L’unico attacco premeditato registrato in questi anni è per chiudere il Piemonte

Si chiamano Helga e Melissa, sono due gemelline paffute, nate alle 18.40 di lunedì 29 settembre, mentre a pochi metri da loro infuriava la polemica, centinaia di persone protestavano contro la chiusura dell’ospedale Piemonte e fischiavano al sindaco Accorinti intervenuto alla manifestazione organizzata da Cisl e Uil.

Si chiamano Helga e Melissa e sono venute al mondo in un reparto destinato, secondo i voleri della Regione, ad essere chiuso. Se fossero nate 40 anni fa si sarebbero chiamate Maria e Letteria e avrebbero fatto compagnia a decine di neonati. Se fossero nate tra pochi mesi non si sa proprio dove sarebbero nate, al Papardo, al Policlinico o in una clinica privata. Helga e Melissa sono venute al mondo mentre il mondo intorno a loro sta per essere chiuso per l’incapacità e la miopia di una classe politica e dirigente che non riesce a difendere la sua terra. La loro nascita rappresenta la vita che va avanti, è un invito che sembra dire: riflettete. Ha ragione Accorinti quando dice che c’è un attacco premeditato, ma sbaglia destinatario. Il disegno premeditato non riguarda il primo cittadino, ma l’ospedale Piemonte, e spiace vedere che non si sia accorto della gravità di quanto sta accadendo anche sotto il suo naso probabilmente “a sua insaputa”.

Le prime bozze del disegno premeditato risalgono a 20 anni fa, di volta in volta stracciate e riposte nel cassetto, pronte ad essere tirate fuori non appena a Messina l’allarme sembrava rientrare. Ma negli ultimi mesi il disegno è stato perfezionato, grazie anche all’avallo di parte della classe politica che, o fingendo di non sapere o partecipando alle decisioni, si è resa corresponsabile di quanto la città è venuta a conoscere “ufficialmente” solo in estate, quando il dirigente generale Michele Vullo ha firmato le prime delibere ed annunciato i passi successivi. Con l’ormai storica frase pronunciata nella seduta aperta del Consiglio comunale il 4 agosto “il pronto soccorso del Piemonte è pericoloso per i pazienti stessi” ha reso pubblico ciò che era nell’aria e nel chiuso di alcune stanze, ovvero l’attacco finale al nosocomio. L’obiettivo è trasformarlo,in base alle varie proposte, in cronicario, centro ambulatoriale o per lungo degenti, polo materno- infantile, Rsa.

Dapprima Vullo decreta il trasferimento del punto nascita del Papardo al Piemonte, decisione che in un primo momento, oltre a causare disagi, sembra essere definitiva. Accorinti il 7 agosto, dopo quel consiglio comunale, scrive una lettera all’assessore regionale alla sanità Lucia Borsellino, sposando la giusta causa di quanti hanno protestato per la chiusura del punto nascita del Papardo. Quanto al Piemonte, il sindaco così scrive: “premesso che dovrebbe mantenere e potenziare la sua vocazione di struttura per la garanzia dell’emergenza/urgenza, ove possibile potrebbe trovare adeguato utilizzo e sviluppo anche dedicato ad attività ambulatoriali e diagnostiche, alla riabilitazione fisica, neurologica, cardiologica, respiratoria con degenze dedicate solo per Rsa, fornendo quindi servizi oggi assai richiesti, per i quali la centralità della struttura favorirebbe l’accesso e la fruibilità agli anziani ed alle fasce deboli”.

Accorinti non sa, o non è stato adeguatamente informato, che con quella lettera ha offerto su un piatto d’argento l’alibi a chi, alla Regione, sul futuro del Piemonte ha già deciso, con accordi di vario genere per la destinazione dei padiglioni ad altre forme di assistenza sanitaria. E’ per questo che la piazza l’ha contestato, così come ha contestato quei politici che in questi anni hanno avallato i piccoli passi che adesso hanno portato all’attacco finale.

A settembre, il direttore generale Vullo travolto dalle proteste, interrogazioni, manifestazioni ed esposti in Procura, fa marcia indietro sul punto nascita. Il direttore generale infatti stabilisce un nuovo trasloco, stavolta al contrario, dal Piemonte al Papardo, perché è lì che potrà nascere l’ormai mitico polo materno-infantile. In un mese le valutazioni che lo avevano spinto a scegliere il Piemonte come struttura idonea si sono ribaltate e quello che 30 giorni prima appariva come il sito migliore per ospitare l’eccellenza adesso non lo è più, così dopo aver chiuso il reparto al Papardo si appresta a riaprirlo. Nel frattempo si fanno più insistenti le voci sulla chiusura del Piemonte e su un accordo con il Centro Neurolesi e l’Irccs. E’ in questo clima che, a difesa di un presidio storico e ancora indispensabile, con 32.000 accessi annui al Pronto soccorso e 1000 parti l’anno, la Cisl e la Uil organizzano la manifestazione del 29 settembre. Nei giorni successivi si aggiungono alla mobilitazione comitati, associazioni, partiti. Lunedì 29 politici che avevano scordato persino dove fosse ubicato il Piemonte o che si erano distratti mentre tra Palermo, Roma e Messina si spartivano le spoglie del nosocomio, sono riapparsi scordandosi che se oggi la volontà della città ha un valore pari a zero è anche colpa loro.

Se duemila persone hanno risposto all’appello di Cisl e Uil quindi è stato per dire no al disegno premeditato di chiudere il Piemonte. Ritenere che la folla sia stata strumentalizzata per contestare Accorinti sembra eccessivo, anche perché, non ce ne voglia l’amministrazione, la città è molto più interessata alle sorti del proprio diritto alla salute che ad altro. E’ ingeneroso nei confronti dei messinesi pensare che ci siano contestazioni che vanno bene quando vengono attaccati altri e contestazioni strumentalizzate solo quando riguardano Accorinti. La violenza è sempre condannabile, ma sostenere che la folla accorsa per difendere l’ospedale sia strumentalizzata è eccessivo. Al sindaco la piazza ha contestato quella lettera alla Borsellino, il non aver difeso il mantenimento del Piemonte inteso come ospedale e non come Rsa (residenza sanitaria assistita). E’ lui il primo cittadino, ed a lui si sono rivolti come ultimo baluardo per la difesa di un diritto.

E infatti Accorinti nel corso del suo intervento ha ribadito: “Non farò chiudere l’ospedale Piemonte”. Gli crediamo e crediamo che alla Borsellino dirà cose diverse rispetto alla lettera del 7 agosto.

Ha ragione il movimento Cambiamo Messina dal basso quando scrive: “Siamo certi che il sindaco si opporrà ad eventuali chiusure. L'azione politica di questo movimento e della giunta non vuole restare impermeabile a critiche e proteste, tuttavia ci preme far notare come alcuni esponenti politici che hanno sfilato in Piazza appartengano alle stesse forze che a Palermo come a Roma impongono di chiudere ospedali riducendo i diritti dei Cittadini”.

Appare diversa invece la nota di Indietrononsitorna, sopratutto nella parte finale, in contraddizione con quanto dichiarato da Accorinti. Il comunicato infatti, dopo aver definito la manifestazione “una vergognosa gazzarra che segna un punto di assoluto degrado del vivere civile di questa città” e dopo aver definito i manifestanti “ persone che si preoccupano solo di dover andare a lavorare in un ospedale distante qualche chilometro da casa propria”, sul futuro del Piemonte la pensa in modo diverso da quanto dichiarato da Accorinti lunedì sera: “Le evidenze scientifiche hanno dimostrato che ospedali piccoli, come ormai è diventato il "Piemonte", non sono adatti ad assistere pazienti acuti, con gravi patologie, che devono essere fronteggiate in grandi ospedali. Ormai il nosocomio, come ospedale, deve chiudere, ma la struttura deve continuare ad erogare assistenza per tutte le emergenze che non siano codici rossi, per le patologie croniche, per la riabilitazione e per quelle attività ambulatoriali che costituiscono la maggior parte della richiesta assistenziale della popolazione, e che non necessitano ricovero».

Insomma Indietrononositorna la pensa come nella lettera inviata dal sindaco alla Borsellino il 7 agosto e in modo diverso da quanto detto da Accorinti lunedì sera quando ha annunciato che si batterà per non far chiudere battenti.

L’ultima nota è quella di Tonino Genovese, segretario generale della Cisl, che insieme alla Uil ha organizzato la manifestazione e che si è trovato ad essere accusato d’aver strumentalizzato la piazza in chiave anti-Accorinti:

“Non ci sto- scrive- Non consentirò di spostare una questione seria, come la salvezza del Piemonte, a una squallida querelle, non permetto a nessuno di affermare che la Cisl e i suoi dirigenti sono una organizzazione violenta. Il Sindaco sta condividendo la chiusura dell’Ospedale e non può stravolgere i fatti e tentare di passare per vittima. L'unica vittima in questa vicenda è il Piemonte. Ha detto: io non chiuderò l’ospedale Piemonte, che lo dimostri con i fatti, cambiando o strappando la lettera che ha inviato alla Borsellino e che comporterebbe la chiusura dell’ospedale in quanto tale”.

Oggi il sindaco in conferenza stampa parlerà della vicenda perché quel che conta in questo momento è la chiarezza, perché finora, alla luce dei fatti c’è un attacco premeditato contro l’ospedale Piemonte e qualcuno deve difenderlo.

Rosaria Brancato