“Qualcosa di buono”, una storia di orgoglio e amicizia

Hilary Swank – interprete, fra gli altri, di due indimenticabili ruoli che le sono valsi ben due Oscar e altrettanti Golden Globe, rispettivamente per il trans gender Brandon in “Boys don’t cry” e la pugile sventurata in “Million dollar baby” – ritorna ad impersonare un personaggio forte e di difficile resa, Kate, pianista della media borghesia, che si scopre malata di SLA e, a sorpresa, trova un’alleata alla quale fa anche da mentore, nell’improbabile badante Bec, scapestrata studentessa.
Il lungometraggio, ispirato al romanzo omonimo di Michelle Wioldgen, edito da Vallard, e con la regia di George C. Wolfe, si mantiene in bilico fra il comprensibile dramma (trattando della malattia che sembra un castigo, da nemesi) e la commedia (atteso il rapporto basato su schemi imprevedibili, ma che diviene man mano sempre più profondo fra due donne così apparentemente agli antipodi).
La trentenne senza alcuna esperienza perennemente in crisi con gli uomini, che aspira ad essere una cantante, impersonata magistralmente da Emeny Rossum, diviene punto di riferimento di Kate e il loro platonico menage si struttura sempre più mentre la sclerosi compie la sua devastazione. L’attrice americana H. Swank supera brillantemente anche questa difficilissima prova, riuscendo ad immedesimarsi “in toto” in Kate che si trasforma in tutto il suo corpo, nella voce, e nelle espressioni con il progredire della malattia, e il marito si mostra, invece, inaffidabile e incapace di reggere al duro colpo.
Kate (Hilary) combatte, non è mai vittima, segue fino in fondo quel percorso solo in salita con il massimo grado di resilienza, trovando nel legame con una persona che non potrebbe essere più diversa, in potente ausilio.
Traspare lo studio del personaggio, il documentarsi per essere il più possibile credibile dell’attrice alle prese con la resa di un ruolo di donna in fortissima difficoltà nella vita quotidiana, che deve trasformare il suo stesso modo di pensare, mentre il suo corpo diviene un peso morto, e il suo cervello rimane in perfette condizioni.
La Swank ha talmente creduto nel film da essere anche in produzione, e la storia emoziona, in modo non convenzionale, al di là di facili pietismi e scontate commozioni emotive.
Si è detto che “Qualcosa di buono” sarebbe la versione al femminile del film francese “Quasi amici”, in cui un paraplegico aristocratico trova una sponda, a sorpresa, nelle cure di un pregiudicato, ma al di là dei forti legami a prima vista improbabili, che accomunano i due lungometraggi, non si ravvisano, se non nella visione stessa dei rapporti, altre comunanze.
In conclusione, film di grandi recitazioni, senza fronzoli, sorretto peraltro da buona fotografia e ottima musica.
Il film è nelle sale italiane dal 27 agosto ed è passato nei cinema di Messina. Voto: buono, otto.

Tosi Siragusa