Messina e la vulnerabilità sismica. Nulla è cambiato sul piano della prevenzione

Purtroppo solo dopo disastri, come quello occorso pochi giorni fa nell’Appennino centrale, fra Lazio, Umbria e Marche, i messinesi si ricordano di vivere in una delle aree a più alto rischio sismico d’Italia e dell’intera Europa. Mentre sul piano della prevenzione e della presa di coscienza da parte della popolazione, del tutto impreparata nel caso di un evento sismico oltre la soglia del danno (> 5,5 Richter), sembra che nulla sia cambiato negli ultimi decenni, col susseguirsi delle varie amministrazioni. Se si vorrà affrontare più concretamente il tema della prevenzione e della mitigazione sismica, al di là delle solite esercitazioni annuali, bisognerà cominciare ad investire parecchie risorse nell’ambito della vulnerabilità degli edifici strategici della città. Nel caso dello Stretto di Messina il rischio è sempre stato elevato. Bisogna però specificare che la grande sismicità dello Stretto di Messina non è dovuta al ripetersi di violenti eventi tellurici (come quelli del 394 D.C., del Febbraio 1783 e del Gennaio 1908), che per nostra fortuna hanno dei tempi medi di ritorno (secondo delle stime non definitive) compresi tra i 600 e i 1000 anni.

Ma è la frequenza dei terremoti di moderata e forte intensità, con una magnitudo oscillante fra i 4.0 e i 5.0 Richter, a rendere il braccio di mare fra Reggio e Messina, percorso da una faglia normale “cieca” (cioè che agisce in profondità senza effetti evidenti in superficie) lunga 40 km, una delle aree più sismiche del mar Mediterraneo. I terremoti di moderata o forte intensità hanno un periodo medio di ritorno che può variare dai 75 ai 120 anni circa. Molto più frequenti sono i sismi di moderata energia, ossia con una magnitudo inferiore ai 4.0-4.5 Richter, che solitamente possono verificarsi ogni 28-30 anni lungo l’area dello stretto. L’area dello Stretto di Messina poi risente anche dei forti terremoti che periodicamente si verificano nelle vicine sorgenti “sismogenetiche”, come quelle presenti sull’Aspromonte (responsabili della crisi sismica del 1793), il basso Tirreno, l’arcipelago eoliano e il Golfo di Patti e Milazzo. Molto spesso le onde sismiche di questi eventi tellurici, anche se originate da epicentri distanti diverse decine di chilometri, all’interno dello stretto tendono ad essere ulteriormente amplificate dalla particolare geomorfologia del territorio. La città di Messina, cosi come la dirimpettaia Reggio Calabria, poggia su terreni alluvionali, costituiti prevalentemente in prevalenza da sabbie, limi, ghiaie e materiale argilloso. Nei tratti finali delle vallate dei monti Peloritani, lì dove scorrono le principali fiumare, i depositi alluvionali si collegano a quelli presenti lungo la linea di costa, formando cosi una sorta di piccola piana costiera che nei punti più ampi, nel cuore della città, raggiunge una ampiezza di appena 1 chilometro. Questi depositi alluvionali, dove sorgono i quartieri centrali della città di Messina, favoriscono una importante amplificazione delle onde sismiche sul terreno, rendendo il terremoto ancora più intenso. In genere, le onde sismiche, prodotte da un sisma di grande potenziale, quando incontrano dei terreni soffici, tipo i suoli alluvionali, tendono a rallentare la loro velocità di propagazione.

Tale rallentamento conduce necessariamente ad un effetto di compensazione energetica, la quale si traduce in un notevole aumento dell’ampiezza, ossia una maggiore accelerazione del terreno che dà luogo al cosiddetto fenomeno dell’amplificazione sismica. Ciò comporta un maggiore scuotimento del terreno che può produrre dei danni davvero significativi agli edifici sovrastanti, anche in presenza di un terremoto non particolarmente forte. Il fenomeno dell’amplificazione sismica spiega perché sullo Stretto anche i piccoli terremoti, con una magnitudo di 3.0-3.5 Richter, vengono distintamente avvertiti dalla popolazione, specie chi abita ai piani più alti degli edifici. Durante il violento sisma del 28 Dicembre del 1908 l’effetto amplificatore del terreno ha consentito la distruzione di gran parte delle abitazioni e delle case di Messina e Reggio Calabria. Negli ultimi anni alcuni studi hanno evidenziato come in alcune zone di Messina si raggiungano dei picchi di amplificazione sismica molto elevati. Non è un caso se i picchi più alti di amplificazione sismica si raggiungono proprio nel centro della città peloritana, fra piazza duomo, la zona del municipio, la chiesa dei Catalani, una larga fetta della via Garibaldi, il viale Boccetta e il viale Europa, oltre che lungo l’alveo dei principali torrenti che attraversano la città, da nord a sud, dove in caso di sisma di elevata energia si potranno registrare i danni più significativi agli edifici.

Daniele Ingemi