconoscibile in tutto il mondo grazie allo Stretto e su cui è inoltre presente uno (Eolie) dei sette siti Unesco di tutta la Sicilia (altri due, lo Stretto e Taormina, hanno già avviato l’iter) e con ben 10 centri riconosciuti tra i borghi più belli d’Italia insediati in quest’aria integrata. Per mettere a sistema e valorizzare tutto questo serve però una politica di vision e politiche di concretezza e proposte. Non basta più l’enunciazione, adesso serve la capacità di scrivere e certificare come e quali progetti mettere in campo, serve quel “pensare globale e agire locale” necessario a fare il salto di categoria. L’incontro, di qualche giorno fa, tra le amministrazioni di Messina e Reggio con i vertici dell’Agenzia Nazionale per la Coesione Territoriale – la struttura di Palazzo Chigi che ha un ruolo centrale per programmazione e spesa dei fondi europei 2014/2020 – va in questa direzione ma sarà inutile se capacità di integrazione, proposta e progetti non saranno nero su bianco nelle prossime settimane, adesso che si va definendo la nuova programmazione europea. In questo contesto ha senso la “difesa” dell’autorità portuale, non semplice localizzazione di un ufficio ma articolazione di un unicum che riusciamo a mettere in campo. Per quanto riguarda il secondo aspetto della strategia – integrazione funzionale con Catania – occorre capire come e cosa condividere con la parte di Sicilia che si sta sviluppando intorno alla prima economia dell’Isola, “contrattando” e integrando servizi e funzioni e capendo come ciò sia funzionale per Messina: è naturale ostinarsi in una difesa (sempre più debole e sempre con meno prospettive) del mantenimento della Camera di Commercio autonoma di Messina mentre il ddl Madia ne avvia la riduzione in tutta Italia? Oppure è più utile integrarsi con quelle della Sicilia orientale che sono però anche i principali azionisti del terzo aeroporto d’Italia provando a capitalizzare servizi, traffico, passeggeri e turisti (anche) per le nostre realtà turistiche?

Si tratta di capire i nostri punti di forza ed i limiti, far emergere e valorizzare i primi e arginare i secondi. Si tratta di decidere se essere uno dei tanti enti di aria vasta o se proporre altro. Catania e Palermo sono già in marcia e hanno strutture su cui fare leva; da Napoli in su stanno già passando alle fasi operative. Per noi dipende: dalla capacità di guida dell’amministrazione comunale, da quanto i parlamentari staranno sulla retorica del “tutto a Messina” mentre però manca l’idea per Messina, dalla capacità di collaborare con Roma e Palermo senza essere come sempre e ancora una volta isolani ma non isolati. Insomma, dipende da noi.

Giacomo D’Arrigo