«Ho il magone. A bordo del diretto per Venezia lavorava solo personale di Messina»: parla il responsabile Silvio Pino

Si aggira solitario tra i binari desolati. Li conosce a memoria, ci lavora dal ’92, quando ancora erano solo in 28. Si ferma in corrispondenza del primo vagone, fa qualche passo, alza lo sguardo e poi fissa il tabellone: “Binario 10. Siracusa-Messina, ore 19.30. In partenza”. Quella scritta arancione l’ha letta centinaia di volte, appare già sbiadita, da lì a poco non ci sarà più. Lui è Silvio Pino, messinese di nascita, responsabile della logistica (fino a qualche anno fa anche del personale) degli impianti Servirail di Sicilia, Calabria, Puglia e Campania. E’ consapevole di stare assistendo a un copione di cui, ormai già da tempo, è stata scritta la fine, ma “toccare” con mano, per l’ultima volta, questa ennesima sconfitta per il trasporto ferroviario da e per la Sicilia, è ben diverso che immaginarlo.

«Mi viene il magone – commenta – Quello per Venezia, tra l’altro, è il treno su cui, da partenza a destinazione, lavora solo ed esclusivamente personale di questo impianto. Messina sta dando l’ultimo addio in tutti i sensi». Una coincidenza, non oraria, bensì del destino, che rende lo spettacolo, agli occhi del signore Pino, ancora più amaro di quanto già non sia. «Oggi siamo qui a pagare gli effetti di decisioni prese dall’alto, eppure nel 2006, quindi non tanto tempo fa, questo impianto era tra i più competitivi». Fin quando, insomma, altri interessi, ben più contorti e complicati, non hanno preso il sopravvento, “incalzati” peraltro dalla prossima inaugurazione del trasporto ferroviario privato, voluto da Montezemolo, ha dunque reso necessario sacrificare i “pesci piccoli” per dare da mangiare ai più grandi.

«Di questa realtà conosco tutto e tutti. Quell’ufficio dove prima i due metronotte si stavano occupando di sistemare, (cercando anche di capire cosa fare delle chiavi, ndr), l’ho predisposto io pezzo per pezzo, mobile per mobile. E’ veramente triste quanto sta accadendo, sarebbe stato necessario che tutti avessero capito prima la gravità di quanto stava per avvenire e invece ci si è concentrati solo su un aspetto». Che come detto (vedi articolo) è quello occupazionale. Il sig. Pino, pur essendoci “dentro”, a questa realtà, ormai da anni, guarda dall’ “esterno” osserva come i dipendenti stanno cercando di far valere la propria posizione e, forse, per certi aspetti, pur comprendendone il punto di vista, non ne condivide alcuni “passaggi”, anche perché il “fronte comune” si sta perdendo. E lui stesso ne è coinvolto. Lui che domani, come i tanti colleghi, anziché recarsi a Piazza della Repubblica, sarà costretto a rimanere a casa. Eppure per il sig. Pino una soluzione potrebbe esserci, e nemmeno così complicata da raggiungere, purchè, ovviamente, la si voglia: «Esattamente come avveniva una volta – afferma – si potrebbero far partire due treni, uno da Palermo, l’altro da Siracusa, (che si uniscono a Messina) e che poi arrivati a Bologna si dividono, 14 pezzi in totale. Così si recupererebbero gran parte dei dipendenti, ma soprattutto si potrebbe offrire un servizio migliore agli utenti, che non vanno dimenticati, anche loro sono vittime».

Nel salutare il signor Pino, chiediamo di poter avere il suo numero di telefono. Si mostra subito disponibile: «335 – esordisce, poi un attimo di pausa accompagnato da un sorriso amaro – lo segni lo stesso, ma è quello di servizio, non è detto che domani sia ancora attivo&hep;». (ELENA DE PASQUALE)

(FOTO STURIALE)