“Io non patteggio, il processo lo voglio fare per dimostrare che non sono colpevole. Non ci sto ad essere il capro espiatorio del sistema”. Così inizia il racconto a proposito del suo rinvio a giudizio Pippo Capurro, consigliere comunale Pdl, fedelissimo di Buzzanca per tutto il mandato al punto da non seguire Beninati nell’Udc, ma azzurro nel cuore, quindi sostenitore di Germanà alle regionali.
Lui al processo che inizierà il 16 giugno 2014 e che lo vede accusato di truffa e falso privato in atto pubblico vuole andarci eccome “anzi, mi spiace pure che sia così lontano perché ho tante cose da dire e carte da presentare e finora non mi è stato possibile”. L’inchiesta è uno dei filoni sui servizi sociali e riguarda una cooperativa, la “Progetto Nuovo Ambiente” dove l’ex capogruppo consiliare era stato assunto come dirigente con contratto a tempo indeterminato, alta qualifica e massimo livello retributivo. Secondo l’accusa Capurro non avrebbe mai lavorato realmente ma la cooperativa avrebbe ugualmente ottenuto dal Comune, in base alla normativa del 2000, gli oneri riflessi e i permessi per le attività dal momento che era “datore di lavoro del consigliere comunale Capurro”. Ad inizio estate, non appena scattò la richiesta di rinvio a giudizio l’allora capogruppo si dimise.
“Mi dicono che non ho mai lavorato per la cooperativa, ed è falso, ci sono i documenti, le dichiarazioni dei redditi. Ho persino effettuato 190 ore di straordinario- continua l’esponente pdiellino- Se di giorno ero al Comune lavoravo la sera. Non ho mai preso soldi che non mi toccassero. Io ho lavorato 37 anni all’Imsa ,poi, nel 2003 sono andato in pensione con il minimo, 800 euro al mese. Sono stato fermo per alcuni anni, quindi nel 2009 il presidente della cooperativa mi ha fatto questa proposta, fare il dirigente organizzativo per riuscire ad integrare i contributi per la pensione. Ho lavorato fino a febbraio 2011 e non ho mai preso un euro che non mi toccasse, né diviso i soldi che il Comune dava alla cooperativa, con nessuno. Tutte falsità che intendo contrastare in aula”.
Quanto poi al fatto che la cooperativa, in base allo statuto, risultava occuparsi anche di “rimozione neve e ghiaccio” il consigliere comunale non replica “io facevo il dirigente organizzativo, ma capisco bene che per i giornalisti fa più notizia parlare di una cooperativa che spala neve in Sicilia….”
Si difenderà quindi in Tribunale, facendo riferimento alla legge che si applica in tutti i Comuni siciliani da oltre 12 anni e che prevede che siano le amministrazioni degli Enti locali a pagare i datori di lavoro di quei consiglieri che, impegnati in Aula e in Commissione, non possono essere in ufficio. Una normativa che in virtù del principio “fatta la legge trovato l’inganno”, ha consentito ovunque il modo di aggirarla a sfavore delle casse pubbliche ed a vantaggio di sedicenti datori che spesso son spuntati come funghi il giorno dopo l’avvenuta elezione del consigliere.
“Sto facendo ricerche personali, e non devo neanche andare lontano per la verità, perché sono sotto gli occhi di tutti e chiedo alla magistratura di non guardare solo Capurro, ma tutti gli altri consiglieri comunali, provinciali, di quartiere. Perché non si verifica quanti secondi realmente lavorano nel posto di lavoro, quando sono stati assunti da Enti, cooperative, aziende, società, da chi, con quali qualifiche e quanto tempo realmente dedicano alla cosa pubblica. Vorrei davvero sapere quanti di loro hanno mai messo piede nel posto di lavoro per il quale l’Ente locale sborsa i rimborsi e quando sono stati assunti Poi ovviamente sarebbe interessante andare a vedere chi viene assunto nel mondo della formazione e delle cooperative, ma questo è un altro discorso”. Capurro sa bene che “il così fan tutti” non serve da alibi e non vuol parlare di dossier ma di una raccolta personale perché non ci sta, in tempi di caccia alle streghe di passare “per il capro espiatorio”.
A onor del vero, al di là di tutte le ipotesi di reato a suo carico un dato è incontestabile e cioè che Pippo Capurro, insieme ad una sporadica decina di colleghi, è tra quelli che in Consiglio Comunale e in commissione ci vanno davvero, e ci restano, non solo dopo aver firmato la presenza per incassare gettone di presenza (e se è il caso, appunto, il rimborso al datore di lavoro). E’ tra i pochissimi che resta in Consiglio pronto anche a difendere l’indifendibile.
“Vorrei ricordare a tutti che in un periodo in cui nessuno si dimette io, raggiunto da avviso di garanzia ho rimesso la carica di capogruppo sul tavolo di Garofalo. E’ questione di serietà ed io per serietà voglio essere processato. Il presidente della cooperativa e la madre hanno patteggiato, ma io non ho commesso alcun reato, quindi deve essere il dibattimento a ristabilire la verità”.
L’esponente del Pdl che il rinvio a giudizio per truffa e falso alla vigilia delle amministrative peserà come un macigno in tempi di codici etici e antipolitica, ma tira dritto.
Rosaria Brancato