Rometta, il sottosegretario Faraone: “Spero che la Curia intervenga e il bambino riceva la Comunione”

Un ampio dibattito si è scatenato sulle vicende che hanno visto il parroco di Rometta, Padre Antonino Scibilia, negare la prima comunione ad un bambino autistico. Una questione molto delicata sulla quale, proprio in queste ore, ha voluto dire la sua anche il sottosegretario alla pubblica istruzione e presidente della Fondazione italiana autismo Davide Faraone, tramite i propri canali social.

“Avete mai provato a cercare su Google ‘sacerdote nega la comunione a bambino autistico’? –scrive Faraone- Io l’ho appena fatto: viene fuori una sfilza di articoli di giornali, geolocalizzati ovunque in Italia. Ultimi, in ordine di comparsa, quelli che raccontano la storia di un bambino autistico di Rometta, in provincia di Messina, che non può accedere al sacramento della Comunione perché il parroco non lo ritiene ancora ‘pronto’. Ma pronto rispetto a cosa? M’ero fatto l’idea che Dio appartenesse a tutti. Per certuni invece è appannaggio soltanto di chi ha mezzi intellettivi adeguati. O forse casi come quello di Rometta si verificano solo perché sull’autismo, purtroppo, c’è ancora tanta ignoranza. E non può continuare a essere così”.

Avevamo già presentato, nei giorni scorsi, la visione del pontefice a riguardo: è necessario accompagnare i fedeli con delle diversità utilizzando metodi diversi, facendosi propositivi. Una visione, questa, che vede perfettamente d’accordo il sottosegretario all’istruzione: “La Comunione di mia figlia Sara la ricordo bene –Continua Faraone- Mentre la vedevo procedere lungo il corridoio vestita di bianco, con il giglio in mano, anche io mi sono chiesto se una bambina autistica potesse esprimere la fede. La risposta non è tardata ad arrivare: la fede non è mente fredda, è cuore. E nessuno più di lei poteva avere un cuore lindo in grado di accogliere Dio. Cosa vuol dire, allora, quell’essere ‘pronti’ del sacerdote di Rometta? Vuol dire applicare sempre la stessa chiave di lettura senza tenere conto delle specificità delle persone. Significa tracciare una linea di confine, noi e loro, ed esprimere giudizi che poco hanno a che vedere con l’accoglienza e l’inclusione che in casi come questo dovrebbero essere prassi indiscussa. Significa non volere andare oltre, non volere cercare di capire un disturbo, le sue cause e i suoi effetti. Ed è un peccato, se pensiamo a quanti invece, sempre nella Chiesa, spalancano le braccia e si rimboccano le maniche per essere sostegno a ragazzi con autismo e alle loro famiglie”.

Sulla questione dell’autismo Faraone approfondisce anche il tema dell’informazione e della necessità di promuovere una maggiore consapevolezza. Ogni bambino autistico –aggiunge Faraone- deve poter essere libero di vivere una vita non condizionata dal suo disturbo. Come Fondazione italiana autismo e come Miur, per quanto riguarda l’istruzione, stiamo lavorando in questa direzione, cercando di promuovere una sempre maggiore consapevolezza. Mi auguro che la Curia intervenga per risolvere questa situazione incresciosa e per dare al bambino di Rometta la possibilità di accedere alla Comunione senza discriminazione alcuna. E alla sua famiglia la gioia di vederlo vestito di bianco, con il giglio in mano. Una gioia che conosco bene”.

Intanto nelle scorse ore è arrivata la dichiarazione, fatta tramite la stampa, di Padre Antonino Scibilia sulla vicenda: “Non ho mai negato la comunione al bambino. Chiedevo solo che lo si aiutasse a comprendere. Ci siamo visti solo una volta, poi non se n’è più discusso. Sono pronto a fargli celebrare la prima comunione, non l’ho mai negata”.

Una versione diametralmente opposta a quella della madre del bambino, che ribatte: “Il parroco si è giustificato durante l’omelia domenicale dicendo il falso. E’ dovuta intervenire mia madre, presente, per ribadire che ci siamo recati da lui più volte. Non accetto che dichiari il falso, essendo un prete, nel corso di un omelia. Noi ci siamo recati da lui diverse volte, sia io che mia madre, e sempre per parlare della comunione di mio figlio. Dica come stanno realmente le cose”.

Una vicenda molto delicata, quindi, che rischia di dividere sempre di più la comunità parrocchiale. Intanto il dibattito prosegue, anche tramite i social.

Salvatore Di Trapani