Un lungo elenco di criticità: ecco il parere del Ministero sul piano di riequilibrio

Né Babbo Natale con la slitta e le renne né la Befana con la scopa, a portare notizie sul piano di riequilibrio è una Pec inoltrata ieri mattina dal Ministero dell’Interno al Comune di Messina e per conoscenza alla Prefettura ed alla sezione di controllo della Corte dei Conti. E, infatti, per Palazzo Zanca non ci sono doni o caramelle ma ben 23 richieste di correttivi, alle quali bisognerà rispondere entro 30 giorni.

La richiesta istruttoria firmata dal dirigente del Ministero dell’Interno, Giancarlo Verde, è un lungo elenco di criticità che gettano ombre sul piano decennale di riequilibrio approvato dal Consiglio comunale lo scorso 2 settembre. Alla manovra finanziaria sono legate le uniche speranze di salvezza per il Comune, da due anni sull’orlo del dissesto.

In primis, dal Ministero rimproverano all’ente di non aver computato nelle massa passiva complessiva, pari a 331.251.676,25 euro (tra debiti fuori bilancio e passività potenziali) il disavanzo sostanziale d’amministrazione derivante dal rendiconto 2012, pari a quasi a 2,5 milioni di euro.

Sempre a proposito di consuntivo, da Roma chiariscono che il rendiconto di riferimento da cui evincere che l’Ente non è strutturalmente deficitario non può essere quello relativo al 2012. «Il riferimento all’ultimo rendiconto approvato – scrive il ministero – deve intendersi a quello i cui termini sono scaduti al momento di riproposizione del piano». Il Dirigente Verde sollecita quindi l’amministrazione comunale ad inviare il rendiconto 2013 ed annessa tabella contenenti i parametri di deficitarietà. Questione che, proprio relativamente al consuntivo 2013, è stata oggetto di contrapposte interpterzioni da parte dei revisori de conti e della giunta, con particolare riferimento al parametro 6. Secondo l’esecutivo di Palazzo Zanca le spese del personale delle partecipate non vanno conteggiate tra quelle dell’ente, secondo i revisori dei conti sì. Il risultato finale differisce profondamente in base alle due tesi, perché se fosse vero ciò che dicono i revisori il Comune di Messina sarebbe un ente strutturalmente deficitario e non potrebbe accedere al Fondo d Rotazione.

In merito alla durata del Piano, il Ministero invita il Comune di Messina a tener presente che «l’anno 2014 deve essere posto come anno iniziale del piano ed ogni informazione richiesta dallo schema istruttorio deve essere coerente con tale decorrenza»

Nel caso a Palazzo Zanca qualcuno se ne fosse dimenticato, da Roma ricordano che il Ministero ha chiesto la restituzione dell’anticipazione a valere sul fondo di rotazione di oltre 14 milioni di euro. Il Comune è chiamato a spiegare quale sarà l’impatto sul piano di riequilibrio.

Il Ministero vuole inoltre conoscere – così come espressamente previsto dalla legge – le pronunce della Corte dei Conti e le misure correttive adottate dall’Ente. Il Dicastero non risparmia neanche il Collegio dei revisori dei conti, «invitato a fornire la propria valutazione analitica sulle singole voci che compongono la massa passiva dichiarata dall’Ente e sulle singole misure di ripiano individuate nel piano», non ritenendo esaustivo quanto scritto nella relazione allegata al documento di risanamento.

Dal Ministero vogliono vederci chiaro anche su andamenti di cassa; equilibri di parte corrente e di parte capitale; capacità di riscossione del Comune nel triennio 2011-2013; revisione dei residui; fondo svalutazione crediti.

Le maggiori prescrizioni riguardano i debiti fuori bilancio e le passività potenziali. Al Ministero non basta il semplice elenco fornito dall’amministrazione Comunale, che ha così cristallizzato la situazione debitoria: debiti fuori bilancio per 109.768.130,12 euro; e debiti potenziali pari a 213.108.351,18 euro. A Roma vogliono andare a fondo e chiedono esplicitamente all’ente: di dimostrare l’andamento nel triennio 2011/2013 dei debiti fuori bilancio da ripianare, specificando se sono stati o meno riconosciuti; l’evoluzione storica delle sentenze esecutive e dei decreti ingiuntivi esecutivi nel triennio 2011/2013; di trasmettere le relazioni dei responsabili dei servizi sui debiti fuori bilancio riconosciuti, spiegandone eventuale utilità e arricchimento per l’ente ai sensi dell’art. 194 Tuel; di trasmettere le attestazioni dei responsabili di Servizio sull’esistenza o meno di ulteriori debiti fuori bilancio rispetto a quelli indicati; di dimostrare attraverso la produzione di accordi transattivi sottoscritti tra le parti, l’adesione dei creditori alla proposta di rateizzazione del debito.

Il Ministero chiede lumi pure sull’andamento pregresso dei tributi locali, del servizio idrico integrato, del servizio di smaltimento rifiuti; e sui servizi a domanda individuale, a proposito dei quali, sollecita «idonea documentazione che dimostri il loro tasso di copertura».

Fari puntati anche sull’indebitamento: «occorre specificare – scrive il Ministero- se l’Ente abbia fatto ricorso nell’ultimo trienni a strumenti quali il leasing immobiliare in costruendo o operazioni in project financing».

Dubbi, tanti dubbi il Ministero li ha sulle società partecipate, per le quali non manca di bacchettare l’Ente, che «non ha evidenziato i dati aggregati di entrate e spese richiesti dallo schema istruttorio né i dati identificativi». Sottolinea inoltre che non è stata resa nota l’operazione di riconciliazione debiti/crediti con riferimento ai rendiconti 2012 e 2013 (salvo un riferimento a Messinambiente Spa tra i debiti fuori bilancio). Da Roma chiedono quindi «il prospetto a consuntivo su eventuali lettere di patronage e concessioni di fideiussioni. Occorre inoltre evidenziare i trasferimenti di beni patrimoniali agli Organismi partecipati e dare conto dell’adozione della deliberazione di ricognizione delle partecipazioni strettamente necessarie…».

Alle partecipate sono in qualche modo collegate le spese del personale. Il Ministero invita l’ente «a produrre una nota informativa sulla presenza e la spesa di personale con contratto a tempo determinato ed una rappresentazione degli atti di coordinamento delle politiche assunzionali con le società partecipate, oltre ad una certificazione che quantifichi da una parte l’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale e dall’altra al rispetto dei vincoli imposti dalla normativa».

Da Roma vogliono maggiori dettagli anche in merito a: debiti di funzionamento; tributi locali; entrate correnti; revisione della spesa; spese per prestazioni di servizi e per trasferimenti; dismissioni di beni ed immobili.

L’ultima stoccata da parte del ministero arriva però sulle misure di risanamento inserite nel piano di riequilibrio. «L’Ente – scrive – elenca una serie di azioni già in parte attuate e da attuarsi connesse alle misure di aumento delle entrate e riduzioni delle spese….in ogni caso, per comprovare l’operatività delle misure di risanamento nel triennio di attuale programmazione finanziaria, è necessario acquisire il bilancio assestato 2014 in forma analitica ed il pluriennale 2014/2016, oltre che del preconsuntivo 2014».

Il Ministero forse non sa che al Comune di Messina il bilancio assestato 2014 non c’è e mai ci sarà perché Giunta e Consiglio comunale sono ancora alle prese con la versione “base” del previsionale 2014, quello che forse si voterà a Capodanno. Parlare di preconsuntivo 2014, col rendiconto 2013 approvato solo poche settimane fa, sa addirittura di fantascienza. Il Comune avrà comunque 30 giorni di tempo per rispondere al Ministero prima che il piano di riequilibrio finisca nelle mani, o meglio nelle grinfie, dei magistrati della Corte dei Conti per il giudizio finale ma non definitivo sullo strumento finanziario. A Palazzo Zanca inizia ufficialmente il countdown.

Danila La Torre