Il Cga chiude un capitolo: Accorinti resta sindaco. Adesso non ci sono più alibi per nessuno

Il Cga ha messo la parola fine ad un capitolo iniziato nell’estate 2013, appena chiuse le urne del ballottaggio che ha portato all’elezione di Accorinti sindaco.

Per oltre un anno e mezzo Messina ha vissuto il capitolo della “precarietà” amministrativa, dal momento che le sorti del Palazzo erano comunque legate, in un modo o nell’altro all’esito di una catena di ricorsi, prima al Tar e poi in appello al Cga. Il 19 novembre il Cga ha rigettato il primo appello, quello presentato da Alessia Currò, Giovanni Cocivera e Giovanna Venuto, ribadendo i motivi d’inammissibilità del ricorso individuati dal Tar a gennaio. I giudici amministrativi di secondo grado lasciano però in discussione il secondo appello, nonostante l’istanza abbia “camminato insieme” alla prima in ogni fase, fino all’udienza del 28 maggio. Trascorrono altri due mesi ed il 19 gennaio arriva la seconda sentenza di rigetto, quella che mette la parola fine alla vicenda giudiziaria.

Il Collegio giudicante, Marco Lipari, Presidente, Silvia La Guardia, relatrice, Marco Buricelli, Giuseppe Mineo e Alessandro Corbino consiglieri ripete quanto già detto a novembre per il primo appello. Sia secondo il Tar che secondo il Cga entrambi i ricorsi sono caratterizzati dalla stessa genericità dei rilievi posti al punto da far apparire le istanze come tentativi per puntare esclusivamente al riconteggio e un modo per “sparare nel mucchio” dal momento che su un elevato numero di sezioni alla fine quei 59 voti mancanti si sarebbero trovati. Sia il Tar che il Cga sottolineano quindi come entrambi i ricorsi abbiano mirato al riesame dei voti e non all’annullamento del voto del 9 e 10 giugno.

“Tipica del ricorso esplorativo- si legge nella sentenza del Cga – è la circostanza che il ricorrente non intende ottenere una pronuncia in grado di dissipare un’incertezza circa la valutazione giuridica di un fatto ma tende a conseguire un risultato consistente nella più o meno ampia rinnovazione dello scrutinio dei voti espressi”.

Il ricorso numero 188/2014 presentato da Eleonora Falduto, Giovanni Smedile e Rita Todaro, difesi dall’avvocato Silvano Martella, contro la sentenza del Tar di Catania n. 00286/2014 viene quindi respinto confermando l’inammissibilità dell’istanza.

Anche questi appellanti (così come Currò, Cocivera e Venuto) lamentavano una serie di irregolarità collegate alle operazioni effettuate dall’Ufficio centrale in occasione del primo turno elettorale. In un certo numero di sezioni si sarebbero verificate o la mancanza del verbale, la mancata compilazione del verbale, la presenza nel verbale di cancellature e correzioni. Pertanto, si legge nel ricorso “l’Ufficio centrale ha omesso di indicare un criterio predeterminato di verifica e proceduto invece volta per volta, in maniera diversa, talora acquisendo il verbale destinato alla segreteria del Comune oppure le comunicazioni CED, e ritenendo, in altri casi, di aprire i plichi contenenti le tabelle di scrutinio. Con tale operato illegittimo, illogico e contraddittorio, l’Ufficio centrale avrebbe finito col fornire dati inattendibili, falsando l’esito del voto”.

I ricorrenti quindi hanno chiesto al Tar di disporre per tutte le sezioni le verifiche acquisendo i verbali e le tabelle di scrutinio, non esclusa l’apertura delle schede per il riconteggio. Ed è proprio questo aspetto che ha comportato la decisione del Tar e quindi del Cga.

“Il Collegio ritiene, infatti, pienamente condivisibile la valutazione del giudice di prime cure circa la natura esplorativa del ricorso portato al suo esame. Tipica del ricorso esplorativo è la circostanza che il ricorrente non intende ottenere una pronuncia in grado di dissipare un’incertezza circa la valutazione giuridica di un fatto ma tende a conseguire un risultato consistente nella più o meno ampia rinnovazione dello scrutinio dei voti espressi, nella speranza di far affiorare ex post eventuali vizi del voto ipotizzati ex ante o comunque nel rifacimento di operazioni elettorali nella speranza di rinvenire i voti, eventualmente esistenti, occorrenti a conseguire il risultato auspicato”.

Infine secondo i magistrati non viene indicato quale sarebbe dovuto essere il risultato corretto pertanto le critiche restano generiche.

“Le censure restano quindi affidate ad un ragionamento di tipo probabilistico, o meglio alla presunzione che facendosi questione di migliaia di voti si possano rinvenire, nel complesso delle sezioni, quei pochi sufficienti per produrre l’elezione al primo turno del candidato Calabrò”.

Non c’è dubbio quindi che dopo Tar e Cga Accorinti è il sindaco di Messina anche per la giustizia amministrativa e si chiude un lungo capitolo.

Accorinti è stato eletto al ballottaggio da una città che ha dato un segnale chiarissimo ponendo un taglio netto con il passato e dando un messaggio alla vecchia politica. Sono stati i messinesi, sono state le urne a legittimare Accorinti che però in questi mesi ha operato sotto una spada di Damocle, rappresentata dalla giustizia amministrativa. Ora questa spada non c’è più. E’ vero, il sindaco ha sempre dichiarato di essere sereno e di non farsi influenzare, ma adesso ogni possibile velo d’incertezza non c’è più, né da un lato né dall’altro. Accorinti ha il diritto ed il dovere di amministrare perché lo hanno voluto i messinesi. All’opposizione non resta che assolvere pienamente e lucidamente il suo ruolo, senza guerriglia ma in modo costruttivo. Gli alibi non ci sono per nessuno. Neanche per una giunta che è diventata giunta non solo grazie ad un voto “per” ma soprattutto grazie ad un voto “contro” ed è solo sui fatti e sulla discontinuità annunciata in campagna elettorale che deve essere giudicata. Strada facendo in questo anno e mezzo Accorinti ha perso pezzi del “suo” popolo, quello con il quale ha iniziato quest’avventura. Finita la “luna di miele” è iniziato il periodo più critico, quello in cui errori, sviste, amnesie non possono più essere ignorate. Adesso l’amministrazione nata per dare un segno netto di rottura con il passato ha tre anni di mandato davanti a sé e non può più permettersi il lusso di passarli solo guardando indietro e lanciando strali contro chi li ha preceduti. Adesso deve amministrare.

Rosaria Brancato