Pensieri post referendari: il quinto sì, la voce di un intero paese

A un certo punto sembrava di giocare come da bambini a “Regina, reginella”. Lo ricordate? “Regina reginella quanti passi devo fare per arrivare al tuo castello?” e lei “Tredici da canguro” e noi lì a saltellare. “Regina reginella quanti passi devo fare per votare ed esprimere la mia opinione su temi che riguardano la mia vita?” Risposta: “3.426 passi da Muflone”, e noi a cercare nell’encliclopedia e su Discovery Chanell e National Geographic che razza di animale fosse il Muflone e come cammina, salvo poi scoprire che è una bestiola leggendaria e che, guarda caso, detesta andare a votare, non c’è verso a fargli fare un passo per uscire di casa. Esce solo se lo inviti a un Bunga Bunga. Hanno fatto di tutto per fermare il referendum: ricorsi, triricorsi e quatricorsi, leggine-trappola, black-out informativo, persino sbagliare le date (su Tg 1 e Tg 2), inviti a beach-party e al non voto. Fino all’ultimo secondo non sapevamo neanche se un banalissimo 50% più un voto sarebbe riuscito a bastare per parlare di vittoria, perché si è fatto di tutto per rendere difficilissimo il raggiungimento del quorum, usando come esca il voto degli italiani all’estero, ai quali le schede sono state “recapitate” da stuoli di Mufloni ciechi. Sono state spedite 3 milioni di schede, ne sono tornate circa 700 mila (pari al 25% dei votanti), quindi l’affluenza monca dell’estero abbassa il quorum italiano. Per fortuna abbiamo votato noi, in 28 milioni d’italiani anche per quanti di loro non sono stati rintracciati dai Mufloni. Nonostante il percorso ad ostacoli il quorum, oltre il 57%, è stato raggiunto, fatto questo che non si verificava da 16 anni, dal 1995. Il segnale è chiaro, non hanno votato solo gli elettori di centro-sinistra, ma anche di centro-destra e persino chi non andava a votare da tempo. E’ la voce di un intero paese che vuole un governo che s’interessi dei problemi reali della gente reale e non perda mesi per sapere di chi è nipote Ruby rubacuori o per risolvere i singoli problemi di un solo singolo, sia pure il Presidente del Consiglio. Se concordiamo tutti sul fatto che in quel 57% ci siano anche elettori di destra significa che nel sonoro sì all’abrogazione del legittimo impedimento c’è il reale sentire anche della gente di destra. Non sono stati solo i comunisti a dire no per il 95% al legittimo impedimento, né a dire no alla legge Ronchi (sull’acqua) né a dire no al piano nucleare del governo (40 miliardi di euro destinati alla costruzione di 4 centrali). Il referendum, che per sua natura è trasversale, rappresenta la “pancia” del popolo, e la pancia non ha colore politico. Le conseguenze di questo grido che viene dalla pancia e da quel popolo sovrano che per decenni Berlusconi ha richiamato per giustificare il suo potere, devono essere tratte da chi guida il Paese. La pancia ha parlato e ha detto basta, poi c’è chi ascolterà e chi no. A dire basta sono stati 28 milioni d’italiani e non è poco, se pensiamo, ad esempio, che ad eleggere Berlusconi e la sua maggioranza (la prima,quella del 2008, non quella di oggi fatta a colpi di shopping parlamentare) sono stati 17 milioni di cittadini. Il vero messaggio è che ormai è come se tra il Palazzo e il Paese si sia creato un abisso, come se fossero diventati due mondi che non si conoscono, è come se il Palazzo avesse una sua vita quotidiana totalmente diversa da quella delle persone fuori. Ma quel che è peggio è che agli abitanti del Palazzo, tutti presi dalle loro beghe personali e compravendite, non interessa minimamente quel che accade o preoccupa alla gente che vive fuori. Quest’esito, così come le elezioni a Milano e Napoli, hanno provocato nella “Gente del Palazzo” la stessa reazione del bambino del film di Spielberg che si trova davanti a ET per la prima volta: un grido di paura di fronte ad un essere sconosciuto totalmente diverso da lui. Come quando la Regina Antonietta di fronte alle proteste dei francesi alla fame disse “non hanno pane? Perché non mangiano brioches?” (“Il nucleare? Che gliene frega alla gente del nucleare quando in giro ci sono tutte ‘ste toghe rosse, il vero pericolo?”) Questo fossato sta diventando sempre più grande e rende irriconoscibili i cittadini normali agli occhi del Palazzo e viceversa. Bersani ha detto che questo è stato il referendum del divorzio tra il governo e i cittadini. Io non so se è davvero il divorzio, certo è che da troppo tempo vivono da separati in casa e questo riguarda tutta la classe dirigente, Pd compreso, che su De Magistris, ad esempio, la pensava allo stesso modo del bambino con ET. L’Italia ieri ha detto 4 sì e da questa volontà non si può prescindere d’ora in poi. Io ho votato 4 sì, ma avrei voluto votarne 5, come le dita di una mano. Avrei voluto un quinto quesito, l’abrogazione di quella parte della legge elettorale che ha cancellato la preferenza, sostituendola con il voto a scatola chiusa. Ma la preferenza non la vuole nessuno, non solo il Pdl e la Lega, neanche l’Udc (al di là di quel che dicono), né il Pd, perché fa comodo a tutti poter mettere in lista i signorsì, i parenti, le amiche, i compari, il medico di famiglia, l’avvocato di famiglia, persino il pappagallo e la bambola gonfiabile (vestita col tailleur per non dare nell’occhio). Diciamoci la verità: a nessun partito spiace poter far nominare chi poi gli sarà grato per sempre o comunque persone vicine, vicinissime, futuri “servi liberi” come li chiama Giuliano Ferrara. Un nominato risponde prima di tutto al capo che ha su di lui potere “di vita e di morte politica” perché, con un sol gesto può metterlo o toglierlo dalla lista bloccata. Invece un eletto con la preferenza risponde prima di tutto ai suoi elettori, saranno loro, con il tratto di una penna a deciderne le future sorti politiche. Oggi….prendete Scilipoti. Era nella lista bloccata dell’Italia dei valori. Se la maggioranza ancora respira è grazie a lui ed ai Responsabili (che qualcuno chiama “Disponibili…”).In un sistema di nominati i cambia bandiera sanno che saranno ripagati con una poltrona o con un posto sicuro nella lista bloccata del partito che li ha accolti a braccia aperte. Se ci fossero le preferenze non credo che in Sicilia Scilipoti sarebbe votato in massa…… Mi manca il quinto sì, lo avrei votato volentieri. Dopo il no al legittimo impedimento e alle leggi ad personam, mi sarebbe piaciuto dire sì al voto ad personam, come si faceva una volta, come si fa ancora alle amministrative o alle regionali siciliane (perché in Lombardia,ad esempio, senza preferenze, si son trovati la Minetti…). Se voglio farmi rappresentare da una ballerina di lap dance, da un affarista, da un inquisito, da un cantante, da un giocatore di ping pong, voglio farlo io con le mie mani e la mia coscienza. Cicciolina in Parlamento l’hanno votata in tanti. Ma poi, alle successive elezioni non c’è tornata. Perché in Parlamento i cittadini vogliono governanti, non si vota chi è più simpatico, più bello, più famoso, o canta meglio. Io non voglio un autografo da chi eleggo, voglio leggi, norme, riforme. Chi se ne frega se ha un bel lato B o begli occhi, l’importante è che quegli occhi guardino nel futuro. Io voto te perché mi rappresenti e fai le scelte migliori per un Paese migliore, non voto te per farti fare gli affari tuoi, della tua famiglia e della tua cricca. Ma questo è un altro capitolo, e in un giorno in cui la democrazia ha scritto una bella pagina, mi è venuta voglia di continuare a leggerne altre.

ROSARIA BRANCATO