«Non ha senso un’isola pedonale in cui non sia stata prevista vera socialità »

Guardando da una finestra del Policlinico Universitario di Messina la realtà del mondo circostante e leggendo al tempo stesso il vostro quotidiano mi domando spesso se la nostra città non sia stata catapultata da una macchina del tempo in una strana dimensione anacronistica. Le notizie, la costante citazione dei medesimi individui (politici locali), la dimensione paesana e la perpetua autoreferenzialità di personaggi francamente non così imprescindibili dalla storia cittadina stanno facendo della stessa un povero cortile, peraltro sgangherato, colmo di racconti di commari. Messina ha sempre avuto enormi problemi, specie culturali, ma oggi vi è un nuovo fenomeno, quello di un nuovo annunciato rinascimento che a volte assume toni d’infanzia e grida d’adolescenti.

L’attuale giunta, peraltro, in pieno stile gesuita, è perfettamente quasi immune al poco di memoria storica culturale che in città vi era stato negli ultimi quaranta anni. In tal senso l’atmosfera riflette perfettamente quella nazionale dove riceve molti più consensi chi dorme una notte in un palazzo piuttosto che lustri di iniziative politiche e culturali procrastinate con franco impegno e voglia reale, mai urlate e usate. Certo, ovunque un po’ di narcisismo e autoreferenzialità giocano ormai un certo impatto, ma vi è un limite alle prediche esorcistiche. Tante persone si sono impegnate realmente per la pace , ma tante di queste non hanno avuto bisogno di pubblicizzarlo costantemente ( è come se un medico di pronto soccorso scrivesse sul proprio maglione ogni giorno che è necessario salvar vite).

Mi hanno insegnato che partir dal basso vuol dire occuparsi prima della soletta e poi delle tende. Non ha senso un’isola pedonale in cui non sia stata prevista vera socialità e iniziative d’aggregazione vera, non ne ha nemmeno se vi si lasciano autolavaggi fetenti (nebulizzati pericolosissimi, inquinamento acustico, sporcizia melma e meccanici a 100 decibel), posteggi occupati abusivamente da esercizi illegali, triple file impunite, voragini in terra e intimidazioni costanti da chi pratica questa quotidianità. Non ha nemmeno senso spendere soldi per iniziative culturali che trasudano costantemente povertà di provincia negletta o tentativi di pseudocultura di respiro (con i soldi di una notte antonelliana o un concertino di Bollani altre città europee ci farebbero degli splendidi workshop, laboratori di produzione culturale vera e legata al proprio tempo e installazioni in costante sviluppo, specie con gli spazi che lo nostra città possiede).

Il paesino vuol sembrare Europa e invece ha l’aspetto di una piccola azione cattolica di vecchio stampo (nessuna preclusione per carità) ma una dimensione urbana dovrebbe trasmettere altro. Porti chiusi, turisti gadget lontani da una delle meraviglie del mondo (Capo Peloro, ridotto a baraccume e lidi anonimi) e memoria marina in disuso. Non ha senso crear ancor più problemi a una viabilità che dovrebbe garantire velocità di flusso anche per gli interventi sanitari urgenti come norma dovrebbe prevedere, nè ne ha lasciare nel vuoto desolato una metroferrovia (non un tram che è altra cosa) che incute solo miseria e terrore se vi si reca in certe ore. E soprattutto, cara redazione, si dovrebbe finirla col parlar sempre delle stesse cose (suvvia, il video il discorso del nostro sindaco che si autocita per imprese straordinarie alla notte bianca di cultura, bianca sì, ma di curiosità culturali vere, non era poi così indispensabile pubblicarlo).

Ma è possibile che non si intuisca che oggi lo zoccolo davvero forte è isolato e accasato? Vero, si potrebbe dire, che si proclamino anch’essi, ma chi si occupa di protoni e neuroni o chi lavora la terra o chi sposi una causa quotidiana forte è difficile che ne abbia più voglia e tempo, specie se poi si parla di sciocchezze e corbellerie. Non è un rimprovero al vostro giornale, solo, un’esortazione ad un altro respiro, meno provincia e più città, una città che ha stagioni di teatri e accademie in mano medievale (mi si perdoni l’arroganza, ma mi sembra un fatto inoppugnabile). So che è facile criticare dall’esterno ma so anche che è ancor più facile giustificare il proprio mal operato con la scusa dell’impegno. Ovvio, l’impegno è importante, ma se ne può far a meno se non intriso di strumenti critici e culturali adatti, pena il danno e la beffa…

Prof. Massimo Raffaele, neurologo