Un lettore:”Dobbiamo metterci in gioco e insegnare ai giovani i veri valori”

Esiste un limite, spero!

Il primo maggio è stata la festa dei lavoratori e di san Giuseppe artigiano ma più che lavoratori dovremmo definirla festa degli stipendiati, dei prestatori di servizi in cambio di denaro! La sacralità del lavoro, che fin dall’abc del catechismo ci viene trasmessa in immagini dinamiche e crescenti è stata ridotta in un baratto limitato e rincorso dal tempo! Il vecchio Dio Padre per sei giorni faticò nel creare, uno dopo l’altro, i vari regni di natura e il settimo si riposò: l’unico gratificante compenso fu contemplare ciò che aveva creato. Ogni lavoro è importante ma ce ne sono taluni che richiedono una marcia in più, un’ indole spiccata di dedizione e umanità. Ricordo, ancora bambino, quanto erano importanti le figure del maestro, del curato,del medico, del carabiniere e vivendo in un villaggio alla periferia della città di Messina, questi, a buon titolo, diventavano i nostri rappresentanti. Oggi questo organismo sociale fa acqua da tutte le parti alimentato da un’onta di egoistica indifferenza. La cronaca che vi sto per raccontare è una delle tante che si consumano silenziosamente a danno e beffa del più debole e che non escludono nessuna delle categorie sopracitate che, ridotte ad esercitare una professione, hanno smarrito, perlopiù, la vocazione del vero compito: tutti e tre (unisco assieme il curato e l’insegnante) prestano un solenne giuramento, un rituale preso dal formulario della tradizione, a Ippocrate, a Cristo e allo Stato, limitandosi ad officiare, almeno in superficie, il loro mandato nei tempi previsti da un presunto codice deontologico. Vivo a Castanea e qui il senso della comunità ancora sussiste. Fin dove possiamo ci diamo una mano. Non ci limitiamo al freddo buongiorno nordico e, qualche volta forse con un po’ di invadenza, viviamo i fatti nostri e quelli degli altri ma, tutto questo, se da una parte, in talune situazioni può infastidire, in altre diventa un aiuto di grande importanza. Da giorno undici di aprile, un’anziana signora, ultra novantenne, per via di uno scivolone è rimasta allettata. E’ seguita dai servizi sociali che si sono prodigati per prestare le prime cure necessarie e provvedono per quanto è di loro competenza, gli stessi, con l’ausilio di amici, da quell’undici di aprile hanno tenuto i rapporti con il medico curante informandolo e invitandolo a far visita domiciliare alla sua assistita, e ribadisco, sola, senza parenti diretti. Da domenica scora la signora accusava altri malesseri e nel controllare i valori glicemici, mantenuti solo da una compressa serale a rilascio prolungato, si è rilevato che sforavano di oltre il triplo la soglia limite. Per i tre giorni a seguire e per tre volte al giorno si è proceduto con tale operazione. Il mercoledì pomeriggio è stato risollecitato il medico di famiglia per una visita a domicilio e, lo stesso, ha risposto che venerdì sarebbe andato. Fino a domenica neanche l’ombra. Lascio a voi le dovute considerazioni dei fatti. Con nostalgia rimpiango il tempo in cui bastava vedere il proprio medico e molti dei malesseri svanivano, quando con una vera azione taumaturgica solo attraverso l’esercizio di infondere coraggio non ci si limitava a curare un essere umano come un meccanico fa con l’automobile. Esiste un malessere sociale non possiamo negarlo anzi, ogni qual volta andiamo oltre, soprassediamo non facciamo altre che rimandare una probabile, anche se minima soluzione. Avvertiamo sempre più il senso di abbandono delle Istituzioni e questo ci porta a non riconoscerle. Anche l’evento che ha scosso tutta la nostra comunità, il pomeriggio del giorno della Liberazione, che sa di molteplici miracoli, manifestatesi giorno dopo giorno,sta per cadere nel dimenticatoio quando da questo potremmo trarre spunto per considerare anche il caso che i mondi spirituali esistono e intervengono. Non si può più rimandare, relegare ad altri il compito di riscoprire e assaporare i veri valori della vita, è necessario essere uniti, parlarci e, ciascuno per la sua parte, metterci in gioco. Se continuiamo a instillare nei giovani, col nostro modo di fare, che gli unici valori da perseguire sono il successo e il denaro avremo per il futuro uomini ricchi con un animo arido e sterile.

Giovanni Quartarone