L’ennesima tragedia e il doloroso carico dei perché. 2009, 2010, 2011: ancora quante volte?

Una, due, tre. Leggete, sentite bene. Tre vittime, innocenti. Continuiamo a piangere, quasi senza rendercene conto. In questa fredda notte di novembre, chiuso nella mia calda e accogliente stanza, accompagnato solo dal rumorio del vecchio pc, non riesco a darmi pace. Mi chiedo se davvero la nostra storia è già scritta. Se parlare di fato, di destino è la cosa giusta. Se può bastare a lasciare spazio alla rassegnazione. No, non può bastare.

Mi chiedo che colpa può avere il piccolo Luca. Che colpa può avere la sua povera mamma al quale è stato strappato dalle braccia un figlio da un temporale. Mi chiedo perché. 2009, 2011, ancora e ancora. Chiudo gli occhi e il mio pensiero va a Giampilieri, Scaletta, Briga, Itala. Poi ancora a San Fratello e ai Nebrodi. Cerco una risposta tra le negligenze amministrative e gestionali della politica, tra i cambiamenti climatici e metereologici, tra i centinaia di motivi del giorno dopo. E senza tregua mi chiedo cosa c’entra tutto questo con la vita strozzata di un piccolo di dieci anni. *****, dieci anni! Mi vengono in mente gli occhi di Nino Lonia, penso a chi ancora soffre a distanza di anni per la perdita dei propri cari e mi chiedo se è stato fatto tutto per evitare l’ennesima tragedia. Se è l’uomo a provocare la reazione della natura. Cosa possiamo fare adesso.

Nell’era dell’i-phone e degli i-pad siamo capaci di farci uccidere dalle frane. Creiamo e distruggiamo. Esaltiamo la tecnologia e ci dimentichiamo di avere cura di noi stessi. Centinaia di interrogativi bombardano la mia testa e sono certo anche le menti di tanti, forse tutti i messinesi. Che senso ha programmare, fare sacrifici, lottare ogni giorno, imprecare, arrabbiarsi, condividere, essere felici e poi essere spazzati via così? Come uno straccio di detrito tra l’acqua e il fango assassino.

Apro la tv, cerco una risposta. Ma l’assordante silenzio dei media nazionali non può che aumentare i miei dubbi, le angosce. Forse meglio così. Meglio che sentire nuovamente parlare di abusivismo. Siamo feriti da quanto accaduto così come da chi nel bene ci dice di stare dalla nostra parte e nel bisogno ci getta via come spine di pesce. Ma non mi rassegno. Penso: a pochi chilometri di distanza da casa mia è venuto tutto giù. Inondate abitazioni, strade, negozi, ogni spazio considerato vitale fino a ieri mattina scombussolato dalla puzza di fango e dal disastro terribile. Letojanni, Barcellona, Saponara: siamo noi, la prossima volta potrebbe toccare a noi.

Adesso siamo soli a piangere le nostre vittime. E stavolta alcuna falsa solidarietà ci farà cambiare idea sulla reale solitudine. Perdiamo un padre e un figlio giovane, una ragazza di 24 anni e Luca. Ci stringiamo, con affetto e sincerità, alle famiglie che dovranno patire la rabbia di scomparse dolorose e ingiuste.

E’ l’ultimo pensiero. Chiudo gli occhi prima di dire addio a questa lunga giornata. La mia preghiera è rivolta ai tre angeli che non ci sono più. Il Signore dia pace a queste anime e magari, Lui che è immenso, trovi le parole per spiegare loro perché ci hanno dovuto lasciare così presto. Io andrò a dormire con l’amaro in bocca e il carico di tutti questi “perché” che vorrei urlare. Urlare per l’ultima volta.

Emanuele Rigano