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Ritiro delle truppe USA dall’Afghanistan. Ma la guerra al terrore continua

Dieci anni fa, il 2 maggio 2011, moriva Osama bin Laden, il leader di al-Qaeda. Un’azione dell’intelligence americana che durava da almeno un anno, congiuntamente ad una spedizione delle forze d’assalto statunitensi, riuscì a stanare il leader terrorista vicino a Islamabad, in Pakistan, e ad ucciderlo. Quella stessa notte il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, dichiarava il successo dell’operazione militare, annunciando una delle più grandi vittorie contro il terrorismo islamista.

Sono passati dieci anni, un lasso di tempo relativamente breve. Le carte in tavola sono state più volte rimescolate, nuovi attori sono sorti, nuovi conflitti sono stati combattuti o sono tuttora in corso. Una guerra, quella al terrore islamista, che sembra non avere fine. La guida di al-Qaeda è passata ad Ayman al-Zawahiri, guida meno carismatica del precedente leader ma forse più cauta nel pianificare gli attacchi nei punti e nei momenti opportuni.

Al contempo, è sorto ed è crollato l’Isis. Non che sia stato sconfitto una volta per tutte, beninteso. Ma la sua predominanza sul terreno, il controllo strategico dell’area tra l’Iraq e la Siria (ribattezzata Siraq), si è definitivamente concluso. Il 27 ottobre 2019 moriva Abu Bakr al-Baghdadi, l’autoproclamato califfo dell’Isis. Una nuova personalità, Abu Ibrahim al-Hashimi al-Qurayshi, prendeva il suo posto poco dopo, ma sul suo conto si hanno notizie confuse.

Nel frattempo, al-Qaeda e l’Isis non vanno d’accordo – non sono mai andati d’accordo. Hanno priorità strategiche e modus operandi differenti, e si contendono la leadership della galassia islamista sparsa per tutto il globo. È in atto una guerra intestina tra i due gruppi, una sorta di guerra al rialzo. Una situazione pericolosissima specialmente per tutti i loro potenziali obiettivi.

Un mese fa la decisione di Joe Biden di ritirare tutte le truppe americane dall’Afghanistan, un’operazione destinata a concludersi l’11 settembre 2021, vent’anni dopo l’attacco alle Torri Gemelle. «Sono il quarto presidente americano a presiedere una presenza di truppe americane in Afghanistan. Due repubblicani. Due democratici», ha detto. «Non passerò questa responsabilità a un quinto».

Ma di recente un militante di al-Qaeda ha rilasciato alcune dichiarazioni alla CNN, promettendo un ritorno sulla scena una volta completate le operazioni di ritiro dall’Afghanistan da parte degli americani. «Non siamo rotti. Il silenzio è una strategia». E ha avvertito: «Finché l’America non verrà cacciata da tutto il mondo islamico, la guerra non è finita». Il qaedista allude anche all’aiuto dei talebani, una strategia silente che avrebbe permesso a diverse cellule di al-Qaeda di sopravvivere anche in una situazione di grande pressione.

Insomma, la guerra al terrore è lontana dall’essere vinta. Le minacce sono credibili, come ricorda anche Peter Bergen, grande esperto di terrorismo islamista. Questo significa che, nonostante l’auspicabile fine del conflitto afghano, lo scenario potrebbe complicarsi ben presto.