Polizia Municipale, un organico da ampliare e “ringiovanire”. E intanto il Comune è costretto a risarcire…

Le difficoltà che interessano il Corpo della Muncipale non hanno a che vedere solo con le assunzioni, ancora mai effettuate, dei 20 vincitori del concorso per agente. Guardando oltre, infatti, ci si può soffermare ad analizzare gli ostacoli legati ad un impianto normativo, quello riguardante appunto la gestione della polizia locale, decisamente datato, sia a livello nazionale che regionale. In particolare proprio rispetto al sistema di reclutamento, ovvero di quei concorsi che dovrebbero essere banditi “nell’ordinarietà” e non, diversamente da come avviene, “una tantum”. Basti pensare che nella città dello Stretto, dove l’organico della Municipale è composto da 330 componenti cui di recente si sono aggiunti i contrattisti “migrati” dagli uffici, ed impiegati in strada, (con la solita eccezione), l’ultimo assunto con concorso esterno risale al 1995.

Una situazione “congelata” che, come ben spiegato dal segretario del Silpol, Giuseppe Gemellaro, si ripercuote, inevitabilmente anche sul servizio: «L’età media tra le file dei vigili urbani è di 55 anni, i giovani sono sempre meno proprio perché le procedure concorsuali sono rare». Un fattore, quello anagrafico, che a lungo andare rischia di ripercuotersi sulla qualità del servizio. Servizio che non si limita, come erroneamente si potrebbe pensare, solo a lavoro di viabilità, ma che al contrario riguarda tutti quegli interventi che, in un modo o nell’altro, rendono necessaria la presenza di uomini in divisa: casi di sgombero di alloggi abusivamente occupati, argomento su cui potrebbe essere aperto un capitolo a parte, per interventi di trasporto di pazienti da sottoporre a TSO (Trattamento Sanitario Obbligatori) e per ogni altro servizio per cui il Comune ritiene sia indispensabile il supporto dei vigili urbani.

E si arriva dunque all’altro fattore “x”, ovvero il numero, o meglio le carenze numeriche. Di cui, peraltro, non ha mai fatto mistero neanche il Comandante della Municipale, Calogero Ferlisi, che in più occasioni ha manifestato agli amministratori, e non è escluso che ciò riavvenga, le difficoltà legate al sottodimensionamento del personale, in particolare di quello destinato “alla strada”. Una difficoltà che nel tempo rischia di generare anche pericolose controindicazione giudiziarie. Lo conferma il cospicuo risarcimento danni che il Comune dovrà corrispondere ad un ex-agente, proprio a causa di un cattiva gestione del personale. I fatti risalgono al 2001: a distanza di dieci anni, la dott.ssa Gaia Di Bella, giudice del Tribunale del Lavoro, ha accolto il ricorso presentato da un vigile Urbano impiegato dal 1978 e secondo quanto scritto nel dispositivo, l’amministrazione dovrà “consegnare” circa 250 mila euro per danni biologici e patrimoniali.

Nel 1998, l’uomo, assunto con qualifica di collaboratore di vigilanza urbana, durante l’orario di lavoro venne colpito da infarto del miocardio che lo costrinse a cure e ricoveri. Alla luce di quanto accaduto, nel 2001 il dipartimento di Polizia Municipale dispose che il ricorrente venisse assegnato “a mansioni compatibili con il giudizio espresso dal sanitario, ovvero a servizi esclusivamente sedentari e non gravosi, ma ciò nonostante esso svolgeva ancora servizi esterni”. Ad aggravare ulteriormente la posizione di palazzo Zanca Comune, secondo quanto sostenuto dal legale dell’ex-vigile e come evidentemente riconosciuto anche dal giudice, dato l’esito della sentenza, il fatto che negli anni precedenti l’infarto, “l’uomo era stato assegnato a servizi notturni fino a 110 ore in un mese, e cioè anche nei festivi, senza usufruire dei riposi compensativi”. Tra i motivi del ricorso dunque, il comportamento di un’amministrazione che “non aveva posto in essere alcuna attività per un’equa distribuzione degli incarichi tra dipendenti”. Per l’avvocato del ricorrente, insomma, l’infarto occorso al proprio assistito è dipeso anche dalla fatica del lavoro cui era stato sottoposto negli anni.

Ragioni riconosciute dal giudice che, infatti, evidenzia che il Comune “in violazione delle norme contrattuali, ha sottoposto il ricorrente a turni di lavoro eccessivi e usuranti, non consentendogli peraltro di usufruire dei riposi compensativi previsti”. Così deciso, l’udienza è tolta…e il Comune paga. (ELENA DE PASQUALE)