De Luca è un solista. Se affidasse ruoli chiave ai giovani talenti emigrati?

Dal risanamento al Piano di riequilibrio dai rifiuti alle scuole passando per Atm e servizi sociali, c’è un tratto che ha caratterizzato questi primi mesi di amministrazione: l’accentramento delle dichiarazioni e delle decisioni in mano al sindaco De Luca.

E’ apparso evidente che De Luca è un solista e gli piace esserlo, difficilmente lascia spazi ad altri, numeri 2 oppure 3. Ogni cosa deve essere tenuta sotto controllo.

Anche Accorinti era un solista, ma in modo diametralmente opposto, a lui piaceva essere il testimonial dell’amministrazione. A De Luca piace essere l’uomo solo al timone.

Così Messina continua ad essere divisa in tifoserie, i fan club dei pro e i fan club dei contro.

Ma adesso, ottenute le vittorie in Consiglio comunale con le approvazioni degli atti che costituiscono le fondamenta di quel progetto che De Luca intende portare avanti non può più fare tutto da solo. Ha una squadra di assessori e di uomini fidati nelle partecipate ma deve iniziare ad aprirsi.

Messina, e questo è stato un tema che ha unito tutti i candidati sindaci in primavera, paga l’amara realtà di nuove generazioni che nascono con la valigia in mano. Finiti gli studi superiori, o al più l’Università, lasciano Messina, che diventa una città sempre più “per vecchi”.

Centinaia di talenti, che frattanto sono pure diventati “maturi”, vengono valorizzati altrove, in Italia e nel mondo. Migliaia di cervelli che rientrano solo per le vacanze e poi, di anno in anno, non rientrano neanche più perché magari sono i genitori a seguirli.

Resta una città con l’amaro in bocca di potenzialità mai sfruttate, con l’indignazione di chi si è visto passare davanti il raccomandato di turno, il figlio di, l’amico di.

Resta una città che sa vivere solo di pubblico e non immagina di poter contare sulle proprie forze, una città di dipendenti pubblici e di pensionati.

Allora se davvero vuole cambiare dalle fondamenta Messina se davvero vuole fare una rivoluzione culturale perché non mettere in ruoli chiave per le decisioni che guardano allo sviluppo, proprio quei giovani (e un po' meno giovani) talenti che hanno oltrepassato lo Stretto? Non sappiamo quanti di questi vorranno tornare, ma chissà, il sogno segreto di poter veder crescere la propria terra li accomuna tutti.

Se i partiti e la politica non è riuscita a fare quel doveroso ricambio generazionale che Messina merita, questa potrebbe essere l’occasione giusta. Ci sono 5 anni davanti.