“Was Shakespeare English?”, le origini di un mistero

Il docufilm "de quo" è stato presentato solo con finalità promozionale e senza sbigliettamenti al Salone degli Specchi della Città Metropolitana, poi al Cinema Lux, indi all'Istituto Maurolico e al Museo dell'Argilla di Spadafora, per approdare infine al MareFestival – Premio Troisi.

In quest'opera si parte dallo Stretto di Messina,si continua con riprese a Venezia e Verona, si giunge poi in Inghilterra, per ritornare da ultimo in Italia. La tesi seguita dalla regista russa Alicia Maksimova, che ne è anche soggettista, sceneggiatrice e produttore, è quella, suggestiva assai per noi siciliani, di una presunta origine sicula dell'eclettico autore di commedie e sonetti, ma nel novero degli indiscussi geni soprattutto per le opere drammaturgiche. La filmmaker ha avuto i contributi scientifici dei messinesi, lo scultore Nino Ucchino, l'arch. Nino Principato e di Pippo Previti, che ormai da vari lustri si battono a sostegno della causa. I genitori del drammaturgo, così, non sarebbero stati gli oscuri John Shakespeare e MaryArden, ma i più illustri Giovanni Florio e Guglielma Crollalanza e tale assunto si vorrebbe confermare nell'opera, partendo già dall'etimologia shake=scrolla e spear=lancia (agita la lancia) e dal nome,che è il maschile inglese di Guglielma, per cui, il Sommo sarebbe in realtà Michelangelo Florio, Barone Scrollalanza o Crollalancia, che si sarebbe, con la famiglia calvinista, rifugiato in Inghilterra per sfuggire alla furia dell'Inquisizione, che aveva ucciso il capofamiglia. E così l'identità shakespeariana, da sempre discussa, con congetture fantasiose, secondo le quali si risalirebbe a Francis Bacon, Christopher Marlowe, o addirittura alla sovrana Elisabetta I, è ancora oggetto di speculazioni indaginose, riprese nel convegno "W. Shakespeare e la città di Messina", del prof. Iuvara. Argomentando dall'ambientazione messinese di "Molto rumore per nulla", dalla presenza di un Duca di Messina citato nella commedia "La dodicesima notte", dalla approfondita conoscenza dell'Italia (con Verona,Venezia e Milano) e attraverso ricostruzioni storiche, a partire dalle opere "Otello", "Romeo e Giulietta", "Antonio e Cleopatra", "La tempesta", nel film si pigia l'acceleratore su una possibile origine non inglese dell'Autore dato ovviamente negato nella patria fin qui attribuita: e infatti, la regina Elisabetta ha ritenuto, con humour molto inglese, la materia "non di interesse", rispondendo così alla missiva di qualche lustro fa a firma dell'allora Presidente del Consiglio Provinciale messinese Pippo Previti. Le coincidenze storiche sono però davvero tante per non avere significanza e, una per tutte, la indimostrata possibilità di un inglese di provincia, di famiglia modestissima, di essere acculturato oltre misura,oltrechè di conoscere profondamente i luoghi italiani e siciliani in particolare. Tale conoscenza per altro si dipana sotto diversi profili,storico, del diritto, delle religioni, delle arti, della geografia e topografia, degli usi e costumi, del cibo. Di sicilianità shakespeariana si è parlato già dal 1920. Certo il film mostra come Stratford si avvantaggi di una pubblicità spropositata,in assenza di prove certe che il drammaturgo abbia ivi condotto l'esistenza.

In conclusione la Maksimova ha assunto la pregevole iniziativa di documentarsi in ordine alla insussistenza di prove su una indiscussa appartenenza dell'Autore alla terra inglese, ed anche l'intitolazione, contenente un punto di domanda, si muove in tale solco per escludere qualunque certezza e sviluppare invece fondate ragioni su una ipotesi di italianità dello stesso, attraverso una serie articolata di fatti illustrati da vari esperti,come lo storico veronese Mario Patuzzo. In tale prospettiva l'opera è apprezzabile sicuramente e non si comprendono bene le ragioni per le quali il prof. Marcello Saja, peraltro persona stimabilissima,abbia espresso nel corso della relativa premiazione alla regista – per la quale forse incautamente era stato chiamato – perplessità per la mancanza, a suo dire, di connessioni fra lo Shakespeare di origini inglesi, come comunemente inteso e il siciliano Michelangelo Florio. La cineasta, che ha ambientato in Sicilia molti cortometraggi, dimostrando di amare, e voler valorizzare quest'isola, si è avvalsa per l'opera documentaristica di splendidi brani musicali del repertorio classico (Bach, Aria sulla quarta corda, Chopin, Notturno op. Postuma) oltre che di musiche originali e di suggestive immagini dei nostri luoghi, ma anche delle splendide Venezia e Verona. Le impressioni riportate nel presente articolo sono state corroborate sicuramente anche grazie a interessanti e approfonditi colloqui telefonici, a più riprese, di chi scrive con la regista. L'indiscussa genialità del Nostro, difficilmente è forse in concreto ascrivibile ad una specifica appartenenza e dovremmo, ad avviso di chi scrive, dopo aver giustamente sollevato la questione, accettare che se ne parli come di un Bene Comune, Patrimonio dell'Umanità, dato che i natali italiani (rectius siciliani, rectius messinesi) piuttosto che inglesi, nulla aggiungerebbero (a parte il più che giustificato orgoglio) alla grandezza shakespeariana, alla quale è stata tributata anche la cittadinanza onoraria messinese nel 2011. La presentazione a Salina del docufilm, unitamente alla presenza in varie serate della splendida (anche umanamente) Chiara Taigi, di Enzo Decaro (già nel famoso trio "La Smorfia") e del filmmaker Roberto Andò, sono stati gli elementi più riusciti di questa Festa, che paga tuttavia la carenza di opere in concorso e in cui la programmazione filmica non è preponderante a causa di stringenti ragioni di natura logistica.

Tosi Siragusa