“Messina è ormai una ‘città per campare’, non per vivere. La mia Messina vive solo nei sogni”

A volte credo di vivere in una dimensione parallela che non mi permette di capire cosa stia succedendo realmente in città. La linea di confine tra la fantasia e la realtà, tra il vero ed il falso mi sembra così sottile da farmi credere che forse sono io quello sbagliato.
La città ormai si nutre di una forma di relativismo culturale, di un soggettivismo egocentrico che trasforma ogni impressione in verità, ogni idea in dogma.
In città ormai conta di più la prospettiva da cui guardi piuttosto che la cosa che guardi; dal basso, dall'alto, di lato a me Messina sembra semplicemente in agonia.
Due alberi di Natale a distanza di 10 metri non sono ridicoli ma solo un tocco chic; le proteste dei lavoratori dei servizi sociali non sono simbolo del fallimento di un progetto politico ma solo un inno di gioia al cambiamento; la spazzatura per strada non è a causa di incompetenza, sprechi e malafede ma solo il segno del consumismo di una città benestante.
Le buche nelle strade, i marciapiedi rotti e sporchi, i cartelli sparati intorno ad una piazza dedicata alle "Vittime e ai Martiri della mafia' a Giostra, le baracche, i Tir in città, le piste ciclabili troppo strette, le scuole che cadono a pezzi, gli impianti sportivi fatiscenti, le palme del Viale S. Martino, la discarica di Pace, gli autobus scassati di Torino sono solo frutto di un delirio collettivo e non l'amara constatazione del fallimento di un'intera classe dirigente.
Gli orchestrali del Vittorio Emanuele, che hanno suonato per anni gratis, non sono degli straordinari artisti da sostenere ma solo degli invasati, dei pazzi che credono ancora che qualcuno primo o poi gli mostrerà la sua gratitudine. A questa gente hanno rubato il cuore ed il futuro e adesso sono traditi da chi hanno sostenuto. Gli orchestrali continuano a suonare per un pubblico troppo distratto che ama solo autoapplaudirsi.
Ma cosa brontolano i lavoratori non pagati delle cooperative e i giovani disoccupati? Perché le associazioni dei diversamente abili pretendono un nuovo regolamento sugli stalli? Perché aspiriamo ad una città normale quando ci raccontano che diventerà straordinaria?
In città se non hai almeno 40 anni di battaglie civili alle tue spalle, 50 cortei no Ponte, no Tav e No Muos non hai diritto di parlare.
Oggi non conta più ciò che hai fatto ed i risultati che hai ottenuto nel tuo lavoro, il tuo curriculum ma a quante manifestazioni hai partecipato, in quanti megafoni hai urlato, quanti edifici hai occupato, quante Autorità hai insultato.
Se ti alzi durante l'inno di Mameli sei un cretino, se saluti un soldato sei un guerrafondaio, se dissenti sei un fascista, se parli troppo sei berlusconiano, se parli poco sei mafioso, se non urli sei un codardo, se guadagni molto sei un Balotelli, se non chiedi non meriti, se voti contro non capisci niente, se consigli complotti, se sei riuscito a trovare lavoro sei genovesiano, se sei disoccupato sei un parassita, se sei anoressico sei bunzanchiano, se vuoi accogliere solo gli immigrati a cui puoi dare un letto sei razzista.
Ormai non serve laurearsi per essere giornalista o sottoporsi a selezione per far parte di un Ufficio stampa di un Ente; ormai non serve fare cose ma solo annunciarle.
Io vedo la città povera, sporca, triste ma mi dicono che sono pessimista e che il "cambiamento epocale" è appena iniziato.
Ho sempre creduto che se una cosa è sudicia bisogna sostituirla ed invece sto scoprendo che anche lo sporco cambia o ha un senso se lo guardi dal basso o dall'alto.
Ho capito che ci prendono per sfinimento, ci bombardano di conferenze stampa e annunci che a un certo punto non ti resta che credergli come abbiamo fatto con Berlusconi.
Altre volte ti fanno sentire in colpa, ti ricordano che in passato hai votato per quellicheceranoprima (copyright R. Brancato) e per questo hai contribuito al crollo della città e della cultura.
E poi quella maledetta abitudine di comunicare per citazioni, per slogan che mi fa odiare i tanti anni passati sui libri.
"Non ho paura di Berlusconi in se ma di Berlusconi in me", "Non fate come chi guarda il dito piuttosto che la luna", "Mi spaventa il default culturale e spirituale, quello economico non mi preoccupa" sono solo pochi esempi di un modo di comunicare che mi fa tanto rimpiangere il Bignami.
Ho 42 anni, sono nato e cresciuto in questa terra, tradendola solo per gli anni dell' Università.
Messina ormai è una città per "campare" non per vivere; la mia Messina vive ormai solo nei miei sogni, nelle mie fantasie. A volte però i sogni diventano realtà e chissà se prima o poi non arrivi la volta buona. Quest' ultima e' ormai fallita.
Scusate il disturbo.
Fabio Costantino